Il fenomeno del lavoro non in regola resta una piaga tutta italiana
Poveri in nero
Le statistiche e gli slogan politici continuano a raccontarci di milioni di poveri che si aggiungono ai milioni già esistenti. Chi arrivasse in Italia venendo da Marte si aspetterebbe di trovare una situazione sul territorio tragica con migliaia di affamati nelle strade; una situazione certamente molto peggiore di quella che si vive nel mondo reale. Negare l’esistenza di sacche di povertà in aree ben note e definite della popolazione sarebbe fare cattiva informazione, ma continuare ad alimentare il bollettino della povertà con continui e drammatici incrementi è catastrofismo politicamente strumentale.
Quando vengono fatte le statistiche sui consumi natalizi e sul numero dei vacanzieri sembra si parli di un Paese florido e non di un popolo ridotto alla canna del gas. Non intendo certamente negare che esistono considerevoli sacche di povertà in Italia ma voglio tener anche conto che i calcoli statistici relativi allo stato sociale vengono fatti su rilevazioni numeriche, su dati rilevati che misurano attività lavorative e compensi che intervengono tra gli operatori economicied i cittadini. Quello che la statistica non misura è ciò che non avviene o che è come se non avvenisse. E’ facile desumere che un benestante che riceva cospicue e non dichiarate somme contanti di danaro verrebbe qualificato come “povero” assoluto e rientrerebbe nel novero di quei 5 milioni di poveriche la statistica attribuisce all’Italia. E cioè tre volte quelli che c’erano nel 2006.
Per meglio comprendere il fenomeno giova ricordare che secondo il metro di misurazione “una persona è considerata relativamente povera se dispone di un reddito medio netto inferiore a 640 euro al mese. Una famiglia con un figlio a carico è considerata relativamente povera con un reddito medio netto di 1400 euro al mese” che è lo stipendio di un ingegnere al primo impiego presso la pubblica amministrazione ed il doppio di quanto guadagna un ricercatore precario. Ho l’impressione che l’Italia utilizzi metodi europei di valutazione della povertà a fronte di stipendi italiani. Ma il fenomeno che fa sballare ogni statistica è quello del lavoro nero e cioè quello che non esiste ai fini fiscali come non esistono le somme che lo compensano. Un fenomeno gravissimo che rende inaffidabile ogni forma di valutazione socio-economica. Conosco personalmente molti nulla tenenti, italiani, comunitari e non, che guadagnano almeno 2500-3000 euro netti al mese, che rientrano nella categoria dei poveri assoluti e non esistono per il fisco e per chi gestisce la previdenza e l’assistenza di questo Paese.
Non esistono, non pagano nessun ticket sanitario, nessun contributo scolastico, ricevono contributi di solidarietà, alcuni continuano ad utilizzare l’auto con targa estera e percepiscono il reddito di cittadinanza. L’ho verificato anche personalmente di recente quando, alla ricerca di una colf ad ore per un contratto a tempo indeterminato, ho trovato giovani donnedisposte a lavorare solo in nero.
Il mondo si è rovesciato: il lavoratore rifiuta che il datore di lavoro lo metta in regola. Ho deciso di fare un’indagine più approfondita e ne ho ricavato che la quasi totalità delle colf della nostra zona lavora in nero, molte di loro rifiutano di essere dichiarate all’INPS perché hanno un marito che lavora in proprio come giardiniere, muratore, idraulico senza partita IVA o cameriere e sempre in nero, percepiscono il massimo di reddito di cittadinanza e sono esenti da ogni contribuzione. Sono eccezioni? Niente affatto: in molte zone dell’Italia centro meridionale sono la regola. A parte le colf, vorrei chiedere quante persone ricevono una fattura fiscale per un piccolo lavoro di muratura o per una riparazione eseguita da uno dei tanti operai che lavorano in zona e quanti preferiscono, invece, pagare meno piuttosto che avere la fattura per il lavoro che è stato eseguito. Quel danaro versato non esiste ed il suo percettore non lo ha mai ricevuto.
