Il Litorale • 18/2019
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ANNO XIX - N° 18 - 16/31 OTTOBRE 2019 Il Litorale Pag. 29
S i m p o s i o
LIBERO INCONTRO ARTISTICO CULTURALE
MA ATLANTIDE… DOV’ERA?
con Alfredo Bacchelli
dolcimento, per così dire, della caduta morale di quest’ulti-
mo, omicida sì ma solo per un gesto di auto-distruzione. Se
la costruzione drammatica di Bizet appare meno cruda della
novella, è tuttavia perfettamente funzionale alla dimensione
teatrale con una progressione che, dal descrittivismo già per-
corso da presagi di morte del primo atto, giunge, attraverso la
disfatta di Don Josè, all’epilogo violento e risolutivo. La ca-
ratterizzazione spagnola della musica non funge da accesso-
rio coloristico ma è parte integrante e necessaria. La Spagna
creata da Bizet è infatti, prima ancora che un luogo geografi-
co (peraltro mai visitato dall’autore) il luogo della psicologia
umana, il luogo della passionalità e dell’istinto, dei conflitti
primari: Amore e Odio, Libertà e Legami, Maschio e Femmi-
na. Ed è in questi dualismi, in questa doppia connotazione
che va ricercata l’universalità dell’opera e dei due caratteri di
Don Josè e di Carmen. Poiché più che la sensualità fiammeg-
giante (habanera e seguidilla), in modo più attuale è l’inaffe-
rabilità della stessa ad avvicinare e legare Josè, quel suo darsi
e negarsi continuamente a definire il loro rapporto. Le carat-
teristiche che superficialmente definiscono il personaggio di
Don Josè, tipico “maschio mediterraneo” incapace di ricom-
porre un’immagine della donna che non sia angelo materno o
diavolo tentatore, hanno modo di sgretolarsi nel finale dell’o-
pera. Bizet, infatti, ci pone di fronte alla lacerata introspezio-
ne di Josè, finalmente conscio della propria inadeguatezza a
vivere un’esistenza separata da quella della celebre sigaraia,
tanto da preferire, per debolezza e per disperazione, l’annien-
tamento di entrambi. Da ciò si deduce che Carmen era fatal-
mente destinata ad essere un fatto unico, un insondabile pro-
digio. Essa sola parve conoscere il segreto passaggio “oltre le
colonne d’Ercole, là dove il mondo strapiomba nel nulla lu-
cente” come acutamente scrisse il Confalonieri.
PROLOGO. Non vi stracciate le vesti cultori della matema-
tica, né urlate al crucifige del gnurant di turno. Le leggi fon-
damentali restano intatte, i numeri primi sono sempre primi
(anche se talvolta affetti da solitudine), i prodotti notevoli re-
stano tali, integrali e derivate esistono, anche se resta da chia-
rire cosa sono e a cosa servano. Nella mia profonda ignoran-
za di tutto quello che ha a che fare con la matematica (in se-
parata sede potrei raccontarvi della mia prova alla maturità,
quando l’esaminatore, sull’orlo di una crisi di nervi, mi chie-
se “Lei cosa vuole fare dopo il diploma?” e alla mia risposta
“Lettere” mi disse “Vada, vada”), nella mia profonda igno-
ranza – dicevo – sono sempre stato affascinato da quelli che a
me sembrano i risvolti filosofici della matematica: so che esi-
stono i numeri immaginari (ad esempio radice quadrata di
meno tre), non so assolutamente perché sia così, so solo che
è così perché una volta ce lo disse in classe il professore. E
allora, lasciatemi immaginare. Immaginiamo di sottoporre
ad analisi semantica la proprietà commutativa (credo si possa
parlare di regola) Invertendo l’ordine dei fattori il prodotto
non cambia. I fattori (che non sono i gestori delle fattorie né
le gradazioni di protezione delle creme solari) sono in fondo
numeri: 6x4 = 24 (vaghe reminiscenze delle tabelline), il pro-
dotto è un risultato. Stando alla proprietà commutativa anche
4x6 dà 24. Fin qui tutto bene.
