SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
Il percorso della vita tra passato e presente.
“Racconti di chi c’era e di chi c’è”
Così Marilù, ‘la tamburina del Simposio’, ha battezzato il prossimo quaderno, il nostro dono di Natale. “Nostro” inteso di chi vuole essere amico del Simposio.
Un omaggio all’amicizia, per raccontare incontri di lunga data e persone che sempre rimarranno nel nostro cuore, ma anche nuovi incontri con i quali scopriamo il piacere di stare insieme, nelle parole e nell’ascolto. Perché, come dice Pino Pieri, che ha condiviso questa meravigliosa avventura fin dall’inizio, «Quando riusciamo ad aprirci all’altro, ci accorgiamo che l’altro è stato sempre dentro di noi» e come ribadito, molti anni dopo, dal giovanissimo Vito Dilillo «Con la stessa forza che ci tiene attaccati, io e te veri amici, avremmo la forza di lasciarci andare se uno dei due avesse bisogno di aria, perché l'amore è libertà e l'amicizia è la forma d'amore più grande che si possa avere».
Giuliana
Fra poco è Natale,
ma l’amico Giancarlo Marchesini
non ha potuto aspettarlo…
ci ha lasciato, portando con sé
i molti progetti che
stava preparando per il nuovo anno.
Giancarlo… un maestro e un amico.
La rubrica “Osservatorio linguistico”, da lui ideata e aggiornata puntualmente ad ogni uscita de Il Litorale, era un appuntamento atteso ed imperdibile, un intrattenimento piacevole, istruttivo, curioso e molto spesso divertente. Vi invito a rileggere alcuni dei suoi articoli per apprezzarne l’acutezza della scrittura nella scelta degli argomenti e per scoprire aneddoti personali autobiografici raccontati intono confidenziale, da una personalità inaspettatamente spiritosa. Era la parte inattesa di Giancarlo, un uomo tranquillo, misurato e limitatamente aperto al sorriso.
Un serio professore di Materie letterarie e Traduttologia, che negli ultimi 30 anni aveva insegnato all’Università di Ginevra, dove viveva durante la stagione invernale. Per l’amico Giorgio Pagliuca era «un’anima preziosa nella collaborazione con l’Istituto Italo-Tedesco».
E, per noi, il privilegio di assistere a conferenze intorno alle più svariate curiosità linguistiche, nonché una impensata nuova occasione quando ci fece dono di un’altra sorpresa: «Un mio interesse specifico per il cinema mi spinge ad ideare e curare, per il Simposio, la rubrica “Cinema d’autore”» proponendoci visioni di capolavori. Indimenticabile rimane il suo commento alla proiezione di “Medea” di Pasolini. E, nondimeno il teatro… e poi… il pianoforte… confessandoci, con velata nostalgia, di un’età ormai trascorsa nella quale si era mantenuto agli studi universitari suonando la sera in un piano-bar. Insomma, un’autentica “sapienza”, che vantava la sua più genuina formazione a contatto con le persone incontrate nei paesi più diversi, in viaggi dallo spirito avventuroso, affascinato da quell’apertura che i giovani di allora (erano negli anni Sessanta) stavano rivendicando, quando i “figli dei fiori” inneggiavano all’amore libero, contro una guerra che stava dilaniando le coscienze del mondo intero.
Nell’ultima telefonata, lo scoprii impegnato proprio sul tema dell’Amicizia, perché il suo nome non mancasse nel quaderno del Simposio di questo Natale.
Noi, suoi amici, continueremo a mantenere vivo di lui, oltre che il ricordo affettuoso, anche la sua rubrica, impegnandoci e provando ad essere altrettanto seri e divertenti, ma soprattutto responsabili.
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
I canti di Natale
Gennaio 2025
Retrospettiva di Giancarlo Marchesini
Non vi preoccupate. Non vi sto per ammannire un’esegesi di Tu scendi dalle stelle o, non sia mai (!), di Notte silente (brutta traduzione di Silent Night), brano esistente in tutte le lingue del creato più una e sul quale sono stati versati fiumi d’inchiostro.
