SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
Una bellissima giornata di armonia.
Chi studia musica lo sa. Chi vuole imparare a suonare lo strumento che ha scelto, e poi sognare di diventare un solista virtuoso, lo sperimenta quotidianamente: la grammatica della musica è essenziale per poter leggere uno spartito e per registrare le proprie invenzioni. Da momento creativo spontaneo che nasce in piena libertà, può tradursi per essere realizzato in atto compiuto, solo se si posseggono gli strumenti tecnici per farlo.
Nel concerto di domenica scorsa, i saggi musicali esibiti dai giovani allievi del Liceo Chris Cappell evidenziavano, già dall’inizio, il non semplice processo di apprendimento che non riguarda solamente lo strumento musicale scelto. È un esercizio costante, che per un musicista durerà tutta la vita e implicherà la sua completa abnegazione. Tuttavia, al di là della tecnica, non dimentichiamo mai di accompagnare i giovani in questo difficile cammino di conoscenza.
Giuliana
Un Concerto degli allievi di chitarra
del Liceo Musicale "Chris Cappell College"
Domenica 5 maggio, presso la Chiesetta delle Suore Agostiniane di via Venezia ad Anzio organizzato dal Simposio per commemorare la figura di Ettore Malosso suo fondatore.
Dopo una breve introduzione del prof. Antonio D'Augello, si sono esibiti i giovani chitarristi: Massimo Marinelli, Francesco Moroni, Michele Grillo, Manuel De Biasio, Matteo Perri, Jacopo Tamburrini, Massimo Vezzi, Giada Colangelo, Dario Ricinelli, Luca Mattia Calderoni, Davide Quartullo, Giulia Ioana Liceti Iach, Alessandro Di Stefano, Marco Bannoni, Lucia Setaro, Giovanni Petriconi, Luca Thinh Maoli.
In chiusura l'intera orchestra di Chitarre, diretta dalla professoressa Gaia Camilla Laforgia ha interpretato il Celebre Minuetto di Luigi Boccherini.
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Parole e contenuti
di Giancarlo Marchesini
L’antefatto. Ricordate quegli slogan che sbattevamo in faccia alla gente ai tempi del Movimento? Qualunquista, revisionista, imperialista, borghese, ecc. Quanti di questi avevano un contenuto reale? A giorni alterni, nel ’69, alla facoltà di lettere si formava il “serpentone”: una sfilata attraverso il grigio atrio e le scale i cui partecipanti urlavano a squarciagola: “Fascisti, borghesi… ancora pochi mesi”. Mi chiedevo: “Ma perché pochi mesi? Perché non adesso, subito”? E tutti a concionare sul Presidente Mao, sulla Lunga Marcia, sulla Baia dei porci, sui Barbudos. Il vero potere in facoltà era rappresentato dai bidelli che avevano le chiavi delle aule in cui fare appassionati sit-in. E i prof che facevano a spallate per profilarsi più a sinistra dei loro colleghi. E noi che tutto bevevamo e sputavamo sentenze!
Parole e contenuti. Mi sono reso conto di quanto questi slogan fossero parole senza un contenuto reale quando, all’estero, mi sono trovato a tradurli. Ma come si fa a dire in tedesco qualunquista? Ti accorgi che non c’è un termine adatto. Lo puoi solo descrivere. E allora ti avvedi che questa nozione trasportata in altre realtà sociali, è priva di contenuto, come il Capaneo di Dante, un pallone gonfiato.
Proprio questo è il problema: è possibile inserire di pari peso un concetto in una realtà sociale e culturale diversa da quella in cui è nato?
Largo al semiotico Il semiotico russo Jurij Lotman ha introdotto la nozione di semiosfera per indicare l’estensione geoculturale di più sistemi (lingua, arte, scienze, ecc.). Nel nostro caso specifico, quello dei sistemi linguistici, ci sono dei punti in cui le semiosfere si toccano o si intersecano. Ed è qui che avvengono le traduzioni. Un termine non consueto in una lingua viene introdotto alla periferia della sua semiosfera. Qui viene saggiato dai parlanti e se comunemente accettato viene trasportato al centro della semiosfera stessa, quello della lingua di tutti, insomma la lingua delle “accademie”.
Tradurre o descrivere? Potremmo quindi dire che la difficoltà di tradurre, ad esempio qualunquista, in un’altra lingua è la misura di quanto questo termine sia astratto e accettato soltanto all’interno di una specifica realtà sociale. Altro esempio: in Svizzera vengono definiti “Partiti Borghesi” quelli che per noi sarebbero i movimenti appartenenti all’arco costituzionale. Vaglielo a spiegare, agli svizzeri, che per Marx la borghesia è una classe che si oppone in modo assolutamente polarizzato al proletariato!
Tentativi, soluzioni? Forse per far capire a un interlocutore straniero il termine qualunquista dovremmo usare l’espressione “piccolo borghese” e ci accorgiamo che l’inglese ricorre alla radice francese bourgeois (petty bourgeois). Insomma, è un papocchio in cui si intersecano più lingue e in cui mai saremmo sicuri che la nostra traduzione rispecchia il contenuto iniziale. Per un anglofono un petty bougeois è un rappresentante della classe medio-bassa, refrattario alle innovazioni e che quando si tratta di denaro pensa soltanto alla salvaguardia del suo gruzzolo. Ma non, ripeto NON una persona che non vuole essere coinvolta politicamente, che pratica un laissez aller generalizzato. Certo i due termini sono apparentati ma non identificano lo stesso contenuto.