Scopriamo un angolo della storia di Nettuno, dove tutto ebbe inizio. Era rimasta chiusa fino al 2016 in stato di abbandono
La Fontana Grande (Fontana Vecchia per i nettunesi)
Scendendo verso uno dei cancelli che immettono al nuovo porto turistico, sottostante il borgo, si è sorpresi del mormorio, una sorta di lamento, che scaturisce dalla sorgente d’acqua che è quella attorno alla quale cominciò la vita e si fondò Nettuno.
La Fontana Grande (o Fontana Vecchia per noi nettunesi), era stata chiusa molti anni fa e fino al 2016 era in stato di abbandono. Si può dire senza timore di essere contraddetti, che la Fontana Grande è “rinata” grazie a Corrado Forcina che ne teneva la cura – senza compenso, a parte la gratitudine dei nettunesi - e offriva la visita gratuita ai forestieri, ogni domenica e durante i giorni festivi.
«Ogni domenica ricevo circa 250 visitatori e ad ognuno offro un bicchiere del nostro vino Cacchione», affermava Corrado Forcina con orgoglio. Dire quindi che curava solo la manutenzione è restrittivo, perché da quando lui entrò in possesso delle chiavi, ha affrontato tutte le difficoltà, con un’applicazione che non ha conosciuto ostacoli, per rendere visitabile questa parte di storia che rappresenta un autentico patrimonio culturale cittadino.
Giorno dopo giorno, per molti mesi, Forcina è stato impegnato a recuperare, abbellire, sistemare e ripristinare l’antico cunicolo; un complicato sistema di tubazioni che circolavano nel sottosuolo e che alimentano Nettuno, partendo dal lago di Albano.
La notorietà di questo originale pezzo di storia che altro non è che il punto dove, dopo la distruzione di Antium (Anzio e Nettuno in epoca antica) e il rientro dai boschi, la popolazione ha ricostruito la propria città.
Lo scrittore Biondi, sul principio del secolo XV, riguardo a Nettuno affermò: «Mi meraviglio che lo scrittore e storico Plinio non faccia menzione affatto di quello che io credo, che da che mondo vi fu, perché essendo gran popolo quel di Nettuno, non visse altro che di caccia, di pesci, di uccelli, di fiere…».
Per lui che è nato a due passi da quella bellezza naturale - la sua casa era al numero civico 6 di via Stefano Porcari, proprio attaccata allo spallato, un edificio distrutto durante i bombardamenti conseguenti allo sbarco del 22 gennaio 1944 e ricostruito una trentina di anni fa, sopra al ristorante “La Marciaronda” - sembrava un martirio ascoltare la voce dell’acqua imprigionata, finché decise di avventurarsi per il suo recupero. Corrado Forcina era figlio di Lidia Venditti e Giulio Cesare; elettricista, tecnico del suono (era presente in ogni concerto insieme al figlio Emanuele), e appassionato della storia nettunese, affabile e disponibile per tutto ciò che riguarda il benessere di Nettuno.
Corrado Forcina circolava con una motoretta, un ciclomotore a tre ruote, un’Ape 50 con pianale corto, color verde, dove caricava tutto l’occorrente: fili, spine, lampadine, cavi e attrezzi di lavoro, scala metallica compresa.
Di solito, è fermava di fronte all’ingresso della Banca di Credito Cooperativo, perché Corrado Forcina aveva l’appalto della manutenzione delle attrezzature elettriche.
Il suo ciclomotore Ape 50 ha avuto il suo quarto d’ora di notorietà quando la regista del film Burraco Fatale, Giuliana Gamba, lo vide parcheggiato a Nettuno, Glielo chiese in affitto con lui alla guida.
«Guardi - le rispose Forcina - vi posso prestare il ciclomotore, però io non posso lasciare il mio lavoro per l’intera giornata».
Così l’Ape 50, finì sotto i riflettori cinematografici con l’attrice Claudia Gerini di lato al conducente, che era l’attore Pino Quartullo.
Silvano Casaldi