Intervista allo storico e curatore d’arte Giovanni Papi sulla candidatura del capoluogo pontino con il coinvolgimento delle altre città di fondazione
Latina capitale della Cultura 2026
- Ultimamente si parla molto dell’idea di Latina come candidata a capitale della Cultura per il 2026, ti occupi da decenni come studioso e organizzatore di convegni, eventi e manifestazioni legate al Novecento e alle città di Fondazione, tra Roma e il Lazio Meridionale, cosa ne pensi di questa candidatura?
“Ne penso tutto il bene possibile e credo sia decisamente una proposta innovativa e una occasione oserei dire “rivoluzionaria e coraggiosa” visto come la città, insieme alle altre di fondazione che seguirono, sono state “poco considerate” e quindi oggi possiamo affrontare temi e argomenti di quegli anni più serenamente. Inoltre ricordo che Latina fra tutte le 26 città candidate, è l’unica città del Novecento. Quindi una scelta volta alla modernità e al futuro con una ampia opportunità di riflessione sul secolo appena passato: cosiddetto “breve” ma che va subito ribattezzato “secolo lungo”. Comunque con progettualità e idee rivolte all’idea stessa di città su “oggi e domani” si possono avere molte probabilità”.
- Quali sono gli strumenti che “Latina: l’ultima città” (così è stata definita) ha in mano e quali quelli nel cassetto per raggiungere l’obiettivo della candidatura?
“Intanto Latina ha diversi strumenti, dipende anche dal “taglio” che si vuole dare. Certo non concorre a mani nude. Accenniamo soltanto ad alcune idee-guida dalle quali pensiamo sia difficile prescindere. Latina, come è noto, si è “l’ultima città”: brillante definizione di Massimo Rosolini (presidente ordine architetti Latina) ma anche la prima di altre cinque città-rurali che hanno coinvolto un vasto territorio. Non nasce sola: nasce insieme e “contemporaneamente” ad altre città legate da un contesto storico, ambientale e culturale che rappresentano insieme la loro reale unicità. In una manciata di anni, dal ‘32 al ’38, il largo vassoio del Latium-Vetus diventa un cantiere a cielo aperto per la realizzazione e fondazione di quei centri urbani: la Pentapoli Pontina con Latina capoluogo. Si avviano così quelle straordinarie sperimentazioni architettoniche, urbanistiche e artistiche accomunate di fatto da una Koinè culturale: Metafisica, Razionalista e Novecentista: esprimendo nelle varie declinazioni (con esiti anche di successo internazionale come Sabaudia) un linguaggio comune di quella che generalmente abbiamo sempre definito e tengo a questa definizione: “Architettura Mediterranea”. La città candidata ha già in sé, oltre i rapporti dimensionali, una realtà aumentata: con la naturale adesione e sostegno delle altre. Naturalmente saranno poi molteplici le istituzioni da coinvolgere, così come studiosi e personaggi”.
- Be’ una proposta chiara e corale di sostenere la città capoluogo da parte delle consorelle, forse una strategia significativa ma più impegnativa?
“Ma è la cosa più naturale che si possa pensare. Se non si capisce questo significa che non abbiamo capito nulla della nostra storia in generale e di quella territoriale in particolare, della nostra modernità e contemporaneità. L’idea primordiale della città, nel suo excursus antropologico, nasce dalla necessità di stabilizzare l’uomo legandolo a dei luoghi e l’Architettura di cui l’uomo la riveste (massima espressione creativa/sacrale legata alla terra) è sempre stata una promessa di felicità, concetto umanista che va sempre attualizzato: è nella città che l’uomo ha acquisito il concetto di tempo e di spazio, elementi fondamentali per la sua stessa esistenza civile. Poter argomentare quindi delle nuove città progettate nel Novecento soprattutto da giovani architetti, gli ultimi che hanno avuto questo grande privilegio, permette oggi a noi di individuare e capire quali sono possibili e rinnovate ipotesi della cultura urbana. Il loro impianto primigenio entra nel novero delle sperimentazioni ideali e la “fragilità” del disegno originario (come il resto della città) viene costantemente soverchiato da molteplici criticità. Tema chiave: rivitalizzazione dei centri storici. Altri come: tutela dei centri storici, carta del restauro, piano del colore, piano del verde…le mappe culturali…le infrastrutture…commissioni per la qualità urbana…etc. tanti argomenti di cui si è discusso nel corso del tempo ma con scarsi risultati. Riannodare un “disegno paesaggistico”. Re-inventare una koinè contemporanea culturale e territoriale”.
