L’intervento di Giampiero Castriciano sui meno abili
Disabilità culturale
Sul numero scorso del Pontino abbiamo pubblicato l’articolo della signora Fiorenza Flavi che da mamma raccontava le difficoltà che incontrava per suo figlio Luca, un bambino disabile. Ora in merito ci è arrivata la lettera di Giampiero Castriciano, da sempre impegnato nella tutela dei diritti dei disabili.
“La testimonianza della signora Fiorenza Flavi, mamma di Luca, un bambino disabile, mi stimola a fare un po’ di riflessioni. Quanto riferisce la signora, conferma ancora una volta che il problema principale della disabilità è essenzialmente un problema culturale e politico che, per le sue carenze ed incapacità, è ben lungi ancora oggi dal fornire adeguate soluzioni al riguardo. Non si tratta tanto di carenze normative poiché esistono molte leggi che affrontano il tema in modo compiuto e razionale. E’ anche vero, tuttavia, che spesso esistono norme ricche di tanti buoni propositi difficili da mettere in pratica e, secondo me, anche un po’ troppo fuori dalla realtà che andrebbe peraltro affrontata in maniera più pratica e naturale. Ciò che manca è innanzitutto l’accettazione psicologica di una condizione fortemente connessa alla natura umana. Manca una visione di ampio respiro per un problema fortemente complesso e articolato che comporta invece un livello di preparazione talvolta completamente sconosciuto alla mediocrità dei nostri tempi.
Fiorenza Flavi, come mamma, pone una domanda importantissima: “Quando diventi genitore di un figlio disabile, la prima cosa che ti chiedi è che cosa posso fare per lui, quali sono le strutture migliori per rendere più lieve la sua disabilità?” Schiere di specialisti, che spesso hanno conosciuto la disabilità soltanto sui libri, si sono arrovellati per fornire una risposta “scientifica”. Questa domanda esige, per contro, esclusivamente una risposta semplice, quanto essenziale e ragionevole: “Fa’ in maniera che tuo figlio, compatibilmente con la sua disabilità, possa vivere sempre una vita quanto più normale possibile fra persone normali”.
E’ appena il caso di ricordare che le disabilità non sono tutte uguali e che il loro livello di gravità va da quello più lieve a quello più invalidante tanto da rendere la persona totalmente non autosufficiente e non autonoma. Allora, in correlazione al grado di disabilità, si potrebbe presentare la necessità di individuare strutture e servizi che siano in grado di accompagnare la persona nel suo percorso per il recupero dell’autonomia e per l’inclusione sociale. La progettazione e la realizzazione delle strutture e l’attivazione dei vari servizi devono essere sempre intesi come volti alla piena integrazione delle persone disabili e pertanto devono essere il risultato di molteplici interventi tutti coordinati ed integrati tra loro.
Il sistema della scuola, dell’attività sportiva e riabilitativa, dei centri diurni, le politiche del lavoro, dell’assistenza, del sostegno familiare, dei trasporti e perfino l’arredo urbano e la gestione dell’intero assetto delle cittàdovrebbero ispirarsi al comune obiettivodel benessere delle persone e della piena e solidale inclusione sociale. Per fare tutto questo occorre una programmazione non solo nazionale ma soprattutto locale la cui caratteristica principale sia quella di una visione d’insieme ampia, aperta e soprattutto priva di qualsiasi pregiudizio.
E’ vero che già molto si è fatto ma siamo ancora lontani da una soddisfacente soluzione di questi problemi. La giustificazione ricorrente del perché non si realizzi tutto ciò è sempre la stessa: non ci sono i soldi. Evito di fare polemiche perché sappiamo benissimo che governanti ed amministratori locali sanno dove trovare i quattrini per ben altri fini e progetti. Ciò, invece, è indice non solo di mancanza di capacità politiche e preparazione culturale ma anche di miopia economica. Pare che sia fuori dalla loro portata intellettuale comprendere che l’investimento nel settore del sociale avvierebbe un circuito virtuoso oggi tanto utile per la creazione di posti di lavoro e di introiti fiscali per le casse comunali e nazionali.
