Vincitore del noto show di Rai 1 Tali e Quali 2022
Daniele Si Nasce
Daniele Quartapelle conosciuto col nome d’arte Si Nasce, è un interprete del grande Renato Zero, sorprende la sua somiglianza non solo nella voce ma anche nelle sembianze, proprio questa particolarità, una volta, come lui ha raccontato, dopo un concerto di Zero, ha portato i fans a seguirlo per errore fino all’albergo scambiandolo per lui, il vero. La passione per la musica c’è l’ha fin da piccolo, grazie al padre che ascoltava musica e aveva tanti nastri e dischi per casa e gli regalava anche come premio per i suoi bei voti a scuola. Dopo aver intrapreso diversi studi, e lavorato anche negli stage dei concerti di grandi artisti, un giorno veniva portato al Ciao Nì, locale di Roma, (sua città natale e dove vive tutt’ora), dedicato il tutto e per tutto a Renato Zero, dove gli venne chiesto di cantare, …e da lì inizia a dare vita ai suoi sogni... esibendosi successivamente in varie serate ed eventi nelle piazze, fino ad arrivare oggi a casa di Mamma Rai. La sera di sabato 8 gennaio, sintonizzandosi sul primo canale, presentato da Carlo Conti, lo abbiamo visto uscire dall’ormai famoso ascensore, dello show di Tali e Quali, per fare un breve provino live che lo ha visto prendere “il pass”, per accedere alla seconda puntata del 15 gennaio, come uno dei protagonisti del torneo, dove con la sua esibizione e bellissima interpretazione della canzone “I Migliori Anni della nostra Vita” ha emozionato tutti, arrivando dritto al cuore dei giudici Giorgio Panariello, Loretta Goggi, Cristiano Malgioglio e Lopez nell’imitazione di Costanzo, ricevendo tanti bei complimenti e premiato arrivando alla finale (posticipata al 12 febbraio), che lo ha visto in gara insieme a quattro, anche loro davvero bravi interpreti, vincitori come lui delle puntate precedenti, di: Baglioni, Morandi, De André e di Lady Gaga (della scorsa edizione). Solo prima della puntata finale aveva detto “Non sono andato per gareggiare, pensavo di essere più un ospite che un concorrente. L’ho vissuta in maniera molto serena e non avevo l’assiduo della competizione”. E raccontato di un aneddoto del suo passato sulla sua pagina fb, per esprimere a riflesso, il suo pensiero su questo torneo:
“Buonasera a tutti, sempre nessuno escluso. Ho sempre detestato le esclusioni. Quando ero ragazzino, ero già alto, e questo mi consentiva di difendere i più deboli... quelli che non potevano permettersi un bel grembiule blu elettrico! Oggetto di scherzi e messi sempre in porta quando si giocava a pallone, mi facevano sempre un pò pena.... e allora esercitavo il fatto che fossi il più alto della classe, cercando di sanare quelle ingiustizie. Quelli più bassi e poco inamidati, ed io, prendevamo sempre un sacco di botte... ma si sa...a giocare a pallone sulla terra ci si sporca tutti… Tutti avevamo i grembiuli zozzi luridi. Magia del pallone, non c’era più nessun diverso. Quelle botte che ho preso, non mi hanno mai fatto male. Quel pareggio per me, era la felicità. Lo è ancora.Qualcuno si chiederà il perché di questo piccolo racconto… perché Non è importante per me, vincere il torneo. Mi piacerebbe ovvio, sarei un disonesto a dire il contrario.
Vorrei che domani, avessimo tutti, i grembiuli zozzi luridi, e che la competizione, sia solo motivo di mettersi alla prova e di mostrarsi altruisti”.
Daniele proprio con altruismo e l’umiltà che lo caratterizza che si è messo alla prova nello show di Rai 1. Per lui è stata anche una rivincita dopo che lo scorso anno ne ha affrontata una ancora più forte, il Covid, ha rischiato di fargli spegnere le luci sulla scena, ma lui ha combattuto, con tutte le sue forze, respiro dopo respiro perché questo non accadesse, e ne è uscito, dopo le diverse difficoltà del caso, vincitore. La partecipazione a Tali e Quali, per lui è come essersi rimesso in gioco, non per vincere, ma cercare di emergere, e alzare un po’ di più la sua popolarità. E così con la sua disinvoltura sul palcoscenico, con la sua mimica e gestualità, nell’interpretare Zero è arrivato primo. Anche questa volta ha vinto. Al momento della proclamazione, ha subito alzato gli occhi al cielo, rivolto il suo saluto al padre, a lui la dedica di questa vittoria, ma anche alla sua più grande fan, che lo ha seguito e sostenuto da casa, la 90enne cara mamma. Il giorno prima della finale, è stato anche il suo 23° compleanno artistico e ha dichiarato: “Cantare per le persone, non è un hobby. Ho sempre pensato, che il mio concerto, perchè tale era nella mia mente, fosse un momento, sì musicale, ma soprattutto di scambio emozionale. Non importava dove mi esibissi, se in un locale, o in un palasport, o in una festa privata: io ero sempre allo Stadio Olimpico. I miei occhi che si incrociavano con gli altri, non avevano una catalogazione: gli occhi delle persone, sono sempre stati quelli, e non potevano cambiare, in funzione del luogo in cui stavamo”. Festeggiato in grande, in casa Rai, dove è stato riconosciuto il suo grande talento, e premiato …. e chissà che questa vittoria per lui non sia un trampolino di lancio, una spinta in più per la sua carriera. Intanto il suo sogno, dopo aver in passato inciso il disco “Vivere a Meta” e qualche anno dopo “Vita da Vip”, è quello di pubblicare un album di suoi inediti. E siamo certi che ora, grazie a questa esperienza, che gli ha permesso di farsi conoscere ed apprezzare ancora di più, con il rispetto nella sua interpretazione di Renato Zero, è pronto per regalarci qualcosa di più grande, e ancora più bello.