- Torni ad una delle tue tematiche quella della relazione fra le stesse città di fondazione del Lazio meridionale, unite in origine da una koinè culturale, appunto. Latina insieme alle altre deve saper trasmettere questa sua unicità?
“Latina in questa occasione rappresenta l’unicità di se stessa e insieme di tutte le altre: è capoluogo e capofila di un fenomeno urbano che è nella storia: ed è questa la vera unicità mediterranea. In tutti i convegni, congressi, tavole rotonde, incontri che ho organizzato e promosso in circa tre decenni sul “Razionalismo”, “il Novecento”, “le Città di Fondazione” questo unicum è sempre emerso ed appartiene a questo contesto e oggi andrebbe reinventato. Latina oltre ad unire in una sola voce gli “accenti territoriali” e consolidare uno spessore vivacemente accademico di comunicazione nazionale, deve soprattutto saper parlare all’Europa, alle istituzioni culturali internazionali perché quelle esperienze progettuali di quegli anni appartengono al panorama del Movimento Moderno e del Razionalismo europeo, direttamente o indirettamente. Questi concetti base è necessario ricordarli aumentando una scolarizzazione sulla conoscenza della storia tutta del territorio: presso i giovani e i cittadini in genere, con aggiornate formule didattiche ed esperienziali. Non esiste una alfabetizzazione su questo e rimane un problema enorme: vanno studiate strategie nell’immediato e quelle a seguire. Generare conoscenza: sono le comunità che vanno “ri-generate”. Immaginiamoci allora i cittadini delle ultime grandi comunità che si sono insediate e che popolano e vivono il territorio: Indiani, Rumeni, etc. Come si fa a stabilire un dialogo - in generale con chiunque - al di là degli aspetti esistenziali ed umani, senza avere nemmeno una conoscenza di base? Cosa è che dà corpo, anima, spirito ad una Comunitas?”.
- Speranze nella crescita socio-culturale del territorio in questa preziosa occasione della candidatura della città capoluogo? Questo è il senso del tuo argomentare da “Città del Silenzio” a “Città del Dialogo? E quale è esattamente il tema di fondo?
“La speranza esprime un concetto che va cancellato dal vocabolario, ma mantenuto nell’accezione agostiniana, cioè: alta indignazione e forte impegno nel modificare le cose. “La valorizzazione culturale della città” questo è il tema centrale. Capirne il senso e dargli forma. Esiste anche una tragica mancanza di istituzioni socio-culturali realmente vive, in tutta la Pentapoli pontina: in alcune chiuse o poco attive, in altre proprio assenti: come è possibile? Attivare idee e progetti per e con la comunità, insieme a programmi relazionali: inserendole di fatto in modo permanente in un circuito virtuoso e didattico.
Fondamentale è mettere a sistema tutte le straordinarie ricerche che si sono fatte sulle città/territorio: passate, presenti e future. Da realizzare ancora un importante Centro Archivio e una Luminosa Biblioteca: piattaforma e caleidoscopio di tante realtà e lasciapassare di una fantastica “astronave del Novecento” che guarda in avanti. Sottolineo: le identità personali e territoriali si costruiscono “in avanti”. E siccome tutta la storia del territorio lo suggerisce (e ne ha facoltà): lancerei l’idea di una Università della Cultura Urbana per bambini e ragazzi affinché anche i giovanissimi possano orientare meglio la loro creatività anche nei luoghi che si vivranno. Faccio qui un unico esempio fra i tantissimi lavori, studi e pubblicazioni di cui molti storici, studiosi, architetti, docenti, etc. si sono occupati nel corso del tempo. Mentre alla fine degli anni’90 stavo lavorando al progetto “Latium Vetus-Città di Fondazione” dove per la prima volta si metteva in relazione il fenomeno delle città nuove con il contesto storico archeologico antico, la Regione Lazio stava preparando il progetto espositivo ed editoriale dal titolo: “Metafisica Costruita” - Le città di fondazione degli anni Trenta, dall’Italia all’Oltremare - promosso della Regione Lazio e a cura di Carlo Fabrizio Carli e dell’arch. Luigi Prisco. L’evento ebbe una notevole risonanza nazionale e internazionale per le innumerevoli