L’Italia non dispone di mezzi militari sufficienti per resistere ad un attacco
Una difesa di burro
Può sembrare una sintesi drastica, eccessiva, ma se parliamo di difesa militare, dobbiamo tristemente convenire con quello che ha affermato il titolare del Dicastero della Difesa, Guido Crosetto, in risposta ad una specifica domanda di Nicola Porro durante un intervista su Quarta Repubblica, “non saremmo in condizione di resistere in modo adeguato ad un attacco militare”. Una risposta dura da digerire in un contesto di guerra in Europa, Per la gioia di coloro che attribuiscono al Governo velleità militariste, i populisti di becera qualità che invocano la riduzione del bilancio militare per distribuire più danaro a coloro che stanno seduti a giocare alla playstation invece che andare a lavorare. Il concetto è questo: ad ogni falla di bilancio, la frase “non acquistiamo gli F35”, ad ogni accenno a carenze sociali “non mandiamo le armi all’Ucraina”.
E’ ignoranza allo stato puro che si sposa con quel sottofondo ideologico assorbito nelle riunioni di partito o nelle adunate dei centri sociali. Se i fautori dei pacifismo disarmato avessero qualche conoscenza dei processi che guidano la storia e se studiassero gli avvenimenti che hanno caratterizzato la nostra storia dell’ultimo secolo, capirebbero che se il nostro Paese è in pace da ottanta anniil merito è stato esclusivamente dello scudo di deterrenza da cui era protetto. Ma a quello scudo l’Italia ha sempre contribuito in modo molto marginale, perché quello scudo era costituito con risorse prevalentemente Statunitensi. Si, gli imperialisti che hanno sempre limitato la nostra capacità decisionale. intrufolandosi nella nostra politica, hanno finanziato ed ancora finanziano una buona parte delle capacità difensive del nostro Paese. Finanziano, con le tasse pagate dai cittadini americani, la sicurezza e cioè la libertà di quei pacifisti antiamericani di dimostrare liberamente il loro dissenso.
Preciso, sono gli Stati Uniti e l’ombrello convenzionale e nucleare posto a protezione dell’Europa occidentale, che hanno impedito che il nostro Paese seguisse le sorti dell’Ungheria, della Romania, della Germania est, della Polonia ecc. Quell’ombrello sotto il quale la saggezza di un grande pacifista, come Enrico Berlinguer, volle che si situasse il nostro Paese: “solo appartenendo alla NATO l’Italia sarebbe libera di seguire la via Italiana al Socialismo”. Non sono chiari i meccanismi mentali di chi concepisce che, in un contesto sempre contrastato da millenni, con decine di guerre e di rivoluzioni, gli stati siano stati folgorati dalla benedizione dell’Onnipotente ed abbiano tutti contemporaneamente bruciato le armi. Ci sono stati errori madornali di valutazione commessi principalmente da quelli che oggi vorrebbero far disarmare il Paese, sono quelli che hanno pensato di trovare saggezza e pacifismo nella politica di un macellaio e che oggi continuano ad auspicare la resa dell’aggredito per ristabilire la pace.I risultati delle recenti elezioni europee hanno dato una batosta all’inconcludenza politica di Giuseppe Conte e al suo antimilitarismo dell’ultima ora. Le Forze Armate italiane sono sottodimensionate anche in termini di effettivi: il Capo dello Stato Maggiore della Difesa Amm Cavo Dragone lo ha gridato ai 4 venti: mancano almeno 10,000 effettivi.
Ma le affermazioni di Crosetto sono drammatiche: l’Italia può oggi ottenere qualche prestigio partecipando a esercitazioni congiunte, prendendo parte ad operazioni di controllo, con la presenza in attività di Peace-keeping, contribuendo alla sicurezza interna ed intervenendo nelle emergenze più disparate ma, di fronte ad un attacco come quello portato dalla Russia all’ Ucraina, il nostro Paese, da solo, non avrebbe una consistente capacità di reagire. Questa debolezza pesa sempre nei tavoli di confronto sulla politica internazionale. Gli accordi che legano i membri della NATO impongono che ogni stato contribuisca con un importo minimo pari al 2% del proprio bilancio alla difesa comune. Moltimembri dell’Alleanza contribuiscono con percentuali molto maggioridel limite minimo: il contributo dell’Italia si attesta intorno all’1,22%. C’è da considerare che la posizione geografica del nostro Paese ci obbliga ad una difesa fortemente tecnologica e quindi alla necessità di approvvigionamento di strumenti bellici costosi e ad un addestramento molto professionale. Da fastidio dover sostenere tesi che possono sembra militariste quando sono contrapposte a chi vorrebbe porsi a difesa della pace confondendola con la vulnerabilità.