Ma il fatto più grave, molto più grave è che anche il medico spesso incassa senza rilasciare una ricevuta fiscale e così l’avvocato ed il commercialista. Chi afferma il contrario è male informato o non è in buona fede. Certo che bisognerebbe chiederne conto all’INPS ed a chi è deputato al controllo fiscale e spero che qualcuno comincerà a farloprima o poi. A fronte di un reddito dichiarato e tassato gli italiani, nella loro globalità, percepiscono una notevole quantità di miliardi di euro frutto di attività non dichiarate e quindi statisticamente inesistenti, quelle che rendono molto meno poveri coloro che la statistica ci indica come tali. Certo esiste la povertà in Italia e poi esiste il sommerso e cioè tutto quello che le statistiche non sanno e che purtroppo il sistema pubblico non è capace di scovare. Miliardi di euro che nascondono evasione fiscale e dietro i quali finti poveri vivono una vita agiata o quanto meno decente a scapito della comunità che contribuisce regolarmente a finanziare la cosa pubblica.
Sergio Franchi
Un argomento che divide la politica italiana ma che ha scarso peso operativo
Le armi all’Ucraina
Il peggiore guerrafondaio è quello che auspica la resa di un paese aggredito, specialmente se il paese aggredito non è il proprio. Sentire gli interventi dei parlamentari del movimento 5 Stelle sull’invio di armi all’Ucraina, decisione che peraltro fu presa quando governavano l’Italia, rappresenta un altro esempio plastico della volatilità caratteriale e dell’inconsistenza politica di questo partito. Se l’intento, come sembra,è quello di vedere sconfitta l’Ucraina ed il prevalere della Russia di Putin, i Grillini non hanno nulla da temere: le decisioni prese dal Parlamento Italiano in termini di aiuti militari, sono scarsamente influenti.
Una politica che spazia dalla sciocchezza delle armi da difesa a quella di fermare la guerra per aprire un tavolo di pace, come se arrendersi significhi trattare la pace. Purtroppo con le parole si fa la diplomazia ma la guerra si fa con le armi e solo di fronte ad un equilibrio sul campo si può auspicare una trattativa equa; l’alternativa è la bandiera bianca a cui il Santo Padre ha fatto un riferimento a mio avviso poco opportuno.
Se coloro che discutono in Parlamento di questi problemi e tifano per Putin fossero in grado di fare le analisi delle situazioni geo-militari e avessero qualche cognizione di ciò su cui stanno decidendo, dovrebbero dormire sonni tranquilli perché se l’Italia interrompesse il flusso di armi all’ Ucraina, l’esercito di quel paese non se ne accorgerebbe nemmeno.
L’Italia destina al bilancio comune di difesa l’1,22% del PIL molto al disotto del limite minimo previsto dagli accordi NATO del 2%. Per quanto riguarda l’entità degli aiuti militari all’Ucraina l’Italia, secondo l’osservatorio del Kiel Institute for world Economy, è al 25 posto nella classifica, in termini di Prodotto Interno Lordo, con un misero 0,04% dopo paesi come la Grecia, La Slovenia, Norvegia, Portogallo, Svezia. Slovacchia, Spagna, Francia, Croazia ecc. Quindi, quando i parlamentari Grillini si scatenano in Parlamento contro il Governo affinché interrompa gli aiuti militari nella speranza che l’Ucraina si arrenda dovrebbero tener in conto sia l’insignificanza degli aiuti italiani ma ancor più ricordare che gli ucraini stanno difendendo la propria terra. Ma, se ne fossero capaci, dovrebbero anche entrare nel merito del tipo di armamento che l’Italia fornisce all’Ucraina. Ribadisco il concetto che se le armi possono servire come deterrente esse non possono mai essere definite da difesa,perché il masochismo non esiste nellatattica militare ed ogni arma deve servire per prevalere: un carro armato si difende e resiste all’attacco al solo scopo di poter successivamente colpire il nemico. L’Italia ha partecipato con aiuti militari all’Ucraina in forma di “pacchetti”; nel febbraio 2024, con 218 voti favorevoli e con 42 contrari (M5S e AVS) è stato approvato l’ottavo pacchetto.