OLGA MISIK. Ma c’è una ragazza in Russia, si chiama Ol-
ga Misik (17 anni), che sfida le forze dell’ordine, non con
slogan antigovernativi contro le limitazioni alla libertà d’e-
spressione, ma leggendo ad alta voce articoli della costituzio-
ne. Ora la costituzione russa del 1993 è la più moderna al
mondo e, almeno sulla carta, la più progressista. L’articolo 3
recita: Detentore della sovranità e unica fonte del potere nella
Federazione Russa è il suo popolo plurinazionale. Ma allora
perché la povera ragazza è stata arrestata e denunciata? Era o
non era una rappresentante di quel popolo multinazionale che
protestava contro la poca (o nulla, nel suo caso) libertà d’e-
spressione? Nella mia ottica Olga Misik è un fattore! E il
prodotto è stato l’arresto e la denuncia. Allora cos’è che non
quadra? L’ordine, cioè la valutazione gerarchica dei fattori,
l’importanza che viene loro assegnata, il modo in cui vengo-
no giudicati.
IL VOCABOLARIO TRECCANI, IN NOSTRO AIUTO.
Qui cominciano le divagazioni semantiche: spulciamo il vo-
cabolario Treccani: Con riferimento all’intera società […
l’ordine è] il rispetto delle leggi e delle istituzioni. [Es.:] tute-
lare, garantire l’ordine pubblico, turbare, sovvertire l’ordine
pubblico. Nel 1831 il ministro degli esteri francese Horace
Sébastiani rispondeva al Parlamento a proposito della brutale
repressione dell’insurrezione polacca da parte dell’impero
russo affermando: “L’ordine regna a Varsavia”. Quale ordine?
E magari, visto che ci stiamo divertendo con divagazioni se-
mantiche, chi aveva dato quell’ordine, chi lo aveva eseguito?
LA LEGGE E L’ORDINE. Non dimentichiamo che la mi-
gliore traduzione dell’espressione inglese Law & Order (sì,
proprio quelli dei serial televisivi) è “stato di diritto”. Lo sta-
to di diritto, espressione coniata dalla dottrina giuridica tede-
sca nel XIX secolo, è quella forma di stato che assicura la
salvaguardia e il rispetto delle libertà dei cittadini.
OLGA MISIK E LO STATO DI DIRITTO. Chi ha rispet-
tato e salvaguardato i diritti e le libertà di Olga Misik? Nello
stato che vanta la costituzione più progressista al mondo è
bastato uno scossone al modo di giudicare i fattori (snaturan-
doli: ha commesso un reato) per deformare il prodotto e sov-
vertire lo stato di diritto. (continua)
L’articolo è disponibile per intero nella cartella “file” della
pagina “Amici del Simposio di Lavinio”
Dal nord, Padova, pre-
stigiosa e preziosa pre-
senza al Simposio: arri-
va Saveria Chemotti a
presentare il suo ultimo
libro. Saveria Chemotti,
nata in provincia di
Trento, vive e lavora a
Padova. Grande esperta
di letteratura moderna e
contemporanea e di let-
teratura delle donne, è
docente di Letteratura
italiana di genere e del-
le donne all’Università
di Padova e coordinatri-
ce del Forum per le po-
litiche e gli studi di ge-
nere dell’Ateneo Pata-
vino. Dirige le collane
di studi “Soggetti rivelati. Ritratti, storie, scritture di donne”
e “Graphie” per la casa editrice Il Poligrafo e la collana di
narrativa “Vicoli” per la casa editrice Cleup. Numerosi i suoi
saggi sul Romanticismo italiano ed europeo, sulla narrativa e
la poesia del Novecento italiano e dopo aver dedicato molte
ricerche, con relative pubblicazioni, alla storia e alla scrittura
delle donne, nel 2014 Saveria Chemotti esordisce come nar-
ratrice. La passione di una figlia ingrata (L’Iguana 2014) è la
sua prima opera letteraria. La passione del titolo corrisponde
al percorso di sofferenza e di amore compiuto dalla protago-
nista per “lasciar andare” la madre, affetta da un male che la
priva della sua identità e della sua memoria. Il libro è struttu-
rato in quattordici stazioni, una “via crucis”, che costringe
questa figlia, con un passato di studi puntigliosi e un presente
di successo, a fermarsi, a rivisitare il passato, a fare i conti
con se stessa, con la sua storia condizionata dalla difficoltà di
comprendere sua madre, rifiutata dalla madre naturale, ma
molto amata da quella adottiva. È il racconto di un’agonia, fi-
sica per l’una e spirituale per l’altra, che si confronta con la
rabbia, con lo smarrimento ed ineluttabilmente anche con
l’incomunicabilità, ormai, ma anche con la comprensione,
