Marx e il capitalismo. Che dire poi dell’uso che Marx fa del termine Bourgeoisie (scritto con la B maiuscola come richiede l’ortografia tedesca)? Per Marx la borghesia non è la classe media (quella di Max Weber) ma il capitale che detiene i mezzi di produzione!
Mi scuso con il mio lettore per averlo trasportato in un cerchio diabolico di significati paralleli e al contempo divergenti. Roba da mal di testa al quadrato che manco Aldo Moro sarebbe riuscito a padroneggiare!
Tutti i nodi vengono al pettine. Però. Però, perché beviamo senza discernimento tutto quello che ci propinano i nostri influencer? Perché accettiamo, anzi andiamo a cercare narrazioni divergenti su argomenti cruciali? L’intelligenza artificiale è una cosa buona o pericolosa? I lupi o gli orsi assassini vanno abbattuti o curati? Lo scioglimento dei ghiacciai è un pericolo reale? Le narrazioni pro e contro costituiscono altrettante “traduzioni” che si intersecano su contenuti che, a seconda del traduttore, vengono considerati reali o fittizi. E noi stiamo in mezzo senza l’aiuto di un vocabolario che ci garantisca se chi sta parlando è uno scienziato o una cassandra. Quando i ghiacciai dell’Antartide e della Groenlandia si saranno sciolti, la corrente del Golfo si sarà completamente arrestata e Parigi sarà divenuta una città polare, non ci sarà più niente da tradurre, contenuti devastanti in tutte le lingue!
Domenica 19 Maggio 2024 - ore 17.00
Chiesetta Suore Agostiniane, Via Venezia, 19 - Anzio
ARTE e LIRICA
di VINCENZO CORSI
Relatore PAOLO LONGO
Legge MARIA GRAZIA VASTA
Un Lunedì tedioso
Mentre medito
sfrega le zampe
un grillo verde.
Attendo immobile
un Lunedì tedioso.
Vincenzo Corsi
INTERMEZZO MUSICALE
con
PAOLO LONGO - Piano
VINCENZO CORSI - Contrabbasso
RITORNO IN AFRICA
di Rita Salimbeni
I colori delle donne, Djibouti
(République de D. - Corno d'Africa)
foto www.valentinagobbi.it
Cari amici di penna, in occasione del 25 maggio, data in cui ricorre l’Africa Day, la celebrazione indetta nel 1962 dall’Organizzazione Intergovernativa dell’Unione Africana, ho piacere di raccontarvi la mia avventura, il mio viaggio nel continente nero.
Dopo sei anni di assenza, io e Gianni, finalmente siamo riusciti a tornare in Kenya con grande emozione. Dopo un lungo viaggio estenuante, perché questa volta abbiamo fatto due scali a Parigi e a Nairobi, per raggiungere Mombasa, siamo arrivati e mancavano tre valige su quattro imbarcate.
Potete immaginare la sorpresa, lo sdegno e l’agitazione. Fatta la denuncia all’ufficio preposto, finalmente siamo usciti dall’aeroporto dove ci aspetta l’autista Sharak, che con una macchina comoda e
pulita ci ha portato a Malindi con due ore e trenta di viaggio. Dal finestrino scorrevano le immagini di vita africana che non avevo dimenticato. Impresse nella memoria da sei anni, sono riaffiorati vecchi ricordi rimasti sempre vivi. Scorrevano immagini di alberi altissimi, vegetazione lussureggiante, che ti facevano pensare di non essere in Africa, perché le piogge cadute fino a poco tempo fa hanno reso possibile la nuova crescita del verde. Bambini che camminavano ai bordi della strada molto trafficata con a guinzaglio non un cane, come verrebbe da pensare, ma una capretta, ben legata per non perderla, visto che chi la possiede qui è benestante.
Tra gli alberi nascoste capanne di mattoni fatti con acqua, fango e paglia, alla vecchia maniera e levigate a mano, oppure capanne di lamiere con una sola piccola finestra molto alta, un tetto di makuti e qualche volta una porta.
Ai bordi della strada uomini e bambini in fila indiana per raggiungere la loro casa, a piedi scalzi sotto il sole. Le donne con i vestiti colorati sfavillanti camminano con in testa il solito contenitore giallo da venti litri di acqua buona da portare a casa, nel villaggio più vicino.
La nostra meta, il Resort Mwembe è stato raggiunto. Siamo stanchi, sudati, accaldati ma felici con negli occhi la gioia di stare sulla nostra terra rossa. Purtroppo per i primi tre giorni molti disagi per non avere le nostre tre valige.
Ma io previdente nel nostro bagaglio a mano avevo messo l’occorrente necessario per poterci cambiare e andare in piscina a rilassarci.
L’Africa ti dà molto, ma pretende da noi tanto, in cambio dei disagi ti offre una vita meravigliosa tra natura, bimbi sorridenti e alberi meravigliosi, i famosi Baobab. L’Africa è tutta da vivere.
YOUNG SOPHIA
Il pensiero dei giovani
EDUARD HANSLICK E
“Il bello musicale”
di Gianluca Farulla
Università La sapienza Roma ex allievo L.M. Chris Cappell College
UN’ESTETICA
“SPECIFICAMENTE” MUSICALE
Nella seconda metà dell’Ottocento l’idea romantica, della concezione della musica come espressione di sentimenti, viene superata dall’approccio positivista che esalta la ricerca scientifica.
