SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
CANTI SENZA CONFINI
Siamo oppressi da tanto rumore, distruzione e morte, ma la natura indifferente sta iniziando il suo risveglio. Le giornate si sono allungate e sono più luminose. Dagli alberi ancora nudi inizia a scorrere la nuova linfa che ravviverà il loro aspetto. Piante e animali tutti oggi sappiamo che comunicano tra loro e già la mattina, ancor prima che schiarisca il cielo, gli assonnati cinguettii si chiamano per iniziare il canto più melodioso.
Anche in fondo al mare, tra l’accumulo dei nostri rifiuti, un concerto è animato della vita di chi vi abita. Le balene cantano… lo sapevate? Il Guardiano del faro ci stupirà con il racconto che segue, scritto casualmente in coincidenza con il 16 febbraio, giorno loro dedicato dal 1980.
Nelle campagne ancora si può sentire un canto umano, sovrastato dal rumore dei moderni mezzi agricoli o, meglio, era una volta che si cantava tutti insieme, nonostante la fatica. Era la gioia dei semplici, un canto che qualcuno tentò di recuperare finché le frontiere si sarebbero chiuse delimitando spazi differenti e straziando culture ataviche, come scopriamo nell'approfondita ricerca di Antonio D’Augello su Bela Bartok, il musicista nato il 25 marzo 1881 in una zona di confine, oggi Romania, ma allora parte dell’Ungheria.
Muri e confini dividono persone che faticano a comprendersi, separando linguaggi sempre differenti. Muri e confini che alberi e animali non conoscono.
Giuliana
I RACCONTI DAL FARO
IL CANTO DELLE BALENE
SUONI – Nel 1956 l’oceanografo Jacques-Yves Cousteau e il regista Louis Malle, francesi, realizzarono il film “Il Mondo del Silenzio”, premiato nell’anno successivo quale migliore documentario al Festival del Cinema di Cannes. Girato nell’ambiente sottomarino, il titolo era la testimonianza che, sino ad allora, era comune pensare alle profondità del mare come a luoghi acusticamente “muti”, privi di suoni. Quando la ricerca scientifica iniziò ad occuparsi di quel mondo con i primi idrofoni e idro-microfoni, fu sufficiente un solo decennio per dimostrare che non era quella la realtà. In particolare, tra la popolazione marina i cetacei si rivelarono fonte di una grande varietà di suoni (fischi e click ad alta frequenza, suoni lunghi a bassa frequenza, crepitii vocali). Si sarebbe scoperto che quei suoni erano emessi non casualmente, ma per scopi ben precisi. Ad esempio, si apprese che alcune specie di delfinidi (come i delfini e le orche) emettono dei click singoli per l’ecolocalizzazione (una specie di biosonar naturale per orientarsi, come i pipistrelli), mentre con gruppi di click o di fischi-firma entrano in contatto con altri individui;e che le balenoptèri di megattere producono suoni, in genere a basse frequenze, simili a canti melodiosi per comunicare tra loro, e che ritrasmettono quelli ascoltati.
LE MEGATTERE – Fu un biologo e ambientalista statunitense a iniziare nel 1967 uno studio sulle vocalizzazioni delle balene (ndr: con il termine “balena” si indica in senso lato ogni grande cetaceo) e, nello specifico, sulle megattere e sulle balenottere azzurre,per monitorarne migrazioni e comportamento. “Fiumi di suoni esuberanti e ininterrotti”, così Roger S. Payne (il nostro studioso) parlava delle megattere in immersione. Ipotizzò la teoria - poi confermata - che il loro “cantare” era il mezzo di comunicazione con i propri simili
Il “canto” della balena megattera (Megaptera Novaeangliae). è un suono profondo attutito dall’acqua, gutturale, lento, prolungato in crescendo e in diminuendo, penetrante e ammaliante, schioccante a volte. Indicandolo con la parola “canto” i cetologi volevano dare un senso all’insieme di suoni, prevedibili e ripetibili, prodotti dalle megattere, che faceva ricordare proprio il canto umano. Quello della megattera appare avere una forma strutturale molto complessa, dati i numerosi elementi acustici che lo compongono. Contiene brevi “frasi” composte da “unità” di suoni, le quali sono ripetute più volte per divenire un “tema”. I temi, “cantati”in ordine coerente, creano una vera e propria sequenza melodica. Solo i maschi ne sarebbero autori: durante la migrazione nel periodo dell’accoppiamento per attrarre le femmine (“cantando” per ore); per lanciare un avvertimento ai rivali; per segnalare ad altri individui una fonte di cibo. Forse un giorno i “suoni-linguaggio” delle megattere potranno essere decifrati dai sistemi informatici. Con un software applicativo, sarà forse possibile progettare uno specifico database (come per i traduttori automatici) per creare una sorta di alfabeto, con il quale addestrare un sistema di IA (Intelligenza Artificiale) a svelare il significato dei loro dialoghi.
