Delusione e sconforto non devono prevalere sulle presunte infiltrazioni malavitose
Anzio nella bufera
Affermare oggi che nella zona opera la malavita organizzata è come scoprire l’acqua calda. Pensare che quando il Comune di Nettuno fu sciolto per infiltrazioni mafiose, Anzio fosse il centro della legalità era veramente un eccesso di ottimismo. Non riesco a valutare l’intensità del fenomeno e ne, tanto meno, le responsabilità specifiche ed eventuali di un commerciante, di un consigliere o di un assessore come è impossibile emettere accuse, quando chi deve farlo sta indagando, o, ancor meno, ipotizzare condanne. A questo devono pensare l’Autorità Giudiziaria e la Magistratura. Al cronista non resta che raccontare fatti e riportare situazioni con l’obbligo di farlo con onestà intellettuale. L’Amministrazione Comunale di Anzio è sospesa e la situazione che si è creata è di un assurdo beckettiano, in attesa di un Godot che rimanda la sua apparizione. Una situazione che crea frustrazione nei cittadini e paura in chi sa che la mannaia arrugginita della giustizia potrebbe colpirlo. Non so se individuare nomi e condannare colpevoli sia l’antidoto piu efficace, anche se la legge penale può solo occuparsi di responsabilità personali; perchè credo che ad Anzio si sia creata una mentalità, non so quanto diffusa, ma politicamente prevalente che sembra impregnata di compromessi. Alcuni fatti non possono essere relegati al ruolo di segnali perchè sono certezze e non mi riferisco solo ai proiettili inviati alla consigliera Giannino o ai colpi di pistola sparati al cancello di un assessore ma penso ad arricchimenti ingiustificati; perchè, come diceva il Magistrato Falcone, “per capire il sistema, follow the money”. Ma c’è di piu, di più sottile e, anche forse piu preoccupante della malavita e dei malavitosi ed è la mentalità malavitosa che quando domina il sistema politico, diventa sistema. Faccio un piccolo esempio. Il primo maggio di qualche anno fa un gruppo di attempati volontari ambientalisti avevano installato un gazebo al Lido dei Pini, di fronte al parco comunale, quando tre persone sono sopraggiunte e li hanno aggrediti, sfasciando gazebo e tavolino, per motivazioni che a me non sono mai apparse chiare ma che avevano certamente origine da qualche interesse nell’ambito del parco.
Il fatto gravissimo, fu portato in Consiglio Comunale dal consigliere di opposizione Ivano Bernardone con la richiesta di “una condanna per i fatti accaduti”: si chiedeva al Consiglio Comunale di votare una condanna, dal valore del tutto simbolico, verso coloro che avevano maltrattato, danneggiato e aggredito alcuni cittadini ottantenni di Anzio che stavano facendo volontariato apartitico in difesa del verde pubblico. Un gesto politico che non si nega mai a nessuno. Gli interventi si sono susseguiti, un consigliere anziano arrivò ad ipotizzare dubbi sulle motivazioni che muovevano i cittadini volontari di specchiata reputazione; si discusse di aria fritta, si tergiversò, ma, incomprensibilmente, la mozione di condanna di un fatto grave, che fu successivamente anche oggetto di interrogazione alla Camera dei Deputati, non fu votata dal Consiglio Comunale di Anzio. Si respirava una pesante aria di omertà quella mattina in Consiglio Comunale che forse non era causata da nessuna diretta ragione criminale ma, peggio ancora, da un modo usuale ed omertoso di comportarsi di fronte a situazioni del genere. Che l’aggressione fosse un avvenimento grave e rilevante lo dimostra il fatto che è in atto un processo penale contro gli assalitori: ma il Consiglio Comunale non fu capace nemmeno di condannare i fatti. Si immagina, si ipotizza e, chi ama Anzio, spera che non sia vero o che non sia molto grave ma, vedendo il servizio della 7 in TV, che poi non ha detto niente di originale, fa effetto. Vedere certi personaggi e certi comportamenti, sentire certe risposte gravi e disinvolte, certe giustificazioni quasi sprezzanti da parte di persone che vediamo nel quotidiano o che abbiamo eletto a nostri rappresentanti ti fa sentire “dentro” ad un sistema malato fatto di congiure, di riunioni carbonare e di tanti orticelli da coltivare. Sentirsi rappresentati da “personaggetti” che saltellano da una barca all’altra e che, alla domanda “lei ha avuto un cospicuo prestito da un personaggio legato alla mafia” rispondono “lui mi ha detto che mi voleva aiutare ed io non sapevo che fosse legato alla mafia”, da il senso di una pochezza diventata metodo. Ma il fatto piu grave è che personaggetti di tal calibro, che lasciano sempre una barca che affonda, fanno anche riunioni “politiche” al bar con membri del “vecchio che avanza” pronti a salire su un’altra barca ed a ricominciare da capo “con un nuovo progetto innovativo per Anzio”. Preciso che non sto parlando di reati, perchè i reati li individua la Magistratura e nemmeno di opportunità politica perchè quella è demandata alle coscienze ed alla sensibilità di chi la pratica. Parlo di costume, di modus vivendi di etica comportamentale che è quella che dovrebbe dare ad ogni cittadino gli strumenti per discernere e la libertà di farlo. E’ un vecchio ed immarcescibile adagio: i cittadini hanno il governo che meritano, perchè sono loro che lo hanno liberamente eletto. E qui non parliamo di partiti, perchè a livello della realtà amministrativa di Anzio, i partiti non c’entrano niente: parliamo di persone e della loro caratura morale e capacità politica. Leggendo nomi e vedendo comportamenti si ha la convinzione che Anzio abbia bisogno di una peste di manzoniana memoria, di un piccolo tzunami portatore di un forte rinnovamento della classe politica che esca dalle logiche dell’arroganza e del “lei non sa chi sono io” e diventi la politica del “servizio” pubblico. Un rinnovamento che renderebbe molto piu difficile qualsiasi infiltrazione del malaffare. Solo chi non ama Anzio può sperare che il Comune sia sciolto e che esistano reati penali; solo chi non ama Anzio può sperare che rappresentanti eletti dal popolo possano essere colpiti dalla Giustizia ma, solo chi non ama Anzio può pensare che certi comportamenti possano essere accettati e poi dimenticati.
Sergio Franchi