SCRITTURA
AL FEMMINILE
Rubrica aperta a tutti
IL RINASCIMENTO
Donne colte, Poetesse e Cortigiane /7
Veronica Franco 1546 – 1591
di Ivana Moser
Veronica Franco nasce e vive a Venezia in una famiglia di “cittadini onorari” veneziani, un ceto sociale intermedio fra la nobiltà ed il popolo. Educata, durante l’infanzia, insieme ai tre fratelli, Veronica inizia da subito a gettare le basi di una cultura che le permette in seguito di frequentare i più importanti ambienti dotti e di affinare progressivamente quanto già appreso. È un’intellettuale completa: scrittrice, musicista, curatrice di raccolte poetiche e saggista.
Veronica è anche la più celebre cortigiana honesta o onorata della Venezia del Cinquecento. Al “mestiere” viene avviata dalla madre, anch’essa cortigiana. All’età di 20 anni avviene la sua formale iscrizione nel “Catalogo de tutte le principal et più honorate cortigiane di Venetia”.
La sua produzione lirica è fondata sulle Terze rime (pubblicate a Venezia fra il 1575 e il 1576), spesso di contenuto morbidamente sensuale, e su un cospicuo numero di sonetti in parte stampati postumi. Esibisce una maniera completamente nuova di comporre versi, sì legati al petrarchismo imperante, ma rovesciandone la prospettiva, esprimendo il punto di vista della donna, raccogliendo l’eredità della Querelle des Femmes e affermando il valore delle donne:
Per avere un’idea del pensiero di Veronica Franco su questo tema alcuni suoi versi rivolti ad un malèdico, che l’ha con suoi versi oltraggiata:
Epistola poetica XVI: Non so se voi stimiate lieve risco/ entrar con una donna in campo armato;/ ma io, benché ingannata, v’avvertisco/ che ‘l mettersi con donne è da l’un lato/ biasmo ad uom forte, ma da l’altro è poi/ caso d’alta importanza riputato./ Quando armate ed esperte ancor siam noi,/ render buon conto a ciascun uom potemo,/ ché mani e piedi e core avem qual voi;/ e se ben molli e delicate semo,/ ancor tal uom, ch’è delicato, è forte;/ e tal, ruvido ed aspro, è d’ardir scemo./ Di ciò non se ne son le donne accorte;/ che se si risolvessero di farlo,/ con voi pugnar porían fino a la morte./ E per farvi veder che ‘l vero parlo,/ tra tante donne incominciar voglio io,/ porgendo essempio a lor di seguitarlo. (Terze Rime)
Altro contenuto rivela un’altra epistola poetica indirizzata a un amante nella quale la poetessa asserisce che gli farà gustare le delizie dell’amore. Epistola poetica I a Marco Veniero E qual ella si sia, la mia bellezza,/ quella che di lodar non sète stanco,/ spenderò poscia in vostra contentezza:/ dolcemente congiunta al vostro fianco,/ le delizie d’amor farò gustarvi,/ quand’egli è ben appreso al lato manco;/ e ‘n ciò potrei tal diletto recarvi,/ che chiamar vi potreste per contento,/ e d’avantaggio appresso innamorarvi.
A un corteggiatore scrive versi che sono un sussurro e una promessa:
Certe proprietadi in me nascose/ vi scovrirò d’infinita dolcezza,/ che prosa o versi altrui mai non espose.../
Così dolce e gustevole divento,/ quando mi trovo con persona in letto/ da cui amata e gradita mi sento,/ che quel mio piacer vince ogni diletto,/ sì che quel, che strettissimo parea,/ nodo dell’altrui amor divien più stretto.
Nel 1574 la sua fama di cortigiana di alto rango raggiunge il suo apice quando Enrico III di Valois, futuro re di Francia, facendo una tappa a Venezia durante il viaggio che lo riporta dalla Polonia in Francia, sceglie Veronica per trascorrere con lei una notte. L’episodio la eleva agli occhi dei suoi concittadini e le dà grande notorietà.
I RACCONTI DAL FARO
L’ANTICA ISOLA FENICIA
DI MOZIA
LAGUNA
Sulla punta estrema Nord-occidentale della Sicilia, quasi di fronte a Marsala (da parte di terra) e all’arcipelago delle Ègadi (da parte di mare), vi è la vasta Laguna dello Stagnone che si estende da Capo Boeo al promontorio di Birgi. La laguna - caratterizzata da acque basse e salmastre - comprende le quattro isole di San Pantaleo (l’antica Mozia), Isola Grande, Schola e Santa Maria, e si è formata in tempi relativamente recenti (non esisteva all’epoca fenicia) in seguito ai movimenti della sabbia dovuti alle correnti sottomarine. Lo Stagnone appare oggi un luogo magico, fuori dal tempo, dal paesaggio suggestivo e di rara bellezza per i colori e per i profumi in special modo in Primavera. Le acque basse (da 50 cm a 1-2 m di profondità) e le onde lente favoriscono l’habitat di molte specie di uccelli. L’isola fenicia di Mozia, al centro della laguna, di forma circolare, nell’antichità era un importante centro di commercio per gli scambi con l’Oriente e con l’Occidente. Una strada - ora sommersa per il sollevamento del livello del mare - la collegava alla costa.
