SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
1° OTTOBRE
Iniziava la scuola in tutta Italia. In quel giorno le strade si riempivano di un’allegria incontenibile e solo in pochi erano restii a condividere la “festa”. Il grembiulino nero, che tutti indossavano, non smorzava la vita esplosiva di ogni bambino. I volti spiccavano sul candido collettino di picchè che illuminava occhi e sorrisi, esaltando i sentimenti di ognuno, e la personalità dei diversi caratteri emergeva sincera e spontanea.
A denotare origini più o meno agiate, era solo la cartella, di cartone o di pelle. Anche i quaderni erano uguali per tutti, con la copertina nera e il dorso rosso. In quell’apparenza anonima era contenuto un mondo, che appariva come un tesoro misterioso da svelare fin dalla prima pagina, nella trepidazione dell'incertezza: file ordinate di lettere singolarmente insignificanti si sarebbero unite in parole, dando vita alle proprie riflessioni. Nascevano le prime esperienze creative e i pensieri, ancora timidi e semplici, si animavano liberamente nelle accattivanti matite colorate. E ogni tanto, qualche imperdonabile macchia d’inchiostro e le terribili "orecchie" agli angoli delle pagine sgualcite, mortificavano quei tentativi di ordine e bellezza. Imparare a scrivere con il pennino e l’inchiostro richiedeva un’abilità che si maturava lentamente nel tempo: calligrafia era una materia che veniva valutata al pari di tutte le altre. Quelle righe che si restringevano di anno in anno ci insegnavano a contenere la scrittura ordinata, la stessa che avremo usato in età più adulta per scrivere un saluto, una lettera d'amore, un ricordo dal fronte di guerra, un addio.
Tante conquiste sono state fatte da quei tempi lontani, ma la nostalgia si affaccia a ricordare che il passato non può essere tutto cancellato, altrimenti sarebbe tempo trascorso invano.
Ricordarci che all'ingresso di un maestro ci si alzava in piedi per un saluto, può riportare l'attenzione sull’importanza del buon comportamento e del rispetto.
Ci sono cose da dimenticare, certo, ma tanti valori da ritrovare, virtù indispensabili per una convivenza che insegni ad essere rispettosi e gentili. Ogni giorno.
Giuliana
4 ottobre San Francesco
patrono d’Italia.
Giorno dedicato a tutti gli animali
Francesco d’Assisi, icona di Katarzyna Wolan, storica dell'arte e iconografa che vive sui monti Bieszczady, nel sud-est della Polonia.
«Qui in montagna la creazione di icone e il rispetto per la tradizione sono vivi e vegeti nella nostra cultura. L'iconografia è l'antica arte di creare e dipingere immagini sacre e deriva da due parole greche: eikon, un'immagine e graphos, una scrittura. Nel nostro linguaggio artistico diciamo che stiamo 'scrivendo un'icona' piuttosto che 'dipingendo un'icona'».
Il mio pensiero religioso attraverso la mia poesia pensando a Franceso
di Pino Pieri
"La tua voce"
Dentro il magico cerchio
di verdi tamerici,
ho ascoltato
la Tua purissima voce,
nel trillo festoso
di dolce uccellino: Eterno Signore.
«Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba».1
"Non so"
Non so quanti momenti
di cupo dolore
dovrò superare,
prima di giungere
al Tuo preziosissimo Abbraccio:
Eterno Signore;
ma so che mi offri
momenti di grande
stupore,
anche in questa magnifica
terra.
«Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione».2
1, 2, San Francesco d’Assisi, Laudes Creaturarum, 1224.
SUL PRINCIPIO
DELLE COSE
Spazio aperto alle riflessioni
di tutti
a cura di Adriana Cosma
LA CONFUSIONE DELL’IDENTITÀ
Qualche considerazione personale
UOMO E ANIMALE A CONFRONTO
Gli animali sono creature meravigliose connesse al mondo umano, sentono, si emozionano, soffrono e gioiscono come l’uomo. L’essere umano tuttavia è differente.
La coscienza, l’anima, lo spirito, la mente, la libertà
Nel tempo con l’osservazione, si è formata in lui la consapevolezza di questa “differenza” che è stata definita “coscienza”, ossia la consapevolezza del sé.
Sia nella visione occidentale che orientale la coscienza è considerata quella scintilla divina che è dentro di noi, la sostanza di dio che nasce dalla concezione della non dualità, cioè del monismo: unica sostanza esaltata dall’esperienza mistica, come in Platone, Advaita, Vedanta e altri. Nei secoli molto si è discusso sull’“anima” (Principio immateriale della vita nell'uomo, contrapposta al corpo e tradizionalmente ritenuta immortale, o addirittura partecipe del divino). Lo “spirito” secondo una concezione di origine sciamanica sarebbe quella parte immateriale dell’uomo che lo collega al divino, ma anche a spiriti universali che si incarnano in molte realtà umane mutaformi positive o negative o in manifestazioni soprannaturali del male e del bene.
Al contrario, per il pensiero idealistico di Hegel, lo “spirito” è il soggetto del divenire dialettico che dalla coscienza giunge all’autocoscienza e da questa all’“Assoluto” tramite un processo di momenti l’uno contro l’altro. In questa dinamica l’“Assoluto” si manifesta nel finito, e della risoluzione del finito nell’Assoluto.
