SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
L'ESTATE Sta arrivando? Speriamo...
Un po' di malinconia a lasciarci c'è, ma il richiamo del mare è irresistibile.
Prima di salutarci un affettuoso GRAZIE va alle care suore agostiniane che ci accolgono sempre festose e sorridenti ospitandoci in una sala linda, piena di luce e riscaldata durante l'inverno. Uno spazio semplice ed essenziale più che funzionale per stare insieme e assaporare un po' di cultura.
In questi ultimi incontri, si sono confrontati temi a noi cari: musica, poesia e canto. Nella chiesetta, i versi di Vincenzo Corsi, accompagnati dalla sua musica e quella dell'amico Paolo Longo, hanno esaudito del poeta l'aspirazione di farsi preghiera, così bene interpretata da Maria Grazia Vasta.
All'aria aperta, invece, ospitati anche nel giardino fiorito del piccolo convento, canti e suoni per incontrare la tradizione contadina, di spontanea festosità, ci hanno avvolto del genuino e arcaico sapore di genti semplici e indomite alle fatiche, quando scendevano dai villaggi nella nostra campagna.
Ci saluteremo, prima della pausa estiva, in compagnia di Francesco Bonanni. Con la competenza dello storico ci racconterà la realtà del faticoso cammino intrapreso dalla popolazione, ormai allo stremo, dopo la catastrofe dell'ultimo conflitto. Sentiremo testimonianze dirette o raccolte dai protagonisti che, similmente alla storia vissuta dalle genti di Falasche, sono storie inedite, ormai sempre più rare, di voci sconosciute ai più, ignorate nei manuali scolastici e trascurate dalle cronache ufficiali.
Giuliana
E con questo apprezzamento di Maria C.
ci uniamo per dirci ARRIVEDERCI
«Ho iniziato a conoscere Jenne grazie alle poesie di Enzo Toselli e naturalmente mi sono affezionata alle tante storie che girano intorno al paese, al panorama che lo circonda e alla vita itinerante degli abitanti.
Il quartiere Falasche, vicino alla mia casa, mi è diventato amico.
Certo la poesia che è memoria e immaginazione rende tutto più leggero, più sfumato, più gioioso, anche la vita faticosa e dura degli abitanti di Jenne di ieri.
Questo è quello che il poeta Toselli ci ha voluto raccontare, con entusiasmo, anche attraverso la musica e i canti accompagnati dalla chitarra di Luciano Rossi, e soprattutto ci ha voluto trasmettere la grande nostalgia sua e dei suoi abitanti per un mondo che oggi non esiste più».
I RACCONTI DAL FARO
LE PESCATRICI DI PERLE
DI MIKIMOTO
REPORTAGE
Nel Luglio 1954 il fotografo-documentarista italiano Fosco Maraini realizzò sulla piccola isola giapponese di Hekura nel Mar del Giappone un reportage sulla vita quotidiana dei suoi abitanti. Durante il soggiorno, l’obiettivo della sua cinepresa fu attratto in particolare da una comunità di uomini e donne, chiamata ama, che si sosteneva con la pesca. Durante il giorno, mentre gli uomini pescavano al largo gettando le reti dalle barche, le donne si immergevano in apnea nelle acque della scogliera verso il fondo marino, sino a 20-25 metri di profondità, per raccogliere molluschi, crostacei, ricci di mare, polpi, alghe commestibili. Dal quel documentario, Maraini trasse, alcuni anni dopo, lo spunto per la pubblicazione di un libro in inglese che parlava di “Hekura, l’isola delle pescatrici” (Hamish Hamilton Editor, UK, 1962), ricco di mappe edi fotografie, subacquee e non.
LE DONNE DEL MARE
Scoprimmo così che lungo le coste del Giappone vi erano varie comunità di pescatrici ama, donne dal riso contagioso, che da più di due millenni scendevano in apnea nelle gelide acque dell’Oceano per raccogliere sul fondo quanto il mare generosamente offriva loro, senza la necessità di avere una barca. Un’indagine del 2010 rivelò chetali comunità ama contavano in totale di circa 2000 donne, la cui attività subacquea poteva protrarsi anche oltre i 65 anni.
Le pescatrici ama nelle immersioni in apnea non usano bombole di ossigeno e, ancora oggi, la loro attrezzatura è molto semplice: un mastello in legno come boa, una retìna alla cintura per mettervi il pescato, un lungo uncino per raccogliere molluschi e staccare ostriche dagli scogli. A differenza delle loro antenate, che indossavano solo un perizoma (lasciando scoperta la parte superiore del busto), le moderne ama indossano tute e maschere subacquee, e pinne. Hanno conservato immutata la tecnica di nuoto per scendere e muoversi sul fondale, dove possono rimanere anche per due minuti. Come gente di mare, sono molto superstiziose: prima di ogni immersione picchiano sul legno della barca o del mastello e recitano un breve mantra.
Nel riemergere, emettono in superficie un suono particolare, conosciuto come ama isobue (il richiamo delle sirene), un fischio simile a quello dei delfini, prodotto dalla forte iperventilazione dei polmoni (per eliminare l’anidride carbonica accumulatasi nel sangue). Dalle madri, le giovani apprendono come migliorare la capacità polmonare, come capire l’andamento delle correnti sottomarine, come saper individuare i posti migliori per la qualità dei molluschi. Dopo aver trascorso gran parte della giornata in mare, a fine pesca si ritirano in una piccola baracca di legno (amagoya), dove al centro è acceso un falò, che serve loro per riscaldarsi dalle fredde acque dell’Oceano e per cuocere il frutto del loro lavoro.