con la misericordia ed il perdono. Ti ho cercata in ogni stanza
(L’Iguana 2016). Con questo secondo romanzo l’autrice dà
voce a due personalità agli antipodi, Berta e Lydia, il bianco
e il nero, unite da un amore di sorellanza, da un legame non
di sangue ma di anima e di cuore: un’amicizia sigillata nel
percorso di studi e di creazione di una propria identità di don-
ne negli anni della contestazione sessantottina, della scoperta
dell’emancipazione femminile, della consapevolezza di ap-
partenere a un mondo femminile che riscopre il proprio valo-
re e la propria forza. Sullo sfondo le rispettive famiglie, Berta
di modeste origini e Lydia di famiglia benestante, e il rappor-
to con le madri alle quali le figlie non vogliono assomigliare
ma alle quali rivolgeranno poi uno sguardo indulgente. Berta
e Lydia studiano, si informano, sviluppano capacità critica e
si ribellano, forti di una nuova consapevolezza di genere. Sa-
rà poi un incontro/evento a segnare drammaticamente il de-
stino di Lydia e Berta dovrà far appello alla sua forza per da-
re un senso a tutto il dolore che ne seguirà. Maternità ed edu-
cazione/rapporto sentimentale femminile, relazioni fra donne
sia in verticale madre/figlia/nonna) e sia in orizzontale (com-
pagne di scuola, amiche, colleghe), sono tratti fin qui comuni
della narrativa di Chemotti. Siamo tutte ragazze madri (L’I-
guana 2018) chiude la trilogia che ha per oggetto la maternità
e le relazioni al femminile. Qui il tema della maternità assu-
me però una diversa connotazione (Rosa appartiene “a una
brutta razza di donne”, ha 16 anni, studia e rimane incinta),
ma anche qui una donna elabora un progetto di vita fatalmen-
te interrotto da un incontro/evento apportatore di sofferenza e
difficoltà, finché a pareggiare i conti e ad indicare una strada
di salvezza non appare la figura e di un’altra donna che, forte
della sua esperienza di vita, suggerirà: “[…] Non dovremo
più aver paura della tenerezza e della passione. Non generia-
mo solo bambini: realizziamo progetti, ci riprendiamo il
STORIA E LEGGENDE. Fino dai tempi della scuola senti-
vo parlare di Atlantide come di un luogo immaginario: una
leggendaria città dai tetti d’oro che in tempi preistorici avreb-
be sviluppato tecnologie avanzate e, pur se collocata oltre le
Colonne d’Ercole, avrebbe dominato il Mediterraneo con le
sue navi. Col passare degli anni, l’idea che quella non fosse
una realtà del passato ma solo un mito fra i tanti dell’antica
Grecia aveva finito per prevalere sull’ipotesi che almeno una
parte dei racconti su Atlantide avesse un fondamento di verità.
L’APERTURA VERSO IDEE DIVERSE. Più avanti, all’e-
poca in cui frequentavo la facoltà di Ingegneria, venne di mo-
da un filone di libri-documento (o supposti tali) che parlava-
no di antiche tecnologie perse nelle pieghe del tempo, di in-
terventi di alieni nella storia dell’Uomo e forse anche nella
sua creazione. Alcuni di questi erano anche avvincenti e pia-
cevoli da leggere, come quelli di Peter Kolosimo, un autore
oggi quasi dimenticato che scrisse libri allora famosi come
Ombre sulle stelle, Terra senza tempo e Continenti perduti.
Letture affascinanti per uno studente d’ingegneria come ero
io e che mi hanno avvicinato all’idea che la storia della Terra
e dell’Uomo fosse più complessa di quella banale e antropo-
centrica riportata dalla letteratura “ufficiale”. E la lettura del
notissimo Chariots of the Gods di Erich Von Daniken non
poteva che rafforzare questa idea.
DUBBI E CERTEZZE. Nello stesso periodo ho cominciato
ad avere notizie su oggetti, trovati in varie parti del mondo,
che sembravano incongruenti con i tempi e luoghi nei quali
apparentemente erano stati costruiti: i cosiddetti OOPART
(Out Of Place Artifacts). E di oggetti così ne ho trovati tanti,
anche se molti solo in fotografia; ma già i pochi che ho visto
da vicino sono bastati a farmi capire che qualcuno nel passa-
to conosceva e usava conoscenze e tecnologie incongruenti
con la storia ufficiale. Il “Meccanismo di Anticitera”, che è
stato trovato nel relitto di una nave greca affondata verso l’i-
nizio del primo secolo A.C. e che ho visto dal vero al museo
archeologico di Atene, è un esempio clamoroso di OOPART.
