Gli elettori di Ardea hanno scelto il centrodestra
Cremonini sindaco
Maurizio Cremonini è il nuovo sindaco di Ardea. Sembrava un’impresa impossibile, invece, il sogno è diventato realtà.
Maurizio Cremonini alla testa di una coalizione di liste con Fratelli d’Italia, Lega, Cambiamo e Lista Sgarbi, ha riportato il centrodestra alla guida del Comune di Ardea.
Maurizio Cremonini subentra a Mario Savarese che, con un monocolore M5S, ha guidato la vita amministrativa di questi ultimi cinque anni.
Un successo arrivato sul filo di lana, vista l’esigua differenza di voti al turno di ballottaggio tra Cremonini e il candidato cinquestelle-piddino Lucio Zito. Ardea dunque torna nelle mani di una coalizione di centrodestra. Un risultato che dovrà essere confermato dagli atti amministrativi e dalla risoluzione delle problematiche che da decenni attanagliano il territorio di Ardea.
Ma un aspetto di queste elezioni va sottolineato: quello della poca affluenza alle urne: anche per il turno di ballottaggio per il rinnovo delle cariche amministrative di Ardea è proseguito il trend negativo sul punto riguardante l’affluenza alle urne.
Poco più del 21% di votanti si è presentata alle urne per scegliere il nuovo sindaco di Ardea alle ore 19 del 26 giugno scorso. Con 11.446 elettori che sono andati ad esprimere la loro preferenza, con una percentuale del 30.20% è stato il risultato finale.
Nonostante gli appelli rivolti ai cittadini l’affluenza non ha fatto registrare quel salto di qualità che qualcuno sperava. Fa riflettere questa situazione in quanto non è una scelta riguardante referendum o altre elezioni politiche, ma si sceglie il futuro di Ardea con l’elezione del nuovo sindaco.
“Rammaricato dalla scarsa partecipazione al voto – ha detto Maurizio Cremonini -. Essere eletto con una percentuale così bassa di votanti, non è molto entusiasmante. Comunque il nostro impegno rimane uguale: prima di tutto il territorio di Ardea e le sue innumerevoli problematiche. Ma anche un occhio di riguardo a quelle cose belle che contraddistinguono la nostra cittadina. Ci sarà da lavorare molto.
Sicuramente non ci tireremo indietro davanti a nessuna problematica.
Durante la campagna elettorale abbiamo fatto un gioco di squadra che è proseguito da parte di tutti i candidati della coalizione anche in occasione del ballottaggio, ed il risultato è sotto gli occhi di tutti. Attorno alla mia persona si sono riunite tutte le varie componenti ed io ne vado fiero di essere stato al centro di questo risultato importante non solo per me, ma per tutta la coalizione.
La gente per bene ci ha premiato. Ci aspetta un duro lavoro sul fronte della sicurezza e dell’abbandono dei rifiuti. Tematiche queste che hanno bisogno di un lavoro di particolare rilievo. Non possiamo abbandonare al loro destino intere zone del territorio senza che ricevano l’attenzione dovuta.
L’elezione della coalizione del centro destra vuol dire proprio questo: affrontare e risolvere i problemi in prima persona e dare delle risposte efficaci alla popolazione”.
Sabatino Mele
Una tendenza in questi ultimi 20 anni che sembra il rimedio peggio del male
La moltiplicazione delle liste civiche
Anche le ultime elezioni hanno confermato, in maniera incontrovertibile ed eclatante, il fenomeno della moltiplicazione delle liste civiche. Una tendenza di crescita esponenziale in questi ultimi 20 anni. Alcune di queste liste sono dirette emanazione dei partiti politici: una sorta di ‘cinghia di trasmissione’ fra questi e la cosiddetta ‘società civile’; altre invece si professano tenacemente apartitiche e apolitiche, anzi spesso in antitesi e in contrasto con i partiti e il sistema politico in generale. Se vogliamo dare una approssimativa data di inizio di questa ‘evangelica’ moltiplicazione forse si potrebbe risalire alla metà degli anni 90, ai tempi di ‘mani pulite’, che segnò la fine della I° Repubblica e dei vecchi partiti, con la nascita dei nuovi: la famosa retorica del ‘nuovo che avanza’. Però in più di due decenni, questa mutazione del nostro sistema politico non mi pare abbia dato buoni frutti, anzi la politica, in particolare il sistema dei partiti, sembra sia andata sempre più peggiorando, fino al disfacimento di questo ultimo quinquennio. Sarà che i partiti di massa appartenenti alla modernità otto-novecentesca non ce la fanno a transitare nella fase della contemporaneità -diciamo- post-moderna e post industriale-. Hanno bisogno di frammentarsi, di privarsi di ogni riferimento ideologico che poi è anche privarsi di idealità, riferimenti valoriali e progettuali.
