Un dibattito sterile è in attp per limitare l’accesso ai giornalisti russi nelle nostre TV
Propaganda e Fake News
Zelensky è a capo di un’organizzazione nata circa 10 anni fa, per ricostituire il partito Nazista in Ucraina e per diffondere l’egemonia del Nazismo nella Federazione Russa, un’organizzazione che è sostenuta da una struttura militare che ha il fulcro operativo nel Reggimento Azov costituito da oltre 24.000 effettivi. Il suo precedente lavoro di attore era solo una copertura, come una copertura sono la sua appartenenza alla religione ebraica ed il fatto che egli sia di lingua russa. La rivoluzione di Maidan e le successive elezioni politiche hanno costituito solo una messinscena per eliminare il presidente filorusso Janukovyc e, in stretta collaborazione con la NATO e di consiglieri inglesi ed americani, per dare inizio al progetto di espansione e di nazificazione prima del Donbass, nelle zone abitate da filorussi, per poi marciare alla conquista della Russia sulle orme di Hitler, ma con miglior fortuna. A questo scopo, presso una base non meglio identificata dell’Ucraina occidentale, è stato allestito un deposito di ordigni nucleari di tipo tattico da impiegare nella seconda fase dell’avanzata, con l’utilizzo di vettori forniti dalla NATO e controllati dai droni attualmente schierati a Sigonella. Si ipotizza anche che armi chimiche, di fabbricazione inglese, siano state immagazzinate presso basi aeroportuali ucraine per l’impiego sul territorio russo. L’attacco in massa per l’invasione contemporaneamente da nord est, da est e da sud est verso la Russia era previsto per la prima decade di marzo, per cui le forze armate russe, dopo aver fatto esercitazioni per settimane lungo il confine, per scongiurare l’invasione ucraina, sono state costrette a dare inizio ad un operazione speciale di denazificazione della nazione amica, slava e cristiana. Un’iniziale rapida avanzata verso Kiev e poi, ovunque arrivano, le truppe russe, trovano cadaveri e fosse comuni di ucraini civili, donne e bambini, uccisi dall’esercito ucraino; ospedali, teatri, scuole e stazioni ferroviarie che gli ucraini hanno bombardato per attribuirne la responsabilità, di fronte al mondo, ai russi e per dar loro la colpa di aver ucciso cittadini inermi. Insomma, piu o meno, questo e ciò che si divulga nei talkshow, privi di contraddittorio, della televisione russa. Quelli che vogliono fare reportage sulla guerra devono, intanto, chiamarla “operazione speciale” e poi raccontare che la Russia sta salvando i fratelli ucraini dalla dittatura fascista, altrimenti si finisce come Novaya Gazeta: si chiude bottega. Da noi, nel corrotto mondo occidentale in preda a gay e lesbiche, si continuano a tenere incontri completamente liberi in cui tutti possono dire tutto quello che vogliono; strateghi ed opinionisti di guerra che danno sfogo alle loro tesi alimentando contrapposizioni feroci. Professori di “delirio applicato alla politica militare” si sperticano per meravigliare gli spettatori e per prolungare e far rendere il loro effimero successo. Possono farlo liberamente. Qui nasce, però un problema etico: quali sono i limiti del giornalismo televisivo? Esistono due correnti di pensiero: una, che ritiene non si debba mai porre nessun limite al dibattito, perchè è il modo migliore di preservare la libertà d’informazione e perchè è il dibattito stesso che farà emergere la verità e l’altra, per cui l’informazione deve sottostare ad una forma di controllo della notizia che la genera. E’ quindi la libertà intellettuale del giornalista, dell’esperto o del divulgatore che sono state poste sotto esame nelle discussioni che si sono avute nelle commissioni parlamentari e nel COPASIR, dopo che alcuni report dell’intelligence italiana provano, senza ombra di dubbio, che la Russia ha recentemente attivato una potente azione di inquinamento attuato attraverso giornalisti che di recente si sono resi disponibili a dibattere nella nostra televisione. Durante l’ultimo di guerra, infatti, mentre al fronte la baldanza dell’esercito russo si raffredda, anche nella cosiddetta fase due, dopo aver perso la fase uno, sembra si sia scatenata una specie di ondata informativa; all’improvviso, dopo l’ iniziale indisponibilità all’intervista degli opinionisti russi da parte di tv occidentali, giornalisti e presentatori sono ora pronti a fronteggiare con arrogante sicurezza le domande dei nostri conduttori. Tutti disponibili. compreso il super Ministro degli Esteri Labrov. Alcuni sono ragionevoli e mostrano