Senza allontanarci troppo dal nostro territorio, possiamo assistere ad un’assenza quasi totale dell’amministrazione comunale in questo settore così delicato ed importante. Nessun tipo di progettazione seria e pluriennale, rispondente alle necessità delle famiglie e delle persone disabili, è stata intrapresa.Nemmeno una ricognizione preventiva, una sorta di censimento delle disabilità è stata avviata per programmare razionalmente a livello locale strutture e servizi calibrati in rapporto alle effettive esigenze”.
A.S.
Il villaggio western fu costruito nel centro di produzione Dino De Laurentiis
Lo chiamavano Trinità
Il comune di Vallepietra il 18 agosto prossimo festeggerà Il film “Lo chiamavano Trinità” perché alcune indimenticabili scene sono state girate nel 1970 a Campo della Pietra (Vallepietra). Particolare interessante per Pomezia è che il villaggio western fu invece costruito negli studi di produzione della Dino De Laurentiis sulla via Pontina.
Il consigliere comunale di Vallepietra David Fulvio residente a Pomezia ci ha detto:
“Nell’agosto del 1972, in piazza Italia a Vallepietra fu proiettato il film “Lo chiamavano Trinità” con Bud Spencer e Terence Hill, considerato un classico del cinema italiano, un vero e proprio capolavoro! Diede vita ad un sottogenere, il “fagiolo western”. Vallepietra ha un legame sublime ma imprescindibile con “Lo chiamavano Trinità”, con il Santuario Santissima Trinità e il riconoscimento del fagiolone come presidio “Slow Food” e la vicinanza ai luoghi dove furono girate alcune delle scene dei film.
Come amministrazione comunale in collaborazione con la Proloco dedichiamo il giorno 18 agosto a ricordo del film, con il seguente programma: - ore18.00 presso il Campo di Pietra per affiggere una targa in ricordo del film;
- ore 21.00 in piazza Alfio Focolari da Italia’S got talent 2021. Tributo a Ennio Morricone e Sergio Leone con i ballerini del gruppo Country Westfamily.
Invitiamo i numerosi compaesani residenti nell’area Pontina e tutti gli amici di Pomezia e dei comuni limitrofi che vorranno partecipare a questa simpatica iniziativa, sarà anche l’occasione per vivere una giornata di relax in uno dei borghi più belli del Lazio”.
T.R.
Autovelox su via Di Vittorio
Penso sia giusto porre all’attenzione della cittadinanza e dell’amministrazione comunale la situazione riguardante via Giuseppe Di Vittorio, la strada che collega il quartiere Nuova Lavinium con Viceré e Torvaianica Alta.
Una strada pericolosa a causa del superamento dei limiti di velocità, sulla quale si verificano spesso sorpassi non consentiti che mettono in pericolo tutti gli utenti della strada. Lo dico perché su questa strada si sono verificati gravi investimenti, a seguito dei quali ci sono state anche delle vite spezzate, l’ultima delle quali a febbraio 2021. A distanza di mesi dall’ultimo tragico evento, il pericolo su quella strada persitite.
Essa è infatti una strada frequentata da molti runners, anche per la presenza dell’accesso non convenzionale alla riserva della Sughereta, sulla quale continuano a verificarsi sorpassi a velocità elevate. Dunque nulla è cambiato in termini di rischiosità e pericolosità. Vorrei dunque capire perché ancora non si sia proceduto con le contromisure necessarie a far rispettare le regole.
Il comune di Pomezia valuti celermente la richiesta di installazione di dispositivi di controllo della velocità (autovelox) lungo la strada, oltre a procedere ai lavori di adeguamento degli attraversamenti pedonali sul percorso, dotandoli di un’adeguata illuminazione notturna, su modello degli attraversamenti di Via Campobello.
Andrea Buratti, responsabile Italia Viva Pomezia