Complimenti Daniele per questa meritata ed emozionante vittoria.
Annalisa Rodo
Il libro di Ottavia Salvador e Fabrizio Denunzio su processi migratori e narrativa neocoloniale
Morti senza sepoltura
Ottavia Salvador, Fabrizio Denunzio, (con un saggio di Abdelmalek Sayad), “Morti senza sepoltura. Tra processi migratori e narrativa neocoloniale”, Ediz. Ombre corte, Verona 2020, pp.107, Euro 10,00.
L’immagine del corpo del piccolo Alan Kurdi sul bagnasciuga della spiaggia di Bodrom (cfr. da p. 21 a 24), la bambina e suo padre affogati i cui corpi galleggiano nel Rio Grande fra Messico e Stati Uniti, il corpo che va alla deriva nel Mediterraneo con la testa incastrata nel gommone semi sgonfio, i morti del naufragio del 3 ottobre 2013 a largo del porto di Lampedusa. Queste e altre le icone degli insepolti più recenti che più hanno colpito l’emotività della cronachistica opinione pubblica occidentale, ma tanti, molti di più, sono le insepolte e gli insepolti nella storia delle migrazioni. Attraverso questa particolare classe di defunti, il testo approfondisce quegli aspetti più recenti e che toccano più da vicino noi occidentali ed europei, riguardo il fenomeno migratorio, attraverso gli strumenti della ricerca in ambito sociologico-interculturale e i metodi della rilevazione etnografica. Antigone vuole dare degna sepoltura al fratello Polinice il cui corpo è abbandonato fuori le mura di Tebe. La sepoltura, la tumulazione, l’incenerimento e il relativo cofanetto con le ceneri costituiscono modi per tutelare l’identità del defunto: la tomba o la lapide con la scritta è un modo per identificare e mantenere una relazione sociale, e, al contempo costituisce un indicatore del livello di coesione di una società e del livello di civiltà, esprime anche una residuale, ma intensa, sacralità del corpo, impedendone la nonumnoi (cfr. p. 15), la morte senza nome, sottratta per sempre alla memoria. Il bambino della spiaggia di Bodrom, le altre immagini connotano l’immigrazione: “i migranti, i “clandestini”, sono loro per forza, nessun altro esemplare di qualche categoria muore così, di migrazione nel mar Mediterraneo”(p.20). La perdita del nome e l’identità individuale cedono il posto alla rappresentatività: quelle immagini significano l’immigrazione, etichettate con il termine di clandestine rappresentano anche la drammatica attualità, le distorsioni della globalizzazione, condensano iconograficamente e simbolicamente gli oltre 500 anni di colonialismo, le deportazioni, le navi negriere del 6-7-800…
O. Salvadori è una ricercatrice e ha conseguito il dottorato in Scienze sociali all’Un. di Genova, mentre F. Denunzio insegna Sociologia dei conflitti culturali all’Un. di Salerno, mentre il saggio finale ”Morti senza spazio e senza tempo” è del sociologo algerino Abdelmalek Sayad. Il capitolo di O. Salvador (‘Morti senza sepoltura nelle migrazioni’) è un’analisi socio culturale ricavato da testimonianze, documenti e altro materiali simbolico e narrativo riguardo alcune morti di migranti. La storia del giovane marocchino Majid E.K., morto a causa di un incidente in un Centro di identificazione ed espulsione italiano, della ragazza eritrea Zabrit Tarqualit e un’altra ragazza etiope senza nome, divenuta un protagonista letterario di un romanzo di C. Lucarelli (cfr. da p. 75 a 80). Frammenti di storie di vita, esistenze ‘altre’, ‘morti altrove’ vittime delle migrazioni e del neocolonialismo attuale. Il capitolo di F. Denunzio (’Morti senza sepoltura nel romanzo neocoloniale italiano’) analizza l’attuale neocolonialismo italiano prendendo in esame alcuni romanzi e fumetti che affrontano la tematica partendo proprio dalla sepoltura: un rito sacro e primordiale, posto a fondamento storico antropologico di ogni civiltà (cfr. p. 61), del riconoscimento comunitario, del rapporto fra l’immanenza della vita e la trascendenza della morte. “La morte non potendo essere celebrata, non è vera morte” dice L. Sciascia in “La scomparsa di Majorana” (Adelphi 1997, p. 78), così che la non inumazione assurge a cifra comune al colonialismo di ieri, quello di Crispi prima e Mussolini dopo, basato sulla guerra, sull’invasione e la predazione il genocidio e il neocolonialismo di oggi, basato sulla transizione, sulla finanza, ‘leggero’ e ‘flessibile’, agganciato ai mercati e alla delocalizzazione, alla pauperizzazione di intere aree del pianeta e ai flussi migratori, ma sostanzialmente altrettanto predatorio, schiavistico ed espansionistico (cfr. da p. 56 a 63). In fine, in appendice, il saggio di Abdelmayek Sayad (‘Morti senza spazio e senza tempo’) che mostra come la morte in condizioni di esilio, consuete espatrio, migrazione sia un evento incongruo, incompiuto e solitario, lontano dai luoghi delle relazioni famigliari, di parentela, di vicinato ecc: “una morte che non è né lì né là…che non ha un posto da nessuna parte e in nessun luogo…una morte senza luogo né data”(p. 94). Anche l’eventuale rimpatrio, post mortem, quando avviene, è differito nel tempo, alterato e perde parte della dovuta densità affettiva, la congrua sacralità e temporalità rituale-sacrale.
Giuseppe Chitarrini