Dopo lo sbarco degli americani alcune donne di Nettuno si sposarono con i soldati americani ed andarono in America
Le favole d’un tempo: Elsa Mariola e il principe azzurro
Elsa Mariola aveva cominciato a sognare il suo principe azzurro, quando aveva diciassette anni. Quel sogno fu subito spezzato, perchè il suo compleanno era coinciso con l’8 settembre del 1943: il giorno dell’armistizio e dell’occupazione tedesca a Nettuno. Il padre Ulderico mandò sua moglia Pierina (che era una Monaco) e Elsa, a Roma dalla sorella maggiore Lea che aveva sposato tre anni prima Edoardo Acreman. Lea e Edoardo avevano già una bambina: Stefania. All’annuncio della liberazione di Roma, cominciò con ogni mezzo la corsa del ritorno a casa. Uldericò tornò nella sua casa al Borgo e sistemò l’appartamento in attesa di Pierina e Elsa che lo raggiunsero qualche settimana dopo. Proprio in quel tempo il fratello prete, don Angelo Maiola, restò solo in casa, quella paterna di via Romana, al civico 35, con la sua ulcera che gli procurava un forte mal di stomaco, alla quale si aggiunse il peggioramento del diabete. Fu Ulderico a consigliare alla figlia Lea e al marito Edoardo, di trasferirsi in casa di don Angelo con la piccola Stefania. Col ritorno dei figli maschi Edmondo e Giacomo, che era stato prigioniero di guerra, la famiglia di ricompose e, come tutti gli altri, dovettero rimboccarsi le maniche per riprendere una vita normale. Proprio di fronte al Cimitero americano, nell’area attualmente occupata dal McDonald’s, Ulderico Mariola aveva un canneto ed è lì che Elsa si recava spesso, per portare il pranzo al padre, verso mezzogiorno. Elsa intanto aveva compiuto diciannove anni. Una jeep, con alla guida il soldato James Otto Klatt, uno dei quindici dell’unità di ricerca e registrazione salme, e il suo collaboratore intreprete italiano Ernesto Astorino, rallentò la sua corsa quando s’incrociarono con Elsa. ”Chi è quella bella ragazza?”
Alla domanda di James, l’interprete Ernesto rispose: ”Non la conosco, non lo so”. ”Puoi informarti per favore?” Continuò: ”Mi piacerebbe conoscerla, non scherzo”. ”Tu non scherzi ed io non faccio il ruffiano”. James non disse più nulla, ma il giorno successivo fece in modo di essere nello stesso posto, all’ora del pranzo. Voleva rivederla. ”Perché ci siamo fermati?” domandò Ernesto a James. ”Aspettiamo che passa la ragazza. Però se tu vuoi andare, vai. Io ti raggiungo tra un po’”. ”Va bene, resto con te”, annuì Ernesto. La videro che s’avvicinava con passo elegante, capelli al vento, sciolti, con il vestito chiaro con i bottini fino al collo. Lei gli sorrise. Il giorno dopo, Ernesto e James erano davanti il portoncino d’ingresso di casa Mariola, vicino la chiesa di S. Giovanni. Ernesto Astorino parlò così tanto che la povera Pierina non ebbe modo di far capire a quel soldato americano che la cosa le sembrava strana. I primi incontri perciò avvennero sotto la sorveglianza di mamma Pierina. A volte Ernesto si tratteneva con loro, poi quando James prese più confidenza e poteva pronunciare le parole semplici in italiano, Ernesto li lasciava soli. Al primo appuntamento lontani da casa, Elsa dovette portare con lei la nipote Stefania e rientrare in casa prima del ritorno di Ulderico e di Edmondo e Giacomo.
Per il matrimonio fu necessaria la dispensa papale. Quella mattina Elsa, era tranquilla, forse incosciente del passo che stava per fare. Indossava un abito bianco attillato, guanti bianchi, mantellina bianca, il velo che le scendeva dalla testa all’indietro e metteva in risalto i suoi capelli nerissimi. Niente collane, solo due grandi orecchini. Mentre stava per prendere in mano il bouquet di fiori sentì suonare il clacson, era Jim, il suo principe azzurro, con uniforme dell’esercito statunitense, che era arrivato con la jeep addobbata con i fiori. A gennaio del 1947 i novelli sposi partirono per l’America. Sulla nave però la camera di Elsa era ad un livello, mentre quella di Jimmy era in un altro livello: proprio come le favole d’un tempo.
Silvano Casaldi