I cittadini di Aprilia sono stati piuttosto rispettosi delle regole stabilite dal Decreto Conte per impedire l’aumento dei contagi
Una censura che ricorderemo per sempre
“Come in guerra”. E’ questa la frase che più ricorre in questi giorni di improvvisa paura. Nel giro di pochi giorni la vita di tutti noi è stata completamente sconquassata da un nemico invisibile, ma percepibile nei tristi bollettini giornalieri pieni di persone decedute e contagiate, che sta devastando la Lombardia e che si è fatto largo in tutte le altre regioni italiane. La nostra esistenza, che fino a qualche settimana fa era costituita di normale quotidianità, è stata completamente stravolta. Per arginare il Coronavirus ci è stata giustamente imposta una quarantena per due settimane. Tutti a casa per evitare che l’epidemia dilaghi in tutta Italia e provochi una strage, soprattutto di anziani. Una cosa mai vista. Strade, parchi e piazze vuote. Locali, pub, discoteche, parrucchieri, musei, palestre chiuse. Supermercati ad orario ridotto. Lunghe code davanti agli alimentari per fare la spesa. Relazioni a distanza. Posti di blocco e controlli serrati di carabinieri e polizia per evitare assembramenti e impedire che le persone circolino “senza giusta causa”. Chi lo avrebbe mai detto, in un mondo in cui certe libertà si davano per scontate, acquisite, indiscutibili ed eterne, che per uscire di casa si sarebbe dovuto esibire una certificazione. Chi lo avrebbe mai detto che si sarebbe rischiata una denuncia per essere stato “sorpreso in giro senza motivo”. Forse è racchiusa in quell’assurdo foglio tutta la dimensione della perdita. Una perdita necessaria e, fortunatamente, temporanea. Eppure dolorosa perché improvvisa, repentina e inaspettata. Il surreale si è trasformato in reale e dobbiamo abituarci il prima possibile ad uno scenario nuovo e che non sappiamo quanto durerà. Adeguarci ad un mondo nuovo senza dimenticare il vecchio. Sperando che l’incubo passi il più in fretta possibile. Se c’è un dato chiaro che questo virus porta come sgradevole dote è il fatto che la società del benessere generalizzato è quanto mai fragile. Noi tutti siamo abituati a pensare ad un sistema di vita immutabile, naturale, quasi congenito. Non abbiamo vissuto il dramma di una guerra e i cambiamenti sociali che un conflitto comporta. Non abbiamo sperimentato, se non i nostri nonni, la rigidezza di una dittatura. Siamo nati e vissuti in una società democratica in cui il modello consumistico dell’usa e getta è divenuto il tratto via via sempre più dominante. E oggi ci ritroviamo a dare un valore quasi sconsiderato a semplici mascherine o a gel disinfettanti che fino a ieri erano forse all’ultimo posto della classifica dei beni di consumo. Qualcosa di incredibilmente grande è avvenuto nella vita di tutti noi. Una censura che ricorderemo per sempre. Anche quando, speriamo presto, ci riapproprieremo del nostro vecchio mondo portando con noi, magari, valori e priorità nuove.
Alessandro Piazzolla