I balneari non sono soddisfatti del prolungamento delle concessioni
Il decreto da cambiare
Doveva essere una soluzione temporanea, una boccata di ossigeno, quella del decreto legge 131 di quest’anno, detto “decreto infrazioni”, che prolunga fino al 30 settembre 2027 la validità delle concessioni governative che riguardano il demanio marittimo dedicato alla balneazione ed al turismo. Ma forse, sia perché il provvedimento appare pasticciato, in quanto è in contrasto con due sentenze del Consiglio di Stato, sia perché i concessionari hanno goduto nel passato di grandi vantaggi e quindi sono incontentabili, sta di fatto che si rileva un’ insoddisfazionediffusa nell’ambito della categoria. Durante l’assemblea generale che ha avuto luogo il 9 ottobre a Forte dei Marmi, i rappresentanti di 400 imprese balneari hanno alimentato un dibattito duro e quello che avrebbe dovuto costituire una soluzione accettabile, è stata definita la toppa peggiore del buco.
Come noto l’Italia, che non ha ancora reso esecutiva la Direttiva Bolkestein, dopo 16 anni dalla sua approvazione, è sotto la spada di Damocle per infrazione per cui sono previste multe salatissime e l’estensione strappata a Bruxelles appariva a molti come una bella conquista che avrebbe permesso agli imprenditori di organizzarsi. In un confronto sul tema. che si è tenuto su NoiTV, ildeputato di Fratelli d’Italia Riccardo Zucconi (Segretario della Presidenza della Camera) e il deputato campano del Partito Democratico Piero De Luca, hanno concordato una strategia comune con alcuni punti significativi da difendere come il diritto di prelazione, un migliore sistema di calcolo a favore dei concessionari uscenti, un limite di sole due concessioni per uno stesso soggetto ecc.
Tutto questo si inserisce in un ambito legislativo che ha sancito il termine ultimo inderogabile. di tutte le concessioni in essere, fino al 31 dicembre 2023, l’estensione concessa da molti Comuni per tutto il 2024 del tutto illegale, alcuni significativi casi di gare di appalto aggiudicate da sindaci solerti ad impresari che col turismo balneare hanno poco da spartire. Insomma il decreto infrazioni, per quanto attiene all’entrata in vigore rimandata della direttiva Bolkestein, ha lasciato tutti scontenti con una richiesta, tra l’altro, di includere nel decreto stesso il concetto di diritto di prelazione, che non potrà mai essere accettato al livello europeo, perché la libera ed articolata competizione non può essere legata a “prelazioni” o “diritti acquisiti”; concetti che appaiono troppo flessibili e limitativi del principio di libera concorrenza. Si prepara un’altra battaglia, che concorrerà ad arricchire gli studi legali e tanti saranno i ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale, centinaia saranno gli emendamenti al decreto Infrazioni, in discussione in questi giorni alla Camera nelle Commissioni Giustizia e Finanze, che verranno presentati sia dai partiti di maggioranza e sia da quelli dell’opposizione L’obiettivo è quello di allargare le maglie del provvedimento concordato a settembre tra Meloni e Bruxelles che tanto ha deluso i balneari. Si può dire che il Governo non abbia voluto o potuto dire una parola definitiva ma abbia chiesto altro tempo all’Europa che sembra sia stato concesso.
In questa atmosfera di disordine legislativo, in assenza di una normativa che, nonostante tutti i possibili correttivi, non potrà che essere uno sgradito compromesso, non credo che, nelle prossime stagioni, gli impresari balneari vorranno investire in innovazioni e migliorie delle proprie strutture con la prospettiva di perdere tutto o di ottenere uno scarso rientro economico. C’è chi ha messo in vendita lo stabilimento balneare ma non si ha notizia che vi siano stati acquisti, anche perché la legge demaniale prevede che “al termine del periodo di concessione i suoli dovranno essere resi all’Amministrazione nello stato pristino” che, in lingua corrente, dovrebbe significare che il concessionario deve demolire a proprie spese e liberare il sito da ogni struttura che vi abbia realizzato, fatto che se è semplice sul litorale di Anzio, dove le costruzioni sono limitate, in moltissimi stabilimenti del litorale romagnolo, veneto o ligure, questo costituirebbe un onere rilevantissimo a meno che la configurazione finale della normativa non preveda che il nuovo concessionario debba rilevare le strutture esistenti dietro remunerazione ove tali opere non siano state ammortizzate.
Questo potrebbe costituire un altro problema in fase di gara e di aggiudicazione. Tutto è ancora da definire ed il caos continua a farla da padrone.
