Al riguardo il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) scrisse: “Il Papato non è altro che lo spettro del defunto Impero Romano assiso sulla sua tomba con la corona in mano”.
Nasce lo stato pontificio
Ma solo dall’inizio del XIII secolo il Papato cominciò a diventare una vera e propria Entità Politica organizzata con suoi funzionari incaricati di amministrare alcune città dello Stato della Chiesa.
Per la prima volta, nel 1229, fu costituito un Esercito Papale che, con le insegne pontificie (le due chiavi incrociate), insieme a quello della Lega Lombarda invase il Regno Svevo dell’Italia Meridionale nella guerra contro l’Imperatore Federico II che era stato scomunicato. Ma sin dagli ultimi tre secoli del Primo Millennio il Vescovo di Roma assunse una rilevanza politica a livello europeo. Difatti a causa dei cattivi rapporti con i Longobardi, i Vescovi di Roma chiesero aiuto ai Sovrani Franchi. Prima a Pipino il Breve da parte di Stefano II che giunse appositamente a Parigi per incoronarlo. Successivamente fu Leone III a rivolgersi a Carlo Magno il quale di malavoglia nel giorno di Natale dell’anno 800 ricevette la corona di Imperatore dalle mani del Pontefice.
Il particolare rapporto di amicizia che i Pontefici ebbero con i Franchi è da attribuire soprattutto al fatto che questo fu l’unico Popolo che si convertì direttamente al Cristianesimo Cattolico senza passare per il Cristianesimo Ariano, come era avvenuto per gli altri Popoli Germanici. Da allora tutti i Papi fino al 1861, quando fu costituito il Regno d’Italia, esercitarono sui Regni dell’Italia Meridionale una notevole influenza e talora anche una certa egemonia. Ma con l’arrivo nell’Italia del Sud dei Normanni i rapporti del Papato con i nuovi venuti subirono fasi alterne e piuttosto complesse.
Lettera all’amico “Simposio”
per la ricorrenza della nascita 21 marzo 2003
IO C’ERO
di Ornella Ferrari Pavesi
Caro amico,
il 21 marzo compirai 18 anni, un’età significativa per un giovane intraprendente come te. Diventerai maggiorenne e, come tale, avrai l’onere e l’onore di confermare il successo fino ad ora ottenuto. Ma non ho dubbi che farai molto di più. Non mi par vero che sia passato già così tanto tempo da quando ti ho visto la prima volta. Permettimi di ricordartelo, anche se l’ho fatto in altre occasioni, ma questa è speciale e, lo confesso, mi gratifica. In un novembre di 18 anni fa sei arrivato neonato a casa mia con Ettore e Giuliana avvolto in una coperta di amore ed entusiasmo. Sui loro volti si leggevano l’ansia e l’emozione quando il tuo primo vagito ha inondato tutta la casa di stupore. Giuliana ed Ettore avevano molti progetti e aspettative su di te e mi chiesero consigli per farti crescere nell’etica della bellezza e del sapere. Non ebbi molti suggerimenti da dare, loro avevano già le idee chiarissime, e forse cercavano un incoraggiamento per attuarli. Cercai di fare del mio meglio, in bilico tra il timore e l’imbarazzo, ma alla fine ci trovammo d’accordo su una prima, indispensabile linea da seguire: quella dell’impegno!
La scelta del tuo nome la pretese Ettore: saresti stato “Simposio” in onore a Platone e alla filosofia a lui tanto cara. Certo, il tuo era un nome importante da onorare con serietà, ma avevi le giuste basi per riuscirci. Ti ho visto crescere nell’arco della tua infanzia, in quella fase dell’età evolutiva delicata per molti ma non per te, surclassando anche le più ambiziose aspettative. Hai avuto la fortuna di crescere in un ambiente ricco di stimoli grazie al contributo di menti brillanti che hanno frequentato, e frequentano, la tua casa. Ricordo quando Ettore ti spronava con interventi sibillini e come ti gonfiassi di orgoglio nel tenergli testa anche quando, severo, spegneva impennate ribelli. E di come Giuliana cercasse di sedare l’irruenza di alcuni pensieri per paura di turbarti. Lei ti ha sempre protetto e difeso. Erano i tempi del wine bar di Daniela, quando ancora caracollavi sulle gambette incerte durante gli incontri settimanali, dove Ettore e Giuliana ti portavano a conoscere nuovi amici. Tu assimilavi parole e pensieri con la golosità dei bambini, crescendo in conoscenza e cultura, ingozzandoti di arte servita come ingrediente principale di quegli incontri conviviali continuati poi nel salotto di casa. Così, pittura, musica, scultura, poesia, filosofia, letteratura, storia, matematica, scienza, vorticavano intorno a te gonfiandoti di “sapere”.
Che tempi, che eroici pionieri avevi come compagni di giochi e che affezionati pensatori ti sono rimasti fedeli! È a loro che devi il tuo successo, è a Giuliana ed Ettore che devi la tua vita, è a me che devi la testimonianza della tua nascita nel mio salotto di casa. Gli anni sono volati e non ti ho mai perso di vista, ho seguito la tua evoluzione ed i tuoi successi. Hai ispirato molti a sognare, a imparare di più, a impegnarsi di più per un sapere comune accompagnandoli in un viaggio interiore di arricchimento. Credimi, non è da tutti.