Le nuove formazioni politico-partitiche devono mostrare di essere buone amministratrici, devono avere capacità e competenze economiche finanziarie, una adeguata tecnicalità e capacità di governance, non devono invece avere un respiro, un orizzonte che vada oltre, nessuna visione del mondo. La politica tradizionale ha perso il suo ‘appeal’, i partiti sembrano quasi vergognarsi di loro stessi e allora si ‘defilano’ dietro un florilegio di simboli e simboletti, colori, di sigle, nominativi, candidati. Viterbo capoluogo della Tuscia con poco più di 50.000 ab., ha registrato, alla tornata del 12 giugno, ben 24 liste fra destra, sinistra e centro, non che poi questi tre orientamenti influissero più di tanto sulla lista stessa o sulla scelta per l’elettore, che si è dovuto destreggiare fra più di 300 nominativi. Si diceva, e forse si dice ancora, che tutto ciò rappresenti una virtuosità la cui retorica suona più o meno così: basta con i politicanti! adesso ci sono i cittadini, c’è la ‘società civile’ che avanza, che scende in campo direttamente senza tante intermediazioni, rappresentanze ecc. A me questa storia della presunta democrazia diretta non ha mai convinto, e tutta la parabola grillina (esemplificativa di questo mainstream della società civile in campo) sta lì a dimostrare che forse non ho tutti i torti. Non mi pare neanche che questa presenza di ‘società civile’, di rappresentanti, di nominativi e candidati di liste civiche aiuti in pratica il governo delle città.
A livello locale le sezioni di partito costituivano un grande tirocinio e un apprendistato per chi, poi, sarebbe sceso in campo nell’amministrazione delle istituzioni cittadine. Quando questo apprendistato viene a mancare, viene anche a mancare l’idealità e i sistemi di valori nei quali un partito dovrebbe (dovrebbe) essere portatore, allora si fanno sempre più spazio interessi familistici, particolaristici e personalistici. Pur se mossi da motivazioni, bisogni o interessi di scarsa rilevanza sociale, ci si inserisce o addirittura si forma una lista ad hoc e si entra in campo, in genere non si raggiungono grossi risultati, ma fra amici, cointeressati, parenti, vicini di casa ecc. la lista riuscirà comunque a mettere assieme un certo numero di voti, questo pacchetto di voti rende poi possibile il contrattare, condizionare, di incidere, sulla vittoria o meno di questo o quell’altro concorrente. E’ così che gli interessi individuali e personali, di parte, di bottega prendono il sopravvento, diventando esiziali, vengono generalizzati e contrabbandati per interessi ‘reali’, ‘pratici’, ‘concreti’, ‘immediati’ e ‘della gente’; e probabilmente lo sono, ma per la cerchia del propugnatore. Senza spinte ideali e neanche un barlume spirito di servizio il disfacimento della politica aumenta, la società civile diventa portatrice di istanze deleterie, indifferenti per l’interesse comune e condiviso, aumenta anche la litigiosità e la microconflittualità, esplodono gli interessi familistici e di bottega. Insomma quello dell’inflazione delle liste civiche mi sembra stia diventando problematico per il governo delle città, per la rappresentanza e per la politica con la P maiuscola; nate come rimedio all’insipienza della politica dei partiti sono diventate un rimedio peggiore del male. Quali i pro e i contro di questo fenomeno?
Giuseppe Chitarrini