Ha ripreso la rassegna cinematografica ad Anzio
La Dolce Vita
Martedì 26 ottobre ha avuto inizio la rassegna cinematografica annuale, organizzata dal cineclub “La Dolce Vita” di Anzio/Nettuno: un appuntamento che si rinnova ogni anno autunno-inverno-primavera da ormai trenta anni. Questa ripartenza, dopo il blocco di venti mesi dovuto alla pandemia (Le proiezioni della serie precedente cessarono improvvisamente nel marzo 2020, in virtù delle normative sul loockdown), assume un significato speciale, quasi simbolico, perché è un primo, seppur timido, segnale del ripristino di quella ‘normalità’ tanto agognata per mesi e mesi (sperando che questa rinnovata ‘normalità’ non sia simile alla precedente ‘normalità’). Ed è molto significativo che si rincominci proprio con la cultura, l’arte, la socialità, dai cinema, teatri, auditorium…tutti luoghi che, seguendo la disciplina in vigore (green pass, mascherina, distanziamento) sono forse fra i luoghi più sicuri rispetto la diffusione del pericoloso contagio. Così la numerosa comunità dei cineamatori, cinefili, cinematografari di Anzio e Nettuno, ha potuto ritrovarsi dopo mesi –si sono anche viste facce nuove- tutti accumunati dalla passione per questa forma di arte di massa, popolare e di facile fruibilità, con i suoi riti, la sua magia, le sale e i chiaroscuri. Come in questi ultimi anni, le proiezioni si terranno al Multisala ‘Moderno’ al centro di Anzio, organizzate, come dicevamo da “La Dolce vita”, in collaborazione quest’anno, con l’Associazione ‘Asperger Film Festival’: un’associazione che organizza l’appuntamento internazionale di cinema ed arti visive, uno staff l quale collaborano diverse persone autistiche. Il 26 ottobre è stato proiettato il primo film della rassegna: “The Specials. Fuori dal comune”, un film dei registi Olivier Nakache ed Eric Toledano: giovani autori ma già con un curriculum invidiabile. Il film racconta le vicende di due realtà di marginalità e fragilità, ma non per questo meno vivaci e vitali, ironiche e con molte aspettative riposte.Dal 2 al 30 novembre sono previsti cinque appuntamenti, sempre il martedì, con due turni di spettacolo: uno alle 16,30 l’altro alle 18,30 (il terzo turno: quello delle 20,30 previsto negli anni passati è stato cancellato per lasciar spazio alla regolare programmazione del multisala). I Film in programmazione nel mese di novembre sono “Cosa sarà” del regista Francesco Bruni che è stato presente in sala alla proiezione delle 16.30. Poi il 9 novembre “Est. Dittatura last minute “ di Antonio Pisu (ultimo erede della nota dinastia d attori ed interpreti dei Pisu). Poi “Rifkin’s Festival” di Woody Allen (16 nov.); “La vita che verrà. Herself” regia di Phillida Lloyd (il 23). Il 30 nov.: “Un divano a Tunisi” di M. LabidiLabbè, che concluderà la tornata autunnale. A gennaio la serie riprenderà: insomma una buona ripresa dopo mesi di apnea esistenziale e culturale. Buona visione.
Giuseppe Chitarrini
Assegni per disabili
In questi giorni abbiamo ricevuto molte accorate lamentele circa il fatto che il pagamento degli assegni di assistenza per i disabili gravissimi avviene a singhiozzo, senza una cadenza regolare. A dimostrazione di ciò, all’albo pretorio è apparsa da poche ore una determina con la quale vengono liquidate le mensilità di settembre ed ottobre. Il problema è che questi assegni servono alle famiglie per sostenere terapie che vanno pagate con regolarità e quindi se non si ha la certezza di percepire queste cifre si rischia di non poter consentire alla propria figlia o al proprio figlio di avere la necessaria continuità nel processo terapeutico che stanno seguendo.
Siamo perciò costretti ancora una volta a mettere sul banco degli imputati l’assessora Noce, che nonostante i numerosi comunicati nei quali assicura che è tutto funziona alla stragrandissima, poi è spesso smentita dai fatti.
Chiediamo quindi che questo assegno arrivi puntualmente, in modo che le famiglie possano sapere di poter contare su un contributo regolare ed inoltre auspichiamo che la platea degli aventi diritto venga ulteriormente ampliata perché purtroppo in questo periodo di difficoltà proprio le categorie più fragili sono quelle che stanno patendo le peggiori difficoltà.
