A Nettuno ogni domenica, fino a novembre, si effettuano visite alle località che ripercorrono la storia della città
Una passeggiata nella storia con Silvano Casaldi
Mi sono fermato un attimo a contare quanto tempo è trascorso dalle prime volte che accompagnavo qualcuno a cercare i luoghi per lui importanti. La prima volta avvenne in piazza Mazzini a Nettuno. Ero vigile urbano interprete quando un giorno d’inverno del 1981 s’avvicinò un omone alto e grosso, diceva di essere stato a Nettuno nel 1944 ed era nella Military Police. Cercava il suo comando per rivedere la casa, che «appartevena a persone benestanti perchè avevano un bel servizio di piatti e la cristalleria di lusso» e la grotta: cercava il molino della famiglia Iannozzi. Mi regalò un dollaro in cui aveva scritto il suo nome e indirizzo. Quel dollaro non l’ho più ritorvato e di lui ricordo solo lo Stato del Connecticut. La seconda volta avvenne qualche anno più tardi, era il 14 settembre 1988. Io già studiavo la storia dello sbarco del ’44 ed ero impiegato all’Ufficio Turismo del comune di Nettuno, all’epoca assegnato all’assessore Carlo Eufemi. Venne a cercarmi l’avvocato Paolo Perin che sapeva anche che parlavo inglese. Mi chiese se potevo accompagnare un loro associato Lion inglese in visita nei luoghi di guerra. Accettai l’invito e incontrai l’ex combattente Robert Webster all’Albergo Astura. Mi disse che era sbarcato ad Anzio il 22 gennaio 1944, con il reggimento Sherwwod Foresters. Aveva alcune cartine che indicavano i luoghi dove il suo reggimento aveva combattuto. Gli feci ammirare Anzio e la spiaggia di Lido dei Pini, poi ci dirigemmo verso Aprilia, ma la destinazione era la via della Riserva Nuova. Ad un certo punto la strada scende e si supera un ponticello, superato il quale mr Webster ebbe un sobbalzo e mi costrinse a fermare la mia Fiat 128. Accostati l’auto in uno spazio più ampio dove c’era anche un cancello aperto. Ci venne incontro un uomo, il proprietario dell’abitazione al quale presentai l’ospite inglese dei Lions. Venne fuori una storia: il proprietario si chiamava Francesco Bacoccoli e anche lui era un reduce della seconda guerra mondiale, catturato in Africa e spedito in Inghilterra a lavorare il terreno di una famiglia inglese. «Tu eri a casa mia ed io ero a casa tua, che strano il destino», riferì Robert Webster di Attleborough. Di seguito chiese a Bacoccoli se ci poteva accompagnare sul suo terreno. Giunti in un punto si fermò e indicò il punto dov’era la sua buca. Eravamo ad un paio di cento metri dal fosso della Moletta. «Dall’altra parte vedevamo i tedeschi e a volte ci prendevamo a fucilate. Qui – ricordava – a fianco a me, un mio compagno morì soffocato dalla pressione del terreno, perchè poco distante cadde un colpo di cannone, probabilmente dell’Anzio Annie o Anzio Express, come lo chiamavamo noi. Raccontò che a volte dovevano muoversi in avanti e sapevano che il terreno era stato minato dai tedeschi. «Ci muovavamo a piccolo passi stando attenti a dove mettere i piedi, per non saltare in aria».
In seguito mr Webster volle vedere il ponticello. Lo accompagnammo Francesco Bacoccoli, il figlio Fabio ed io. Indicò il punto nel fossato asciutto dove si piazzava con la mitragliatrice. «Di notte invece, venivo a dormire qui sotto». Non finì di parlare che scavalcò il muretto e scese giù scivolando tra rovi e calcinacci. Per aiutarlo a risalire scesero anche i Bacoccoli, padre e figlio.
Nel 1990 cambiai di nuovo ufficio, anzi, a seguito della pubblicazione del libro “Quei giorni a Nettuno” di cui sono co-autore con Francesco Rossi, e dopo un paio di mostre allestite per il commune di Nettuno, impiantai il Museo dello sbarco alleato e fui assegnato come “Curatore del Museo”. In quell’ambito le ricerche dei luoghi della storia si motiplicarono fino al pensionamento nel 2009 che però non ha significato la fine della mia “missione”. Infatti continuo ancora oggi, ogni domenica alle 9,00, a guidare gruppi interessati alla nostra storia.
Silvano Casaldi