La pace si coniuga con la sicurezza, non c’è pace senza sicurezza e non c’è sicurezza senza la capacità di difendersi. L’Ucraina è stata aggredita dalla Russia, se l’Ucraina non saprà far fronte all’aggressione con le armi non potrà mai sedere al tavolo in cui si può decidere come ristabilire la pace. Se non sarà capace di far fronte con le armi l’Ucraina sarà asservita alla Russia e perderà la sua libertà e la sua sicurezza. E’ un assunto fondamentale della storia dell’uomo che non può essere modificato dall’ideologia pacifista che con l’obiettivo di pace non ha niente a che vedere e che resta immutato anche di fronte al messaggio ecumenico. L’Italia “ripudia la guerra” ma non può difendersi con i mezzi militari di cui dispone, l’Europa non sembra disporre di quella maturità e di quella univocità d’intenti per concepire una difesa integrata. Se il nuovo Presidente degli USA si chiamerà Donald Trump attuerà il suo programma elettorale per cui gli USA non interverranno più in difesa dei paesi alleati che non vogliono spendere di più per la difesa comune, facendo saltare l’art 5 della NATO e cioè la difesa di tutti per la difesa di uno stato aggredito. Questo è qualcosa su cui qualunque italiano libero di pensare dovrebbe meditare.
Sergio Franchi
Quando l’ideologia strapazza la logica, ecco i risultati delle elezioni europee
Sine grano salis
Le elezioni europee hanno dato i loro responsi, non ci sono grandi novità perché la svolta a destra procede senza grandi sorprese ma con molti significati politici. In Francia il partito del Presidente è stato doppiato da quello di Marina Le Pen. Le candidature proposte dall’Italia hanno spesso costituito l’ennesimo artifizio inutile, con leader politici che hanno chiesto di votarli per andare in Europa sapendo che non ci sarebbero andati.
Ci sono gli esclusi eccellenti, come Emma Bonino, Carlo Calenda e quel bischero di Matteo Renzi che se fosse stato eletto avrebbe finalmente tolto il disturbo dal Senato della Repubblica. Ci sono i candidati meno eccellenti, anche perché troppo inflazionati, come Alessandra Mussolini e Vittorio Sgarbi, che hanno subito una batosta.C’è anche Santoro che molti si domandano chi glielo ha fatto fare. Poi i candidati di spessore, che hanno ricevuto il giusto riconoscimento per la loro effettiva esperienza ed il prestigio accumulato in anni di attività, come Nicola Zingaretti, Letizia Moratti, Antonio De Caro ed i candidati buster come Il Gen. Roberto Vannacci ed Ilaria Salis, il primo eletto con oltre 500.000 preferenze e la seconda con circa 150.000. Questi ultimi mi inducono ad una riflessione.
Il Gen. Vannacci ha una grossa esperienza internazionale. Ha indiscutibili capacità manageriali per aver comandato unità complesse che richiedono una notevole propensione all’assunzione di responsabilità, parla lingue ed ha esperienza diplomatica, anche se è stato candidato dalla Lega non per le sue capacità ma perché ha fatto un gran rumore col suo libro.
Il Gen. Vannacci ha espresso il suo pensiero e la sua volontà di combattere il politically correct per tornare alla logica delle cose e non a quella delle apparenze indotte.
La polemica scatenata con le sue affermazioni, specialmente nel campo di coloro che ne hanno voluto fare una lettura addomesticata, non è certamente priva di significato politico e l’enorme seguito che ha egli avuto in Italia era ed è basato sulle sue idee e sulla sua proposta politica. Quindi eleggere il Gen. Vannacci al Parlamento Europeo significa condividere la sua visione “naturalistica” della vita. Ma la domanda che scaturisce spontanea per l’elezione di Ilaria Salis è “quali meriti, quale esperienza, quale strategia politica la maestrina di Monza porterà in Europa?”.
“Quali sono le sue capacità?” Si può dare mandato e rappresentanza politica ad una persona senza che abbia dimostrata la benché minima competenza ma per il solo fatto che è stata mandata a processo con la gravissima ipotesi di violenza privata?. E’ logico eleggere ad un prestigiosissimo incarico internazionale una persona che, dopo avere subito processi per violenza in Italia, ha ritenuto necessario esportare questa sua predisposizione anche all’estero? Lo fecero anche i Radicali con Cicciolina ma quella di Pannella era una specie di sfida al sistema. Quale è la sfida che la Salis porterà al Parlamento Europeo? Si chiama democrazia anche se è una espressione di totale illogicità. Quando la proposta politica diventa sterile, si ricorre ai simboli. Eppure la stessa area politica aveva già colpito in Italia,facendo eleggere al Parlamento Italiano per espellerlo successivamente dal Partito, un certo Soumaoro, marito e genero di due persone che ne hanno fatte di cotte e di crude ma di cui l’onorevole non sapeva niente.
Sergio Franchi
Riconoscimento per il liceo Picasso
Mercoledì 29 maggio, il liceo artistico Pablo Picasso di Anzio, sede associata di Pomezia, ha accolto con gioia gli avvocati Massimo Corsini, Cristina De Carolis, Daniela Folliero e Fabrizio Lanzi del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine di Velletri. Questi illustri ospiti hanno consegnato una targa di ringraziamento in riconoscimento del contributo offerto dalla scuola in occasione della mostra presso il Tribunale di Velletri, celebrando l’8 marzo, Giornata internazionale della donna.
Tre studentesse della sezione di Figurativo del 3C, altrettante della sezione di Tessuto del 4A e una studentessa del 5A Design dei Metalli hanno particolarmente brillato con i loro lavori in quell’occasione. Questa iniziativa non solo ha inaugurato una preziosa collaborazione con un’importante istituzione del territorio ma è stata anche un’occasione significativa di dialogo e confronto per gli allievi e le allieve della scuola.