Roberto Alicandri
Enrica Vaccari
Mauro Rizzo
Waldemaro Marchiafava
Marco Federici
Luigi Carandente
Un giallo ancora irrisolto nel romanzo del giornalista Massimo Lugli
Il giallo Pasolini
Massimo Lugli, “Il giallo Pasolini. Il romanzo di un delitto italiano”, Newton Compton Edizioni, Roma 2020, pp. 330, Euro 9,90.
La mattina del 2 novembre 1975, il corpo straziato, irriconoscibile, martoriato dello scrittore e regista Pier Paolo Pasolini, venne trovato in uno sterrato ai margini estremi dell’idroscalo di Ostia. Proprio in questi giorni cade il quarantaseiesimo da questa tragica scomparsa e forse possiamo dire ancora che la sua figura mostra intatto tutto il suo spessore civile ed intellettuale, e tutto il mistero del suo assassinio, da affiancare agli altri misteri, assassini, depistaggi e stragi di quegli anni: da Piazza Fontana, alla Stazione di Bologna, dall’Italicus ad A. Moro, da Brescia alla questura di Milano. Un delitto politico o da rinchiudersi inappropriatamente nel perimetro del cosiddetto ‘delitto omosessuale’, ma non per questo meno politico.
L’assassino: un ragazzino di appena diciassette anni (un ‘ragazzo di vita’ come si definivano allora), assolutamente inadeguato fisicamente e psicologicamente ad averla mortalmente vinta rispetto il cinquantenne Pasolini dal fisico asciutto, atletico e judoista. Assassino feroce capace non solo di uccidere ma anche di devastare, oltraggiare e ridurre il corpo nello stato nel quale venne trovato –dapprima irriconoscibile- poche ore dopo. La confessione di Giuseppe Pelosi, detto Pino ‘la rana’ per il suo aspetto mingherlino e gli occhi sporgenti, si rivela, quasi da subito discordante, contraddittoria, piena di incongruenze ed assurdità.
Marco Corvino, giovane (23 aa) praticante al giornale romano e di sinistra “Paese Sera”, ammiratore di Pasolini, si occupa ufficiosamente e non autorizzato del caso, e si trova così a dipanare una matassa intricata ed inquietante, osteggiato da depistaggi, mezze verità, lacci e lacciuoli di vario genere e provenienza, compreso anche gli ostacoli di marca P.C.I. (azionista di maggioranza del suo giornale). Lo scrittore allora era mal tollerato dal partito, suo iscritto in gioventù e successivamente, in maniera intermittente e controversa, veniva a proporsi come problematico ‘compagno di strada’. Non siamo di fronte a un resoconto dietrologico, o a un report storico e nemmeno ad una inchiesta di cronaca retrodatata, ma di un romanzo vero e proprio: la storia di un giovane tirocinante giornalista che non si dà per vinto e imbocca un percorso pericoloso e misterioso, che lo porterà a stretto contatto con quelli che erano (e in parte sono ancora) gli ambienti, i lati oscuri, i personaggi ‘dannati’, i futuri feroci assassini, fiancheggiatori del fascismo romano e protagonisti di efferati fatti di cronaca a venire, e di cui si occuperà in seguito, negli anni, come giornalista professionista, ma allora ancora minorenni, marginali e balordi, come minorenne era anche Pino Pelosi. Una trama quasi ‘gialla’, in un universo notturno, oscuro, minaccioso, cupi percorsi metropolitani e territori contigui con quella che era la pericolosa criminalità romana di allora, immediatamente prima che facesse il suo debutto la ‘banda della Magliana’; una ‘fauna’ umana fuori i confini della società e gravitante ai margini della Stazione Termini.
L’autore Massimo Lugli, si è occupato per conto de “La Repubblica” di nera, soprattutto di nera romana, ha così trattato molti argomenti, fatto emergere molti ‘mondi di mezzo’ della capitale, come redattore di cronaca e come scrittore. Infatti molti sono i libri scritti sempre con stile crudo, diretto e di un realismo quasi cinematografico, dai quali –appunto- sono stati tratti diversi soggetti cinematografici. In questo “Giallo Pasolini”, ci racconta –presumo anche con un taglio autobiografico- una Roma oscura, ormai di quasi mezzo secolo fa, con quei personaggi, qui gerghi linguistici e quei codici, quei luoghi e con quello ‘spirito del tempo’, denso di pericoli, di atmosfere, zone d’ombra, di sangue, ma anche, dall’altra parte, di generose tensioni politiche e forti idealità, oggi semplicemente impensabili.
Giuseppe Chitarrini