SIMPOSIO
PRIMA PAGINA
Frenetica euforia e ore oziose al sole dell’estate sono quasi rimpianti, ma il loro profumo non si è ancora dissolto. Un'estate accompagnata da costanti rumori di guerre a poca distanza da noi e da silenzi di morte nello stesso mare in cui ci siamo divertiti, rumori e silenzi che sembrano assopiti alla nostra percezione. Sulla prima pagina dei giornali le notizie si alternano: fatti di grave convivenza o pettegolezzi mondani trovano lo stesso spazio per lettori desiderosi di novità. Non si può continuare a parlare delle vittime di una guerra che si fa sempre più pericolosa o di una carestia prolungata, o di un mare che inghiotte speranze. Per mantenere alto l’indice di “gradimento”, la realtà deve cedere la prima pagina al fatto nuovo, intorno al quale si muoveranno nuova curiosità e interesse, provocando appassionate discussioni. Scandali di ogni genere o catastrofi umane e ambientali coinvolgeranno con la stessa intensità emotiva e la realtà globale troverà il suo spazio nelle pagine successive, pronta per chi attende gli sviluppi di una informazione più approfondita, che possa dare continuità alla nostra consapevolezza. Cerchiamo gli strumenti, utili a smuovere i nostri sentimenti, convinti che un dialogo continuo e critico ci consenta di comprendere il perché delle cose. La nuova stagione degli incontri al Simposio ripartirà proprio da qui. Giuliana
LA COMPLESSA STORIA
DELLA RUSSIA/17
di Francesco Bonanni
In bilico fra Occidente e Oriente
La Rivolta Decabrista fu il primo grave segnale di un profondo malessere in seno alla Società russa.
La Russia, pur parzialmente appartenendo unicamente dal punto di vista geografico all’Europa, dal lato puramente politico-culturale, era invece, ed è tuttora un Paese particolarmente complesso, in bilico tra Occidente e Oriente, contraddittorio e indecifrabile per gli Europei.
Nel corso dei tempi, al di là delle sporadiche ed opportunistiche Alleanze con altri Stati Europei, la Russia non ha mai goduto all’Estero di quella considerazione che probabilmente il suo ruolo di Grande Potenza politico-militare avrebbe potuto meritare.
La sua stessa Storia, la sua particolare Cultura, la sua peculiare collocazione tra Occidente e Oriente sono tutti elementi che sempre tra gli Stati Europei hanno suscitato diffidenze e spesso anche sentimenti, se non proprio di aperta ostilità, perlomeno di una profonda diffidenza.
È ciò rappresenta una costante nella sua storia: dai tempi degli Zar all’epoca del Regime Sovietico fino ad oggi.
Diffidenza dell’Occidente
La sua Società è stata sempre contrassegnata in misura massiccia dalla presenza di figure che agli occhi occidentali sono apparse estremamente negative: dai rozzi Boiardi degli esordi, all’arrogante e parassitaria Aristocrazia Zarista, alla ottusa Nomenclatura Sovietica fino ad arrivare all’attuale invadente Classe degli Oligarchi.
La Società russa è sempre arrivata in ritardo ai grandi appuntamenti della Storia in quanto non è stata mai in grado di adeguarsi ai cambiamenti che i tempi avrebbero richiesto.
Filosofia, la grande assente
Significativo il fatto che la sua Cultura ha espresso grandi figure nei vari campi: da quello musicale a quello delle arti figurative fino a quello della letteratura ma non in quello filosofico.
Questo perché la Storia della Filosofia Russa è stata fondamentalmente legata allo sviluppo del Pensiero Religioso per cui dall’epoca della Cristianizzazione della Russia (iniziata nel 988) fino al XVIII secolo la soluzione dei Problemi Filosofici è avvenuta nell’ambito del Pensiero Teologico e solo dal XVIII secolo ha avuto occasione di conoscere le figure basilari del Pensiero Filosofico Occidentale da Aristotele a Spinoza ed a Cartesio.
Poi nel corso degli anni ‘60 dell’Ottocento, come reazione ad una realtà politica e sociale stagnante e profondamente arretrata, si è formata un’Ideologia, il “Nichilismo” che ha sostituito l’“Occidentalismo” di una parte dell’Aristocrazia e la “Slavofilia” di tutti coloro che contestavano il “Modello Liberale Europeo”.
Tale Ideologia era basata su una profonda e violenta ostilità al Dispotismo e si rifaceva ad una Tradizione russa anteriore a Pietro il Grande (1672-1725) e allo Illuminismo.
Inadeguata Politica Agraria
è stata l’arretrata ed ormai intollerabile situazione sociale e politica russa.
La Riforma Agraria del 1861, che aveva comportato l’emancipazione della Servitù della Gleba, non aveva tuttavia risolto il problema di una equa distribuzione della proprietà terriera.
Difatti a fronte di una notevole crescita demografica nella Russia Zarista più di un terzo della Proprietà Fondiaria era ancora nelle mani di una retriva Nobiltà.
In questa realtà arretrata, una Nuova Generazione di Studenti e di Intellettuali si mobilitò per realizzare un profondo cambiamento che si scontrò contro un cieco e irremovibile Conservatorismo.
La Ribellione
Come sempre avviene, di fronte alla incapacità della Classe Dirigente russa (rappresentata dall’Alta Aristocrazia) di realizzare le necessarie adeguate Riforme, le insoddisfatte Istanze di Cambiamento covarono uno spirito di rivolta che a sua volta sfociò in aperta ribellione con tutte le sue tragiche conseguenze.