qualche disponibilità al confronto ma la maggioranza si limita a comizi che costringono il conduttore a sovrapporsi a traduttori spesso approssimativi per poterne arrestare la foga. Contrastare nel merito la negazione dell’evidenza è un esercizio difficile specialmente quanto essa viene espressa da chi lo fa di mestiere o, peggio, da chi non dispone della necessaria libertà di pensiero e di azione. E’ ancor piu difficile farlo quando il conduttore italiano è approssimativo e si confronta contro professionisti della divulgazione addomesticata, Quindi si tratta di un problema etico che deve trovare soluzione nei principi che regolano la trasmissione della notizia e che dovrebbero costituire la guida di un giornalista. Dovrebbero. Il dibattito televisivo serve per informare perchè se cosi non fosse sarebbe svolto in privato e si informa attraverso la distribuzione di notizie accompagnate o non dalle opinioni di coloro che le notizie divulgano. Certo è che, se il dibattito sulla notizia e cioè sui fatti, è affidato a quella variegata schiera dei cosiddetti opinionisti che vediamo ogni sera in tv, bisogna fare chiarezza per ristabilire regole che diano un senso ed un valore all’ente televisivo che ospita le trasmissioni divulgative e cioè la netta distinzione tra fatti e notizie, da una parte e, in modo chiaramente separato, opinioni, dall’altra. Le reti pubbliche e private che intendono costruirsi una reputazione ed una credibilità hanno l’obbligo di raccogliere, verificare e divulgare la notizia, i fatti e le circostanze e poi permettere, ove lo vogliano, agli opinionisti, italiani o russi di esprimere anche la piu inverosimile, addomesticata, ideologizzata e fantasiosa aggettivazione dei fatti stessi. Se per le televisioni private questo è un elemento che dovrebbe qualificare la rete e la sua attendibilità per la televisione pubblica è un obbligo contrattuale; perchè la televisione pubblica ha l’obbligo dell’equa e veritiera informazione. In sintesi, si può liberamente affermare che i russi abbiano le loro ragioni per aver invaso un paese democratico, si può dire che sia giusto che i soldati russi uccidano coloro che vanno in bicicletta per le vie di Bucha, questa è propaganda. Ma, in un servizio di informazioni, non può essere divulgato che le strade di Bucha sono state trasformate in un set cinematografico, che i morti sono comparse pagate dalla Warner Bros, che il missile che ha fatto strage nell’ospedale pediatrico era ucraino e che i migliaia di civili ucraini che vengono trovati nelle fosse comuni sono stati uccisi dai loro connazionali. Non si può, dopo che le agenzie stampa di mezzo mondo hanno divulgato prove fotografiche satellitari e tracciati rilevati dai satelliti che rendono false e ridicole affermazioni di per se già poco credibili, perchè ciò costituisce mistificazione dell’ informazione. Quindi le notizie sono notizie ed i fatti sono fatti e la loro divulgazione deve avvenire solo dopo la loro verifica; se le televisioni vogliono mettere tesi opposte a confronto su fatti o notizie è giusto ed è il sale della democrazia e se a dibattere si vogliono rendere partecipi anche coloro che non possono chiamare guerra una guerra, va bene; ma non si può permettere ne a loro ne ad altri professori, generali e strateghi di falsificare fatti che le prove inoppugnabili hanno già raccontato. Sta al giornalista che intervista l’opinionista di stato russo indurlo al confronto sui fatti contestandogli, con fatti inconfutabili, le contraddizioni e le inesattezze: ma bisogna essere prepararti perchè gli “opinionisti” russi che si fanno intervistare dalle TV italiane sono preparatissimi ad imbastire retoriche e ricostruzioni per evitare domande scomode a cui non potranno mai rispondere. Un esempio plastico di fallimento è quello che ha visto protagonista Massimo Giletti che è andato fino a Mosca per intervistare, via tele-collegamento da Mosca, quella volpe di Marija Zacharova, portavoce del ministro degli esteri Russo Lavrov che lo ha letteralmente asfaltato come uno scolaretto delle scuole elementari: una figura che Emilio fede amava qualificare in modo irrevocabile e definitivo. Si può fare propaganda ma non si possono diffondere notizie false. Si può affermare che il Cristo ha fatto la fine che meritava ma non si può affermare che egli sia morto in un incidente stradale; perche chi lo facesse divulgherebbe notizie false e chi lo permette, farebbe disinformazione e la disinformazione non è mai una espressione di democrazia,
Sergio Franchi