La tecnica sarà considerata da ora non solo semplice mezzo, ma, essenza e sostanza stessa dell’opera. È un atteggiamento di “scientificizzazione” degli studi musicali e dell’affermarsi di discipline che intendono indagare empiricamente particolari aspetti dell’arte musicale e il sorgere di nuovi studi di acustica, di storiografia e psicologia musicale.
Già in Hegel, in Schopenhauer, e in altri pensatori si possono individuare germi che conducono ad una concezione formalistica e intellettualistica della musica, però bisognerà aspettare fino alla metà ‘800 affinché questi germi si sviluppino in un pensiero coerente, nella figura di Eduard Hanslick, critico, storico della musica e padre del Formalismo musicale e del suo saggio “Il bello musicale”.
(vedi E. Fubini, L’estetica musicale dal settecento ad oggi)
EDUARD HANSLICK, PADRE DEL FORMALISMO MUSICALE
Il Formalismo, è una teoria estetica che, basandosi sul principio di “asemanticità” della musica, si pone in maniera antitetica nei confronti della musica romantica. La musica, in realtà, non rimanda a nulla se non a sé stessa e alla sua componente materiale, formale e tecnica che costituisce anche il suo significato profondo.
Nella prima metà dell’Ottocento svariate erano le fonti riguardanti il pensiero musicale. Legate sempre ad altre attività di pensiero e accumunate dal fatto che gli scritti sulla musica erano stati sino ad allora opera di filosofi, poeti, letterati e critici, inesperti dal punto di vista pratico e tecnico. Hanslick, al contrario, parla da profondo conoscitore della musica e dei suoi problemi, ma soprattutto da competente, le trame dei suoi scritti non lasciano più spazio a linguaggi metaforici e fantasiosi. Al loro posto subentra la concisione del tecnico, la freddezza analitica dello studioso e la precisione di linguaggio di chi è solito esaminare problemi ben definiti.
Domenica 26 maggio 2024 – 0re 17.00
Simposio in via Venezia, 19 - Anzio
UN DOPOGUERRA
DI SACRIFICI E DI
RINASCITA
con Francesco Bonanni
Il Secondo Dopoguerra è stato caratterizzato da una gran voglia di tornare alla normalità. Il nostro era un Paese vinto a seguito della partecipazione ad una folle Guerra dalla quale, sia nel caso di una improbabile vittoria con l’Alleato Nazista che nel caso di una dolorosa sconfitta come avvenuto, avremmo avuto tutto da perdere.
Difatti una eventuale vittoria di Hitler ci avrebbe condannato ad una servile sudditanza nei confronti della Potenza germanica.
La nostra partecipazione in questa terribile Guerra è stata caratterizzata da una situazione tragicomica: l’Italia nel settembre del 1939, al momento dello scoppio del Conflitto, risultava Alleata non Cobelligerante della Germania e nel settembre 1943 si è poi trovata nella condizione di Cobelligerante non Alleata degli Anglo-Americani.
E questo perché dopo la Resa Incondizionata imposta dai Vincitori il 3 settembre 1943, e dichiarata ufficialmente il successivo giorno 8, il nostro Paese si trovava giuridicamente nello Status di Nemico arreso senza condizioni. Situazione che terminò solo con il Trattato di Pace firmato il 10 febbraio del 1947 ed entrato in vigore, dopo le varie Ratifiche dei Paesi Cobelligeranti, solo il 16 settembre dello stesso anno.
In questi tre anni l’Italia è stata nella condizione giuridica di un Paese vinto e quindi sottoposto al pieno controllo delle Autorità Militari Alleate.
All’epoca una figura di spicco fu il Colonnello Statunitense Charles Poletti.
Poletti oltre che Militare è stato un Politico Italo-americano, militante nel Partito Democratico, nato nel Vermont da Emigranti Lombardi.
Dopo aver ricoperto la carica di Assistente Speciale del Segretario alla Guerra, col grado di Colonnello, nel luglio del 1943 fu inviato in Italia al seguito delle Truppe di occupazione Alleate e, per la sua profonda esperienza amministrativa, venne nominato Capo degli Affari Civili della VII Armata Statunitense.
In tale ruolo ebbe un rilevante Potere nella gestione della Politica interna dell’Italia che si trovava nella condizione di Paese vinto ed occupato.
Fu una figura piuttosto controversa. Durante il suo mandato di Direttore degli Affari Civili dell’AMGOT (Allied Military Governmet) fu sospettato di aver favorito il Movimento Indipendentista Siciliano.
Nella Sicilia occupata dalle Truppe Alleate il 90% dei Sindaci nominati da Poletti erano esponenti dalle fila del Movimento Separatista o addirittura della Mafia.
Per quanto riguarda la collaborazione offerta dalla Mafia al Colonnello Statunitense è emblematica la nomina nel 1943 a Sindaco di Villalba del noto Boss mafioso Calogero Vizzini.
È stato un capitolo triste della nostra Storia.
Da Paese vinto, oltre ai morti a e alle distruzioni, l’Italia ha pagato la sua sciagurata partecipazione alla Guerra, con la conseguente sconfitta, anche con Rinascita del potere della Mafia.
Ma per un paradosso tutto italiano dalle distruzioni e dalle miserie materiali e morali del Conflitto sin dall’immediato Dopoguerra il nostro Paese ha gettato le basi non solo per una sua rapida Rinascita ma addirittura per una Crescita economica tale da annoverarla tra le maggiori Potenze Industriali.
Fu il cosiddetto Miracolo Economico realizzato grazie alla tenacia e alla volontà della Classe Lavoratrice italiana sapientemente guidata da un Classe Dirigente di grande valore impersonata da personaggi del calibro di Alcide De Gasperi e di Luigi Einaudi.