Giudizio Storico
Difatti tutte Istituzioni, al di là di ogni sterile moralismo, non sono giudicabili in assoluto in modo positivo o negativo ma vanno relativamente valutate in corrispondenza ai tempi, cioè alla loro capacità di adattamento ai cambiamenti che intervengono nella stessa Società Civile.
Si tratta in effetti della Legge Darwiniana applicata alla capacità delle Istituzioni Giuridiche, Politiche e Sociali di adeguarsi di volta in volta ai tempi.
Difatti si può constatare che nella “staticità” delle rispettive Posizioni Politiche e Socialisi arriva inevitabilmente allo Scontro tra le Parti in lotta mentre solo nel loro “dinamismo” si può raggiungere l’Incontro.
È una legge di Natura e quindi Universale che vale in tutti i campi ed in ogni tempo.
ITALO CALVINO in pillole/4
di Paola Leoncini
LE CITTÀ INVISIBILI
Le Mille e una notte
Leggendo questo curioso e affascinante romanzo, il lettore potrebbe ricordare non molto vagamente “Le Mille e una Notte” per il modo in cui è stato scritto e per le atmosfere magiche ed esotiche che permeano la narrazione.
Microcosmi lontani e bizzarri
che sembrano quadri di Dalì, Escher, Magritte e De Chirico. Città fantasma, l’una dentro l’altra, città a specchio, città a scale, città a canali concentrici, città costruite su alte palafitte o alti trampoli, città cresciute intorno a mercati di cui è possibile perfino percepire i profumi della merce in vendita.
Fantasia sì, ma con ordine
Come Sheherazade, Marco Polo racconta all’imperatore Kublai Khan il mondo esterno al regno in cui il sovrano sembra tristemente imprigionato e, nella narrazione, Calvino sguinzaglia al massimo la fantasia descrivendo una cinquantina di città inventate, ma non del tutto, molte delle quali somiglianti a luoghi reali, tuttavia ricostruite secondo la sua fervida immaginazione, seguendo però una struttura e uno schema definiti e per niente casuali, raggruppandole per caratteristiche in 11 blocchi di quattro, cinque città per blocco.
Le Città Invisibili
E così abbiamo le città della Memoria, le città dei Segni, le città dei Morti, le città Nascoste e via elencando, in un susseguirsi di finestre che si aprono su luoghi le cui peculiarità pescano nella filosofia del Panta rei e/o del mito della caverna.
Insomma, “Le Città Invisibili” è un’opera contenente tutto ciò che è cultura: geografia, arte, pensiero, fantasia e visionarietà spinte ai massimi livelli, tanto da inebriare chi lo legge, invitandolo ad entrare in una specie di universo parallelo da cui esce stordito, con molte domande, non tutte con la risposta.
Ma chi ha detto che tutto debba avere una risposta?
Alla prossima.
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Strafalcioni
di Giancarlo Marchesini
Stavamo meglio quando stavamo peggio!!!
Da anni mi imbatto negli “inevitabili” strafalcioni che allietano (si fa per dire) la nostra lettura dei giornali. Sono fatti isolati o sono destinati a divenire un’abitudine?
Errori di stampa, correttori di bozze… e Word. Mi è capitato di osservare che sempre di più gli articoli che appaiono sulla nostra stampa, tanto quella su supporto cartaceo che quella in rete, presentano sviste, imprecisioni, errori di stampa (con una collega per celia li chiamavano errori di “stimpa”) che non sarebbero stati tollerati fino a dieci anni fa. C’era una volta… il correttore di bozze, specie umana in via di estinzione visto il solerte, ma invasivo, uso dei correttori ortografici tipo Word. C’erano addirittura correttori di bozze (umani) che usavano leggere le prime tirature a stampa da destra verso sinistra per evitare di fare caso al senso del manoscritto e tralasciare qualche svarione tipografico. Seguiva poi il fatidico e definitivo “Visto si stampi”.
Fiducia mal riposta. Ora la gente si fida ciecamente di Word il quale, povero soft, è solo in grado di analizzare tutte le parole presenti nella sua memoria (o quelle che aggiungiamo ai nostri dizionari personali) ma non è capace di immetterle in un senso compiuto. Il grande linguista di origini lituane e francese per adozione Greimas disse: “Fuori del testo non c’è speranza di salvezza” (Hors du texte, point de salut) e, appunto, l’analisi del correttore ortografico non si basa su un testo ma sulle singole unità linguistiche che lo compongono.
Per esempio… Faccio solo tre esempi: in un articolo pubblicato da Huffingtonpost.it (ll quotidiano in rete allora diretto da Lucia Annunziata), oltre a una insulsa svista nel sottotitolo, si legge “Altro paio di manico”. Qualche mese più tardi, Le Formiche (altro quotidiano on-line) pubblicava un articolo con la frase “I prossimi passi” (i fautori dei terremoti?). Nel secondo caso perfino Word si sarebbe accorto dell’errore (e difatti lo segnala in rosso nel mio testo), ma nel primo come può un povero programma informatico capire che il numero e il genere della parola manico è sbagliato? In un dotto articolo un giornalista di cui non faccio il nome scrive l’architrave come se fosse una parola femminile (pensando alla trave che da bravo fariseo aveva nell’occhio) mentre architrave è a tutti gli effetti e per tutti i dizionari una parola maschile.