EMPORIO MEDITERRANEO
Mozia (Mothia) fu uno degli insediamenti fenici più antichi in Sicilia (fine VIII secolo a.C.). Secondo lo storico Tucidite (460-404 a.C.), i Fenici, che abitavano gran parte della Sicilia (soprattutto promontori e piccole isole), la fondarono insieme alle colonie di Palermo (Panormus) e di Solanto (Solunto). Coinvolta nel VI secolo a.C. nello scontro tra Greci e Cartaginesi per il dominio della Sicilia, Mozia venne cinta da mura, ma ciò non impedì che nel 397 a.C., posta sotto assedio da Dionisio I di Siracusa, fosse sopraffatta e completamente distrutta. Gli abitanti si rifugiarono sulla terraferma dove fondarono la colonia di Lilibeo. Dopo la distruzione non fu più ricostruita, e non fu più abitata, per cui i suoi resti sono rimasti quasi integri. Alla fine della prima guerra punica tra Roma e Cartagine, con la battaglia delle Isole Ègadi del 241 a.C. le città fenicie e tutta la Sicilia (ad eccezione di Siracusa) passarono sotto il dominio romano. Di Mozia, in vero, da più di un secolo e mezzo rimanevano solo le rovine.
SCAVI ARCHEOLOGICI
Nel primo decennio del Novecento, Giuseppe Whitaker (1850-1936), ornitologo-botanico-archeologo inglese, effettuò i primi scavi sul suolo di Mozia. Ultimo degli eredi di una famiglia di imprenditori anglo-siciliani che avevano fatto fortuna con il commercio (tra l’altro, producevano ed esportavano il vino Marsala), Whitaker si era trasferito in Sicilia per aiutare lo zio materno nei suoi affari. Riuscì a portare alla luce importanti testimonianze dell’epoca fenicia. Citiamo: la scultura ellenistica de “Il Giovane di Mozia” (metà V secolo a.C., un efebo-auriga, a grandezza naturale), probabilmente portata a Mozia dai Cartaginesi dopo il saccheggio del 409 a.C. della città greco-siciliota di Selinunte e la c.d. “Stele del re di Mozia” (metà VI secolo a.C., stele con iscrizione in fenicio, dedicata al sovrano della città). Le sue indagini archeologiche rivelarono che la città che era completamente cinta da mura lungo il perimetro della costa, con diverse porte, più o meno monumentali, che permettevano l’accesso all’abitato. Nella seconda metà del VI secolo a.C. era stata oggetto di un’importante sistemazione urbana (furono realizzate numerose opere pubbliche, un sistema viario interno e una strada lunga 1,7 km e larga 7 m di collegamento con la terraferma, che si intravede oggi a 1 m di profondità nella laguna, percorribile con la bassa marea. Nel settore meridionale dell’isola fu rinvenuta una zona allungata relativamente alta che costituiva forse l’acropoli della città.
ETÀ MEDIOEVALE E MODERNA
Dai Romani, Mozia passò ai Normanni in epoca medioevale, e poi ai monaci basiliani (che la rinominarono San Pantaleo), ai gesuiti sino al 1700, a piccoli proprietari terrieri, finché nel 1926 fu acquistata da Whitaker. Egli continuò nei suoi scavi fino al 1929, trovando i resti di un santuario, di parte della necropoli arcaica, della c.d. “Casa dei Mosaici”, dell’area del tofet (area sacra per gli infanti), della Porta Nord e della Porta Sud, del porto e di un bacino di carenaggio (kothon). Destinò a museo (oggi il Museo Whitaker) la casa di campagna che vi aveva costruito, ove è possibile ammirare, oltre ai reperti in senso stretto, anche gioielli, suppellettili, bellissimi vasi in pasta vitrea, ceramiche decorate in rosso e nero. Attualmente l’isola di Mozia-San Pantaleo è di proprietà della Fondazione Whitaker che ha sede a Palermo. Nel 2006 è stata inserita tra i siti candidati a Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, in quanto è il sito fenicio meglio conservato al mondo.
RICORDO
Parlando della “riscoperta” di Mozia, è doveroso ricordare la figura del prof. Sabatino Moscati (1922-1997, archeologo, storico e orientalista, ordinario nelle Università La Sapienza e Tor Vergata di Roma, accademico, fondatore e presidente dell’Istituto per la Civiltà Fenicia e Punica del C.N.R) e l’importante campagna di scavo da lui condotta dal 1964 nelle zone del santuario, del tofet, dell’area urbana a Sud della necropoli arcaica.
Il Prof. Moscati amava molto la nostra Lavinio, ove aveva la sua dimora estiva.
Il Guardiano del Faro