Non è chiaro, in termini giudiziari, perchè il Comune di Anzio sia stato sciolto
Conoscere per deliberare
Come tristemente noto l’Amministrazione Comunale di Anzio è stata sottoposta ad un provvedimento di una gravità eccezionale in democrazia: è stata privata,per un considerevole lasso di tempo, dei rappresentanti eletti: è stata “commissariata per infiltrazioni mafiose” l’unico comune, insieme a Nettuno, della Regione Lazio ed uno degli 11 comuni commissariati nel 2022 dei 7901 comuni italiani. Sono provvedimenti che vengono presi dopo una lunga ed approfondita osservazione dei fatti gravissimie delle circostanze necessari per costruire la prova di reato. Infatti l’operazione di Polizia denominata “Tritone” ha fatto una retata di 63 persone che la Magistratura sta giudicando presso il Tribunale di Velletri. Le accuse sono: “associazione per delinquere di stampo mafioso, narcotraffico internazionale per “colonizzare” anche il tessuto economico-produttivo locale, infiltrazione nella politica”. Tra le ipotesi di reato a vario titolo contestate dai PM di Roma, Giovanni Musarò, Francesco Minisci e Alessandra Fini, c’è anche l’estorsione aggravata e la detenzione illegale di arma da fuoco, oltre alla fittizia intestazione di beni e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Reati aggravati dal metodo mafioso. Fatti gravissimi che seguiranno il loro iter giudiziario. Continuo però a ricercare le ragioni che hanno portato all’annullamento della rappresentanza politica di Anzio e lo faccio non perché avessi una grande opinione degli eletti al Comune di Anzio, tutt’altro, ma perché credo che la Democrazia sia una cosa seria che non può essere gestita a colpi di servizi televisivi. Certo è che il reportage della Sette offre uno spaccato in cui i tratti di alcuni personaggi sono definiti in modo inequivocabile ma la Democrazia non funziona con i giudizi degli spettatori, anche quando essi appaiono inequivocabili, perché esiste un ordine, quello giudiziario, deputato a chiamare reato un comportamento ed a definire il prezzo da pagare per averlo commesso.
Il decreto di scioglimento parla chiaro “Sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hannoesposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti,compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività comunale; Rilevato che la permeabilità dell’ente acondizionamenti esternidella criminalità organizzata ha arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettività e ha determinato la perdita dicredibilità dell’istituzione locale;” Se i termini hanno un significato le ragioni serie e pesanti che motivano lo scioglimento non si ritrovano nei reati attribuiti agli imputati del processo di Velletri se non con un generico “infiltrazione della politica”,che non definisce un pressante condizionamento con grave pregiudizio dell’attività amministrativae degli interessi della comunità, che è un concetto ben determinato che va oltre la politica. Per quanto è possibile leggere nelle notizie di stampa non è chiaro chi si sia fatto condizionare, arrecando danni alla Comunità e perché lo abbia fatto e, seguendo, su Radio Radicale, le udienze del processo, non sembra che si stia perseguendo chi ha commesso questi reati. Non è mia intenzione cadere nel facile trabocchetto di alludere a colpevoli e ne, tanto meno, di trarre conclusioni a cui solo la Legge, coi suoi strumenti, deve giungere.
Io continuo a chiedermi: se nessuno eletto o nominato fra i rappresentanti della Giunta e del Consiglio Comunale è nella lista dei 63 imputati a processo, perché il Comune di Anzio è stato sciolto? Questa perplessità è condivisa da molti cittadini di Anzio ed il diritto alla perplessità è ben giustificato se agli stessi cittadini è stata annullata la loro scelta elettiva e se non vengono loro fornite le ragioni giuridiche di tale grave provvedimento. Quei cittadini che tra qualche mese saranno chiamati ad eleggere nuovi rappresentanti ed a cui il “sistema Stato” dovrebbe essere nelle condizioni di far “conoscere per deliberare”, secondo lo storico fondamentale della politica di Luigi Einaudi. I cittadini debbono sapere, per esempio, se coloro che si ripresenteranno per essere rieletti facciano parte di coloro che si sono fatti condizionare ed in che modo e se abbiano perso la credibilità oltre che l’onorabilità necessarie per essere eletti o rieletti. E questo non può essere il giornalista della Sette, con la sua naturale ricerca del sensazionale, a dirlo ma il “sistema Stato” quello che ha deprivato il Comune di Anzio dei rappresentati, ottimi, mediocri o mezze calzette, ma che sono stati eletti secondo il principio inderogabile per cui ogni popolo elegge i rappresentanti che si merita: si chiama Democrazia.