Sergio Franchi
Dimostrazioni antisemite e guerriglia in difesa dei palestinesi
Ricordo di una strage
In occasione dell’anniversario del 7 ottobre in Italia manifestazioni filopalestinesi hanno avuto luogo con lo strascico di violenze che le frange estremiste, che sistematicamente contaminano tutte le manifestazioni a sfondo politico, hanno provocato. Una riflessione nasce spontanea: se le manifestazioni avvengono, anche se non autorizzate, il giorno della strage che i Palestinesi di Hamas hanno perpetrato significa che non è la resistenza Palestinese che su vuole commemorare ma è la carneficina che in quel giorno di un anno fa fu commessa. Ho avuto occasione di vedere molti documenti e filmati di quell’evento terribile e, nonostante che di nefandezze di guerra nella mia vita io abbia avuto occasione di seguirne alcune, quello che è accaduto quel 7 ottobre del 2023 è fuori da ogni immaginazione o forse solo paragonabile ad alcuni momenti della guerra civile fra Hutu e Tutsi nel Rwanda di trenta anni fa… almeno per la crudezza degli episodi. Rivedere quelle immagini ad unanno di distanza e sentire che chi sgozzava una donna incinta ed apriva il suo ventre lo faceva nel nome di Hallah fa venire i brividi. E fa venire i brividi anche vedere benestanti ragazzotti di Roma e di Milano inneggiare a quei fatti come strumenti di progresso sociale e di diritto all’indipendenza. Fa rabbia vedere cittadini di questo Paese lanciare pesanti pali metallici contro la Polizia, che è sul posto per far rispettare la legge e l’ordine pubblico, nel nome del diritto di un Popolo, quello palestinese, alla sua sopravvivenza. Ma quale è il popolo che ha diritto di sopravvivere? Se è chiaro che i palestinesi di Hamas ed anche quelli della Cisgiordania non condividono l’ipotesi di due popoli due stati vuol dire una sola cosa e cioè che Israele deve scomparire e milioni di israeliani, che ricordiamolo sono composti anche dal 20% da palestinesi che vivono in Israele integrati democraticamente, devono essere eliminati. Se chi organizza le dimostrazioni pro-Palestina lo facesse tenendo conto dalla realtà dei fatti e della storia e non obbedendo alla stantia ideologia rivoluzionaria di stampo vetero-comunista, si accorgerebbe che quelle dimostrazioni non portano da nessuna parte e che Israele non può essere eliminato perché è il baluardo del mondo democratico immerso in un mare di teocrazia e di dittatura. E’ Israele che lotta per la sopravvivenza come David contro Golia.
Il genocidio che Israele sta perpetrando a Gaza? Le truppe di Israele stanno facendo stragi di civili a Gaza pur sapendo che questa è una trappola perché la strategia della leadership di Hamas è stata sempre quella per cui “è necessario versare tanto sangue innocente di figli dell’Islam per poter vincere”. E far versare sangue dei civili è facile: basta nascondere depositi di munizioni nelle cantine di un ospedale o installare rampe di lancio di missili nel cortile di una scuola. In un ‘intervista a Mediaset rilasciata da Moran Stella Yanay, una giovane ostaggio di Hamas rilasciata con lo scambio di prigionieri, ha dichiarato “quando mi hanno portata ferita a Gaza City non erano i miliziani ad oltraggiarmi , era il popolo palestinese, non esiste una differenza fra miliziano di Hamas e cittadino di Gaza”.
Se il mondo occidentale sta dimostrando in favore del terrorismo di Hamas vuol dire che Israele non sta vincendo la guerra ma la sta perdendo perché la politica del Governo israeliano sta ricreando,a livello internazionale, una forte atmosfera anti-semita, simile a quella che portò all’Olocausto. Ho seguito alcune analisi ed interviste di osservatori neutri e nessuno ha saputo dare, però, una risposta al quesito: che cosa avrebbe dovuto fare il governo israeliano di fronte all’aggressione piu sanguinosa sul suo popolo dai tempi del Nazismo? Se si è circondati da milioni di persone che vogliono solo la tua estinzione, che vorrebbero ripetere ciò che è già avvenuto e cioè l’Olocausto, che devi fase se vieni attaccato in modo cosi sanguinoso? Ci sarebbe stata la strage di civili a Gaza, che ricordiamolo gode dell’autonomia dell’ indipendenza dal 2005, se quel maledetto 7 ottobre un gruppo di terroristi non avesse trasformato in macelleria giovani, vecchi e bambini dando fuoco ai loro corpi ed alle loro case e facendo centinaia di prigionieri? La risposta di Israele è stata sproporzionata? La risposta di un nano contro un gigante non può che essere sproporzionata, eccessiva, esagerata perché il mantenimento della condizione di pace per Israele è fondato sulla dissuasione e la dissuasione si costruisce sparando un colpo di pistola a chi ti pesta un piede. Non si può, se si vuole fare analisi storica degna di questo nome, separare i fatti dalle ragioni che li hanno scatenati.
La reazione è troppo forte e causa troppi morti civili? Quale è l’alternativa se continua il lancio di razzi e missilida Gaza, ma anche dagli Hezbollah libanesi, dagli Huthiyemeniti, ed in grande quantità.anche dal burattinaio Iran? E’ facile tirare sanpietrini alla Polizia in nome del popolo palestinese perché la semplificazione di chi scende in piazza è solo ignoranza dei fatti allo stato puro: quell’ignoranza che porta i soliti noti a dimostrare oggi per la Palestina, ieri contro il governo e domani dimostrerà contro chi sa che. Quei soli noti che hanno anche avuto il coraggio di portare cartelloni inneggianti a Gaza ed alla Palestina al Gay Pride, dimenticando che essere gay in quello ed in altri paesi islamici è reato penale grave e che proprio a Gaza giovani gay sono stati giustiziati gettandoli dal terrazzo. Senza parlare delle femministe che inneggiano alla Palestina dimenticando le martiri iraniane che nemmeno dimostravano contro qualcosa ma, semplicemente, indossavano in modo non corretto lo hijab (che in arabo significa “nascondere”). Non so in che modo sarà possibile tornare ad una tregua, per parlare di pace, ma so per certo che, come David anche Israele, che ricordiamolo è un paese dotato di armi nucleari, non potrà mai perdere la guerra sul campo.
La saggezza dei popoli occidentali deve prevalere e pesare in difesa della democrazia israeliana ma anche in difesa del diritto del popolo palestinese ad un suo stato libero indipendente nello spirito che deriva da Abramo che di ambedue i popoli fu l’origine.
Sergio Franchi