tematiche svolte nel copioso volume e anche per i tanti personaggi e professionisti coinvolti. La presentazione generale del volume doveva essere condivisa tra Renato Nicolini e Giorgio Muratore, poi scritta da quest’ultimo. Ricordo qui altri nomi: lo straordinario Antonio Pennacchi (da noi appellato “lo scrittore”) e poi tanti: G. Ciucci, A. Greco, etc. La mostra fu inaugurata a Roma presso il complesso monumentale di san Michele nell’aprile del 2002. Finalmente in quell’occasione ci fu la possibilità di risistemare la Storia con l’immagine metafisica della piazza apriliana che venne assunta come logo ed emblema del titolo e di tutta la manifestazione e rappresentata nella prima di copertina. E così che Aprilia e ovviamente Pomezia (di cui subito dopo si occuperà la brillante Daniela De Angelis) sono ri-tornate alla Storia a completare la Pentapoli. Fu un vero e grande evento e fu la prima volta che si propose all’attenzione pubblica nazionale, fuori dalla cerchia di studi specialistici, un immenso patrimonio (trascurato per molto tempo e che ancora doveva uscire dalla “damnatio memoriae”) ma così straordinario di storia moderna, di arte e di architettura. Finalmente oggi quel muro si è infranto conquistando appieno anche la cultura accademica contemporanea. Questo grazie anche al prof. arch. Paolo Portoghesi protagonista eccelso e indiscusso della cultura architettonica degli ultimi 60 anni, noto a livello internazionale, resosi disponibile in questi ultimi mesi, prima che ci lasciasse, a dare il suo contributo alla redazione del “Manifesto del Novecento”.
- Quale è la sfida oggi?
“La sfida è uno slancio e la vedo così: un grande laboratorio sulla modernità: con dialogo aperto e di ampio respiro. Le idee, se ci sono, devono circolare liberamente: questa è l’unicità che intendo. L’identità è sempre frutto della pluralità. Non avevamo detto di appartenere ad un unicum? Il modello concettuale è quello del New European Bauhaus già promosso dalla von der Leyen: Sostenibilità - Bellezza - Inclusività. Lavorare con la certezza del successo e così sarà. Confronto e Condivisione delle motivazioni. Superare una certa pigrizia-diffidenza e autarchia/-autoreferenzialità delle nostre comunità con il necessario campanilismo strapaesano. Ri-pensare e proporre temi, idee, segni e prospettive condivisibili. Tracciare un comune disegno territoriale e piano paesaggistico e individuare un progetto culturale del contemporaneo. Riannodare modelli, realtà e utopie: da quelle storico antiche a quelle della modernità. Mettere alla ribalta il Patrimonio culturale e il Bene Comune inevitabilmente legato all’ambiente. Tante possono essere le iniziative. Penso che il progetto è valido e vada realizzato lo stesso (e a maggior ragione) anche indipendentemente dalla conferma della candidatura: che comunque ci sarà. Un rinnovato slancio da parte di tutto il territorio è decisamente auspicabile e necessario: le stesse cittadine sembrano refrattarie alla reciproca conoscenza. Inoltre aggiungo che questa occasione può diventare il trampolino di lancio per meglio strutturare un progetto ancora più interessante e riparatore: far diventare l’unicità delle cinque città di fondazione: Patrimonio dell’Unesco. (Addis Abeba lo è diventata da sola). Il confronto culturale fa bene a tutti è un volano per crescere, aggiunge creatività, valore sociale ed economico: dispone ad alleanza operative e predispone a risoluzioni di varie problematiche. A questo proposito sarà bene gettare una base operativa per un incontro biennale delle città nuove, un appuntamento volto al futuro nella ribalta di un contesto ambientale e territoriale rivestito da straordinarie componenti storiche e mitiche: tra il mondo che ci sovrasta e quello dell’avvenire: tra il visibile e quello ancora in-visibile.
*Riporto in sintesi una idea di Calvino che ha scritto molto sulle città invisibili e visibili: che continuamente prendono forma, poi si trasformano, si dissolvono… e ne traggo un solo punto: “è inutile voler sapere quali sono le città felici… meglio quelle che riescono ancora a dare forma ai propri desideri”.
Attilio Bello