Sergio Franchi
Quando si vuol far passare per diritto un atto di egoismo
Diritti e barbarie
In Italia si vive una realtà che anche se qualche volte è tragica ed altre volte spensierata resta sempre una realtà basata su di una provvisorietà sociale permanente, è come se questo Paese sia destinato a non raggiungere mai un equilibrio sociale virtuoso e stabile, tale da durare nel tempo. Siamo sempre a discutere di riforme, come se il mondo costruito in circa 80 anni di democrazia, non abbia raggiunto uno stato di perfezione accettabile. Ogni governo propone riforme che spesso non fa o che fa solo allo scopo di modificare provvedimenti presi dal governo che lo ha preceduto. Cosi si parla di diritti, di diritti a tutto ma si è completamente perso il significato ed il valore dell’impegno e del dovere e della loro preminenza nella necessità di costruire strumenti sociali forti e condivisi. La battaglia per i diritti è sulla bocca dei demagoghi di ogni specie perché i diritti sono strumenti cheservono a prendere ma che non a dare.Poiché l’interpretazione delle vicende umane è sempre legata alla propria visione del mondo ne deriva che tendono a diventare diritti tutte le cose che ci fa piacere avere. Ma la sociologia definisce diritti umani in termini abbastanza delineati come concezione socio-filosofica atta a garantire condizioni inalienabili fondamentali dell’uomo sociale. Li riassumein diritto alla vita, diritto alla libertà individuale e collettiva, diritto all’autodeterminazione, diritto alla proprietà, diritto ad essere giudicati equamente, diritto di credere e di praticare il proprio credo e, diritti recentemente maturati: il diritto alla protezione dei propri dati personali ed il diritto ad esprimere la propria volontà politica attraverso il voto.
L’evoluzione e la carta costituzionale hanno ampliato e meglio delineati i diritti civili con il diritto al lavoro, alla sicurezza sociale, all’educazione, alle cure mediche ecc. Non credo che possa definirsi diritto nessuna aspirazione la cui soddisfazione possa anche nel modo più minimale creare danno e nemmeno il benché minimo disturbo ad un altro essere vivente. Nei dibattiti e nelle manifestazioni di piazza non ho avuto sentore che qualcuno reclamasse il diritto di essere libero, oppuredi votare per il proprio partito e, nonostante questo diritto non sia sempre adeguatamente concesso, nemmeno il diritto di essere giudicati equamente. Vedo cartelli e slogan che rivendicano il diritto alla propria identità sessuale ma non riesco a trovare nessuna ragione ostativa al libero esercizio del diritto alla propria identità ed a quello di viverla nel modo che si è scelto. Che possano esistere attriti in certi ambienti nei confronti di chi fa scelte di vita diverse da quella che è ritenuta essere la normalità, resta un problema di carenza culturale che non può essere modificato con le leggi ma che deve evolvere senza remore, con il tempo e con l’educazione. Ma è un diritto quello di utilizzare gli strumenti per concepire un figlio, di concepirlo, di sentirlo vivere nel proprio grembo e quindi di disfarsene come fosse un oggetto usato che non serve più? Chi da il diritto ad una donna, se non giustificata da forti motivazioni, di interrompere una vita al suo sbocciare? Quando la legge sull’aborto libero fu emanata dal Parlamento italiano, c’erano i telefoni a gettoni e la televisione in bianco e nero. Le donne ricorrevano alle mammane che con 50.000 Lire le liberavano dal problema ma che spesso vi lasciavano la pelle.Il grado di conoscenza delle donne era limitato, i metodi anticoncezionali erano, scomodi, di difficile reperimento e decisamente poco affidabili e le condizioni economiche non erano come quelle di oggi. Ha senso oggi, quando esiste anche la pillola del giorno dopo, oltre a mille altri metodi di controllo del concepimento, definire un diritto della donna di liberarsi di un essere che ha cominciato a vivere? Ma l’evoluzione aberrante del concetto di diritto ha portato alcune persone a considerare, come esercizio naturale e praticabile, anche quello di concepire un figlio attraverso l’utilizzo di un corpo estraneo al proprio o del proprio partner ed a farlo pagando la persona che presta il servizio.
Dove è il diritto? Dove è scritto che sia un diritto quello di avere un figlio? Come si può avere diritto di concepire dietro una transazione commerciale che utilizza un altro essere umano come contenitore usa e getta? Assistere alle ridicole spiegazioni di due ricchi “padri” che pretendono di far credere di mantenere contatti amorevoli con una madre che vive in una periferia del Messico non è solo ridicolo è anche offensivo, quasi come è offensivo, per l’intelligenza di chi ascolta, sentir dire che la donna ha tenuto in grembo un bambino per 9 mesi, poi le è stato portato via ed allontanato e che lo ha fatto per altruismo. Questa non è evoluzione, è barbarie e, spesso, arroganza del più ricco. Non è evoluzione perché la natura umana vive un complesso equilibrio e lo vive su propri ritmi e propri significati biologici; violentarli magari in forza di una decisione presa da un Parlamento non potrà mai essere un diritto ma, nel migliore dei casi, un atto di egoismo. Dover decretare per legge che violentare la natura è proibito è già una forma di aberrazione perché significa che la norma deve impedire ciò che la logica naturale non è più capace di fare.
Sergio Franchi