MINACCIA – Nell’acqua del mare il suono viaggia circa cinque volte più veloce che nell’aria, mentre la luce vi si propaga ad una velocità inferiore rispetto all’aria. Questi due fattori hanno indotto molti organismi marini a sviluppare maggiormente il senso dell’udito rispetto a quello della vista. Nel nostro tempo, tale adattamento sensoriale è messo in pericolo dall’inquinamento acustico del loro habitat causato dall’attività umana (traffico nautico di grande stazza, indagini sismiche e geologiche sottomarine, trivellazioni del fondale per estrazione di idrocarburi, impianti eolici offshore, sonar nautici, attività militari, ecc.). I cetacei ne sono tra i soggetti più minacciati in quanto si servono della emissione di onde sonore (il loro biosonar) per orientarsi, per trovare le prede, per localizzare un partner, per evitare i predatori, oltre che per comunicare. L’inquinamento acustico ammutolisce letteralmente le megattere, causa spiaggiamenti di massa di numerose specie di delfini, e, in alcune forme, può uccidere, ferire i mammiferi marini in genere, o provocarne la sordità.
MOBY DICK: la vendetta - Le balene, giganti del mare e prede troppo facili, sono state inseguite, cacciate e uccise industrialmente sin dal XVI Secolo. Tuttavia, desideriamo ricordare un evento eccezionale, realmente accaduto: l’affondamento nel Pacifico nel 1820 della baleniera USA Essex ad opera di un aggressivo capodoglio, quattro giorni dopo che i cacciatori avevano tentato di arpionarlo. Fu quel fatto ad ispirare allo scrittore statunitense Herman Melville nel 1851 il famoso romanzo Moby Dick!
Il Guardiano del Faro
COMPRENDERE
FUORI DAI CONFINI
Béla Bartòk e la ricerca
del patrimonio musicale popolare/4
di Antonio D’Augello
Non basta l’Autobiografia
se si vuole comprendere l’originalità, la portata umana, la genialità di Bartok e le motivazioni che hanno determinato pluralità di scelte ed interessi che ne hanno fatto una figura unica, ma con infinite sfaccettature, nella storia della musica del Novecento.
Massimo Mila nella “Biografia”di Bartok si sofferma con attenzione sulla sua infanzia travagliata:
«[…] Se crediamo, con Pavese ed altri scrittori moderni, nella funzione dell’infanzia come serbatoio d’impressioni che si accumulano a formare nell’adulto l’inconscio tessuto dell’anima, è facile misurare la portata che dovette avere, nella costituzione del futuro musicista, il trauma psichico di quell’umiliante sfigurazione che lo segregava dalla compagnia e dai giochi dei coetanei, lo privava delle carezze materne, poneva una barriera disumana tra lui e il mondo esterno. Chi potrà mai esplorare i fantasmi che popolarono, nella notte dell’inconsapevolezza infantile, il buio di quella solitudine? Chi potrebbe misurare la portata delle conseguenze che ebbe, in quell’anima non ancora pervenuta alla luce della coscienza, la repressione crudele dei naturali istinti d’affetto e di socievolezza? Ma invece di germogliare in una nevrosi dell’uomo adulto, tutto ciò defluirà per segrete vie sotterranee nel derivativo dell’espressione artistica, e fornirà a quest’uomo così chiaro, così puro, così saldamente ancorato alla terraferma della ragione, la fonte misteriosa di quelle visioni allucinate, di quei brividi immateriali che fremono nella sua musica, simili a una divinazione ultrasensibile di misteri cosmici, e che fanno di Bartok un tipico artista visionario, della razza di Rimbaud, di Rilke, di Holderlin e di Novalis».
Dallo scritto del musicologo Massimo Mila, si evincono in nuce tutti quegli elementi che contribuiranno in maniera decisiva non solo alla formazione di Bartok come grande artista e ricercatore, ma che lasceranno un segno indelebile nella sua futura funzione di didatta.
L’importanza della musica nella formazione dell’individuo
Sicuramente l’attenzione all’infanzia e alla sua educazione rappresenta il risultato palese di un vissuto intenso e significativo che troverà un riscontro diretto e personale nella composizione del Mikrokosmos dedicato al figlio Peter. Per la prima volta dai tempi di Bach, l’arte dei suoni è svincolata da considerazioni di carattere estetico e trova nuove e svariate declinazioni in una logica tutta proiettata al futuro. Contribuirono esperienze politiche e di vita sociale a determinare atteggiamenti e idee per la creatività di Bartok.
YOUNG SOPHIA
Il pensiero dei giovani
***
Così umana non sono mai esistita
nelle apparenze
Devota come la tua mano sulla nuca
lo sguardo freddo racchiuso
tra le spalle strette.
È buio dove fa giorno nei miei pensieri.
Io sono così la vista felina
livida luce nell'iride.
Tremore umido negli occhi
Sono un gioco di Dio
danzo tra le anime
sorda dispersione di corrente.
Fedele all'Umana esistenza.
Una cagna bagnata che abbaia
contro la propria ombra
Gloria Sannino