Ora, però, non voglio commuovermi a discapito di ciò che ancora devo dirti. In primis il tuo ingresso nel tempio dell’arte e della cultura come membro effettivo della “Camerata dei Poeti” e del “Giglio Blu” di Firenze. Sei uscito dalla casa materna di Anzio per approdare nella culla del Rinascimento, accolto dall’acuta e raffinata penna di Lia Bronzi, una delle firme più prestigiose della critica letteraria italiana e non. Ma non solo: il presidente dell’associazione “Giglio Blu” Enrico Taddei ti riserva uno spazio importante sull’esclusiva rivista “Luogos”, dove spiccano firme illustri.
Ma ti rendi conto, amico Simposio, dove sei arrivato a soli 18 anni? Altri, alla tua età, devono ancora decidere del loro futuro. Potrei continuare addentrandomi in citazioni colte da portare ad esempio in tuo onore, ma non è mia intenzione usare aforismi di altri per esprimerti la mia stima. Perciò do’ spazio al semplice abbandono alle mie emozioni lasciando che le parole seguano il tragitto del cuore.
Mio caro e giovane amico, sono orgogliosa di te, di esserti stata madrina e di ciò che rappresenti per tutti noi tuoi fedeli sostenitori. Te lo meriti, hai avuto buoni maestri e genitori illuminati. Ettore ha lasciato il vuoto della sua presenza, ma il piglio della sua impronta rimane con Giuliana. Grazie al suo entusiasmo, alla sua resilienza, alla sua fatica anche fisica, da semplice “Simposio” sei diventato “Il Simposio”, unico e inimitabile.
Grazie a te mi sono scoperta poetessa e scrittrice in un reciproco scambio di sincera stima.
Buon compleanno.
Con amore e affetto
Tua Ornella
PIANETA BLU
di Alessandro Evangelisti
I MARI - La Terra è l’unico pianeta del nostro Sistema Solare ad essere in gran parte una idrosfera (coperto, cioè, di acqua allo stato liquido), la quale è convenzionalmente divisa in zone chiamate “mari”. Quei mari, visti dallo Spazio, appaiono di uno smagliante colore blu, dovuto al fenomeno dell’assorbimento progressivo dei vari colori che compongono la luce solare, quando questa penetra al disotto della superficie marina. La lunghezza d’onda del blu-violetto è l’ultima a decadere nell’acqua, e dona al mare l’inconfondibile colore che fa della Terra il “Pianeta Blu” del nostro Universo.
VOYAGER 1 - Nel giorno di San Valentino del 1990 la sonda spaziale statunitense Voyager 1 (lanciata nel 1977) ci fece giungere una foto della Terra scattata da 6 miliardi di km di distanza (da oltre l’orbita del pianeta Nettuno), quando stava per lasciare il Sistema Solare. Da quella distanza, “Un puntino azzurro” appariva il nostro pianeta, immerso nell’oscurità dello Spazio. L’astronomo e divulgatore scientifico Carl Sagan (1934-1996, USA) diede a quella foto proprio quel nome, A pale blue dot, e ne fece anche il titolo del libro che pubblicò nel 1994. Sagan vide nell’immagine la metafora della fragilità dell’essere umano, della irrilevanza della sua presenza nella vastità dell’Universo: […] Osservate di nuovo quel puntino. È qui, è casa nostra. Siamo noi. Su quel puntino ci sono tutti quelli che amate, tutti quelli che conoscete, e tutti quelli di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai vissuto … su un granello di polvere sospeso nella luce solare […].
OCEANO PACIFICO - Vista dallo spazio esterno, la Terra si distingue quindi dagli altri pianeti per la sua colorata superficie acquea. E di quella, l’Oceano Pacifico ne rappresenta un terzo. Storicamente, Vasco Nuñez de Balboa (1475-1513) lo avvistò da terra nel 1513, chiamandolo Mare del Sud; Ferdinando Magellano (1480-1521) nel 1521 per primo vi navigò e lo esplorò, nominandolo Pacifico; navigatori olandesi vi scoprirono l’Australia e la Nuova Zelanda. Ma fu il navigatore inglese James Cook (1728-1779) che, con tre viaggi successivi (dal 1768 al 1779), portò infine alla sua più dettagliata conoscenza.
Il Pacifico abbraccia gran parte dell’Oceania, un continente che ha una particolare caratteristica: nel rapporto terre emerse/mari, l’Australia, Papua-Nuova Guinea e Nuova Zelanda, da sole sono il 99% delle terre emerse, mentre il mare domina ovunque le restanti Nazioni (attualmente, 14 Stati sovrani) che sono invece tutte piccole isole, salvo alcune di origine vulcanica. Piccole isole e atolli corallini, che si elevano poco al di sopra della superficie e che sono racchiusi in un triangolo di mare formato da Nuova Zelanda-Isola di Pasqua-Isole Hawaii: è questa la Polinesia (molte isole, dal greco antico), che fa illuminare di blu-azzurro un intero emisfero terrestre.
FOLCO QUILICI - Della Polinesia ci parlò Folco Quilici (1930-2018), regista, fotografo, documentarista italiano, naturalista, quando iniziò negli anni ’50 del secolo scorso a farci conoscere il mare con i suoi film, documentari, reportages, libri. Ci parlò delle isole polinesiane nel suo film Ultimo Paradiso, (1956), per fissare la memoria di un angolo di paradiso che lo aveva incantato, la cui purezza egli vedeva minacciata.
APOLLO 8 - La foto forse più famosa del nostro pianeta ripreso dallo Spazio è quella scattata nel 1968, a “soli” 384.000 km di distanza, dagli astronauti dell’Apollo 8 della Nasa in orbita intorno alla Luna.
La Terra, in tutta la sua bellezza cromatica, è catturata nella sua alba sull’incolore orizzonte lunare.