Per avere un’idea in termini di numeri, a livello europeo, la Germania, additata al pubblico ludibrio per spilorceria nei confronti degli aiuti all’Ucraina, ha stanziato 3,3 miliardi di aiuti contro i 700 milioni dell’Italia di cui solo 150 sono relativi al materiale militare. Il contenuto dei pacchetti è stato sempre secretato ma, considerato il quadro generale dell’armamento nazionale e l’importo economico impegnato, possiamo escludere la fornitura di armi particolarmente sofisticate e costose o sistemi d’arma completi molto avanzati. Il Governo, a cui spetta l’implementazione del deliberato parlamentare, procede attraverso decreti interministeriali. Vengono individuati materiali ed armamenti che spesso sono posti fuori linea o sono in surplus e vengono accantonati per la spedizione in Ucraina.Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha infatti dichiarato esplicitamenteil 25 gennaio 2023, durante un’audizione parlamentare, che “l’Italia dovrà comprare di nuovo le armi che ha spedito gratuitamente all’Ucraina”.
Quindi i costi calcolati sono riferiti in buona parte sia alla logistica relativa alla consegna che al reintegro delle scorte. Questa, nell’economia operativa, significa svecchiamento e disponibilità per l’impiego di materiale nuovo e moderno. Non si può fare politica internazionale con il pacifismo remissivo, sarebbe come fare l’agnello in un branco di lupi. Da quando esiste il mondo l’uomo con la clava ha sempre assalito quello senza clava e lo ha battuto; che la deterrenza rappresenti lo strumento di pace unico ed insostituibile lo dimostra l’aggressione russa all’Ucraina che avviene prima che la stessa entri nella NATO, perché se la Russia l’avesse fatta dopo sarebbe stato un suicidio. Ma la deterrenza è quella che ha garantito la pace in Europa per quasi 80 anni. Se l’Europa non comprenderà che solo fermando i Russi in Ucraina si potrà ristabilire la pace, non ci sarà futuro e se gli starnazzi degli incapaci e degliirresponsabilidovessero prevalerein un Europa lenta ed indecisa, le sorti dell’Ucraina saranno segnate e quelle dei paesi limitrofi riproveranno l’atmosfera della cortina di ferro.
Sergio Franchi
Furto di pneumatici
I Carabinieri della Stazione di Anzio hanno arrestato quattro persone, di 18, 22 e 29 anni, tra cui una ragazza di 19 anni, tutti italiani, gravemente indiziati di furto aggravato in concorso.
La scorsa notte, la pattuglia dei Carabinieri è intervenuta in via delle Viole, nel territorio del comune di Anzio, a seguito di una chiamata al 112 N.U.E. che segnalava un furto in atto su un’autovettura.
I militari, che da alcuni giorni erano sulle tracce di una cosiddetta banda che rubava gli pneumatici dalle auto parcheggiate a bordo strada, giunti sul posto, con l’ausilio di un’altra pattuglia della Compagnia di Anzio, hanno sorpreso i quattro ragazzi, mentre erano intenti a smontare le ruote posteriori di una Fiat 500 L, in sosta.
Immediatamente bloccati, e perquisita l’auto a loro in uso, i Carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato, attrezzi da meccanico utilizzati per lo smontaggio degli pneumatici e diversi mattoni, che avrebbero poi utilizzato e lasciato sotto l’auto vandalizzata.
Per questo motivo, i quattro indagati sono stati accompagnati in caserma e successivamente condotti dinanzi all’Autorità Giudiziaria, per il giudizio direttissimo, dove al termine dell’udienza, il Giudice ha convalidato l’arresto e disposto l’obbligo di firma in caserma per tutti e quattro.
Si precisa che il procedimento versa nella fase delle indagini preliminari, per cui gli indagati deve considerarsi innocenti fino ad eventuale sentenza definitiva.