Per la scienza, è nella mente che i meccanismi cerebrali complessi uniscono coscienza e capacità cognitive che ci permettono di riflettere ed elaborare in coesione con il resto del corpo. Ma in relazione agli altri meccanismi veicolati dalle emozioni e dai sentimenti.
Tutto ciò diventa facile preda di ‘Guide spirituali’ che nel tentativo di evidenziare la differenza fra l’uomo ed il mondo, ipotizzano improbabili divinità antropomorfe che ci avrebbero creato a loro immagine e somiglianza.
Già i primi filosofi cercavano nell’anima, la responsabilità del libero arbitrio.
Nella teoria dell’omuncolo, esiste un omino in miniatura dentro il cervello che indurrebbe ogni nostra cognizione. Ma… l’omino a sua volta come si giustificherebbe?
Altri ancora la scoprono nella “coscienza” considerata l’attività emergente. L’attività cerebrale è distribuita tra numerosi e specializzati sottosistemi, nessuno dei quali è conscio. Questi sottosistemi uniti formano un quid pluris, qualcosa di più rispetto alla somma delle sue parti, consentendoci di pensare, parlare e molto altro ancora. Gli scienziati nella loro ricerca pensano di averla scoperta in una parte della mente umana.
(Considerazioni liberamente tratte da
Breve storia dell’inconscio di Frank Tallis)
Gli animali
Oggi anche loro, più di ieri (eredità genetiche ed emulazione umana), in qualche modo “riflettono” sul come agire al meglio per ottenere uno scopo: tattiche di attacco e di dissimilazione, tecniche di accoppiamento quando sono allo stato di non cattività. Mentre l’animale domestico rende il meglio di sé quando sa prendersi gioco dell’uomo: vedi cani e gatti capaci di ogni atteggiamento per indurre noi umani alla compartecipazione per avere qualsivoglia attenzione e tra loro ci sono anche quelli che si offendono se non ci si comporta come loro si aspettano. Il tutto simile alla capacità emulativa di un bambino intelligente.
L’essere umano
Naturalmente l’uomo è diverso, qualitativamente e quantitativamente in senso cognitivo e sensitivo, ma a parte l’annoso problema della distinzione fra anima e coscienza e del dove si trovino entrambe c’è da chiedersi: come funzionano e a cosa servono. Perché a ben vedere “l’uomo superiore” è l’unico essere animato, “animale” caparbiamente intenzionato ad autodistruggersi travolgendo ogni simile e distruggendo il pianeta che gli dà la vita. Forse siamo dotati di troppe capacità in conflitto fra loro alla ricerca di una identità coerente che ci definisca e ci realizzi.
Inconscio, quella sfera dell’attività psichica che non raggiunge il livello della coscienza
CHE COSA È IL
RISCHIO?
Stare fermi nel pensiero
e nei luoghi
di Vincenzo Corsi
Al di là di tutte le definizioni ingegneristiche che incrociano percentuali e dati, io trovo che sia rischioso stare fermi. Stare fermi nel pensiero e nei luoghi. Per me è prudente esplorare anche in condizioni ostili e difficili. Era Giugno quando io ed Angelo, un mio amico che vive al terzo piano del palazzo dove vivo anche io, ci siamo incontrati sulla strada che porta a Piazza Pia ad Anzio. “Vince’, come stai?” disse. “Bene Angelo, sto leggendo un libro di trigonometria” risposi. Tutte le mattine mi reco al bar a scrivere e ricercare, sempre allo stesso tavolo. “Sto andando a sbrigare degli affari” disse Angelo.
Poi continuò: “Ad Agosto io e Pierpaolo, mio figlio, facciamo un viaggio in Germania con la bici”. Poi si fermò un attimo e aggiunse: “Vuoi venire?”. Nei dieci secondi che seguirono tra la sua domanda e la mia risposta provai tante emozioni: sarò in grado? Pensai. E ancora: quanto dovrebbe essere bello poter fare questa esperienza? Dopo una carrellata di pensieri dissi: “Sì, mi piacerebbe”. “Bene!” Disse Angelo: “Ce l’hai una bici?”. Io non giudico mai gli oggetti per la loro funzionalità oppure per quanto rendono nel lavoro che devono fare. Io amo gli oggetti per i loro dettagli, per il loro colore e per la poesia che trasmettono. Risposi: “sì!”. Avevo una vecchia bici con un telaio molto originale. Ricordava quello dell’Harley Davidson. Guardarlo mi faceva pensare ai racconti di Kerouac o alle atmosfere pulp di Bukowsky. Guidarla nel mio paesino di origine poi, a tratti mi faceva pensare a Il Postino di Troisi. A volte riuscivo a tenermi in equilibrio sulla ruota posteriore e la gioia era pari a quando dalle rotelle di supporto, da bambino passavi a tenerti in equilibrio su due ruote. Nel silenzio del muovermi su di lei pensavo alle tematiche della transizione ecologica e immaginavo città silenziose. Scenari futuri non caratterizzati da frastuoni tecnologici e velocità esasperate, ma da lentezza e da osservazioni silenziose. Paesaggi verdi che riverberano nell’osservazione interiore della propria misteriosa natura. Parlai ad Angelo della mia bici. Mi ascoltò con interesse e poi disse: “E’ di alluminio? Abbiamo bisogno di una bici leggera”.
Piombai nello sconforto perché compresi che se la mia bici non avesse avuto questa caratteristica, ancora una volta la poesia è l’amore non sarebbero stati sufficienti.
L’Amore ancora una volta, non è tutto.