Negli ultimi anni è stato analizzato da vari istituti universitari
nel mondo ed è risultato che si tratta di un calcolatore mecca-
nico della posizione dei pianeti nel cielo e forse altro. E non
solo è realizzato con un complesso di ingranaggi di una raffi-
natezza di progetto e di lavorazione che è stata raggiunta solo
nel XIX Secolo, ma denota anche una conoscenza molto ac-
curata del moto apparente dei pianeti da parte del suo proget-
tista. Come si concilia tutto questo con lo sviluppo della
scienza e della tecnologia che ci vengono insegnati dalla
Scuola? E’ semplice: non si concilia! La loro esistenza (come
quella delle “pile di Baghdad”) ci conferma che in alcuni pe-
riodi nel passato sono state usate tecnologie del tutto incoe-
renti con la storia che conosciamo.
Domenica 27 ottobre - ore 17.00
ATLANTIDE. In anni più vicini, dopo aver studiato la storia
e la geologia di Santorini per un romanzo che stavo scriven-
do, ho seguito con interesse le indagini approfondite che al-
cuni studiosi stavano svolgendo nel mare dell’isola per capire
se fosse possibile che la leggendaria Atlantide si trovasse lì.
Così ho ricominciato ad interessarmi alla famosa città perdu-
ta, ho letto i dialoghi di Platone che parlano di Atlantide (il
Timeo e il Crizia) e tanti altri documenti sia a favore che con-
trari all’ipotesi che quanto da lui narrato avesse una base di
verità. Poi, negli ultimi quattro anni, varie scoperte in diverse
parti del mondo mi hanno permesso di ricostruire nella mia
mente un quadro organico e coerente di notizie su Atlantide e
sulla sua fine. E in queste ultime settimane, dopo averlo ar-
ricchito con i ritrovamenti più recenti, ho deciso di esporre le
mie conclusioni in una presentazione con la quale cercherò di
illustrare questo quadro a chi avrà l’occasione e la pazienza
di ascoltarmi. Abbiamo ritrovato Atlantide? Beh, ognuno po-
trà trarre le sue conclusioni dopo avermi ascoltato.
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi di tutti gli interessati
Invertendo l’ordine dei fattori
il prodotto può cambiare!!
Un divertissement semantico/1ª parte
Giancarlo Marchesini
SCRITTURA AL FEMMINILE
Rubrica aperta a tutti
Cammini di donne
contemporanee con
SAVERIA CHEMOTTI
di Ivana Moser
mondo. Adesso lo sai cosa significa essere ragazze madri. A
che punto è il giorno (Apogeo Editore 2019) interrompe il
modello letterario del romanzo e Saveria Chemotti ci coin-
volge (mente e animo o cuore) nella sua scrittura di diciotto
racconti, preceduti da altrettante ouverture. Racconti nati nel
corso di dieci anni di scrittura parallela a quella dei suoi ro-
manzi e dei saggi critici, diciotto situazioni di vita di donna,
storia di una vita nella vita di altre, dedicato “Alle mie ami-
che. Sorelle vicine e lontane”. “Scrivere per travasare la no-
stra eredità, il bagaglio pesantissimo che ci è stato trasmesso
dalle nostre madri, dalle generazioni precedenti, dal patriar-
cato persistente, ma soprattutto il frutto delle nostre lotte con-
tro l’emarginazione e l’esclusione identitaria, alle nuove ge-
nerazioni. Raccontando stralci del nostro passato nell’espe-
rienza delle donne che sono protagoniste dei miei racconti,
affondando le mani nelle vicende che abbiamo attraversato,
nelle idee che ci hanno sorretto, ho cercato di comporre un
messaggio di forza e non solo di speranza proprio per le gio-
vani donne che ancora oggi si battono per affermare la loro
soggettività.” (cit. Saveria Chemotti). Saveria Chemotti rac-
conta sì di donne, ma racconta rivolgendosi a donne e uomi-
ni, anche per riuscire a trovare intese nella diversità ed un
nuovo cammino insieme. Del resto i suoi romanzi e racconti
sono popolati di presenze maschili accanto a quelle femmini-
li. Quella voce poco fa (Iacobellieditore settembre 2019): ul-
tima opera letteraria di Saveria Chemotti, tutta da scoprire
nel nostro incontro con la scrittrice.
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