Un caso personale. Sarà capitato anche a voi di alzarvi la mattina, raggiungere e tentoni la macchina del caffè e accorgervi che state canticchiando un motivo, un’aria che è sgorgata nella vostra mente senza accorgervene e che magari vi perseguiterà per tutta la giornata.
Chissà quale sogno, quale attesa, quale timore l’ha fatta prelevare dal vostro repertorio inconscio e riprodurre mentre, per disattenzione, fate cadere, imprecando, la tazzina del caffè ola rovesciate su una tovaglia pulita di fresco.
A lume di candela (Auld Lang Syne).
A gennaio inoltrato, mi sono svegliato canticchiando (nostalgia delle feste di Natale?) il Valzer delle candele che, nella tradizione anglosassone, è il brano con cui si abbandona il vecchio e si accoglie il nuovo anno). Tempo di valzer, sì (è indubbiamente un3/4) ma perché le candele? Storicamente per via di un riadattamento eseguito in un film americano (Il ponte di Waterloo). A mio parere, però, nell’immaginario collettivo le candele (vere o artificiali) rievocano le feste di Natale, i regali, i baci sotto il vischio, le speranze di un nuovo corso.
E visto che alla seconda tazza di caffè il valzer delle candele, continua a ossessionarmi, ci sono soltanto due possibilità di esorcizzarlo: mettersi al piano e suonarlo ad orecchio oppure scriverci sopra. La soluzione pianistica è impraticabile perché sono le sette del mattino di un qualsiasi giorno dell’anno e non voglio turbare il giusto riposo dei miei vicini. Allora scrivo. Ed ecco spiegata la genesi di questo articolo.
Il titolo originale è Auld Lang Syne, un antico brano scozzese che celebra l’amicizia. Auld è la versione scozzese di old (vecchio) e syne corrisponde al britannico since (da quando). Una traduzione della versione anglo-scozzese del brano suonerebbe I bei tempi andati.
Auld Lang Syne inizia con una struggente domanda retorica:
«Perché dimenticare le vecchie amicizie e cancellarle dalla memoria? Perché dimenticare i bei tempi andati»?
Il valore del passato. In un momento in cui il nuovo anno ci incita a fare tabula rasa, l’antica saggezza scozzese rivendica il valore della memoria. Forse, nell’anno trascorso ci sono stati momenti (o amicizie) da dimenticare, ma come sempre, commisti a qualcosa di buono, a una sia pur piccola felicità che ha illuminato un percorso di vita. In altri termini: l’oblio non può essere selettivo, non possiamo, a piacere, obliterare le cose brutte e conservare nella memoria quelle buone.
Amicizie o conoscenze? Il testo è radicale: non parla di amicizie (friendships) ma di acquaintances conoscenze, quindi anche quei contatti del momento, occasionali, che si sono verificati durante l’anno e che, pure, hanno contribuito a intessere il nostro vissuto.
Gli scout. Ed è significativo che questo canto venga scelto per celebrare la fine del jamboree, il raduno degli scout che si celebra in molti paesi del mondo.
Nelle intenzioni di Robert Baden Powell, il fondatore dello scautismo, il jamboree aveva lo scopo di accogliere ragazzi di ogni paese ed estrazione sociale facendo loro vivere, per un breve periodo, un’esperienza di gioco, conoscenza e partecipazione. Con un linguaggio gastronomico, ma suggestivo, Baden Powell definiva il jamboree come un boy jam, una marmellata di ragazzi. In termini leggermente più alati potremmo definire il jamboree un crogiuolo di conoscenze, esperienze e modi di vita.
Marmellate e confetture. Se qualcuno di voi trovasse sconcertante la nozione della “marmellata” come insieme di sentimenti, aspirazioni, lotte e delusioni, pensi soltanto a come il nobile testo di Auld Lang Syne è stato tradotto e banalizzato nella sua versione italiana: «Domani tu mi lascerai e più non tornerai, domani tutti i sogni miei li porterai con te». Una valorizzazione del passato come desiderio di introspezione ridotta a un insipido fumettone. Non voglio sapere chi è il mentecatto che ha prostituito il nobile canto scozzese. Preferisco cantarlo in originale, magari stonando il fa della terza ottava ma rendendo giustizia a una nobile tradizione.