E la sintassi? Sì certo Word è anche dotato di un correttore grammaticale-sintattico il quale però è stato compilato – credo – ai tempi di Ugo Foscolo perché è estremamente conservatore nelle sue scelte. Immagino che tutte le persone dotate di un certo senso della sintassi disattivino questo correttore e fra queste i giornalisti che continuano a infarcire di “errori di stimpa” i propri scritti.
Crucifige Marchesini
E già sento i commenti malevoli nei miei confronti. Mi si dirà che sono un parruccone intollerante che la velocità dell’informazione esige certi sacrifici, che non si può stare attenti a tutto, che qualcosa ci sfuggirà inevitabilmente. Faccio modestamente presente che l’apprendimento della lingua è essenzialmente un fenomeno di imitazione (così avviene nel bambino) e che se le giovani generazioni cominceranno a parlare di manico invece di Manica i britannici hanno fatto bene a lasciare l’UE.
Mi è capitato di riscontrare l’errore di valutazione di un computer che di fronte alla frase “Il topo che ha mangiato il gatto” era convinto che fosse stato il topo a divorare il gatto. È stata sufficiente una semplice dislocazione dei componenti della frase per indurlo in errore. Il perché è ovvio: il computer non ha un’esperienza diretta della realtà mentre nel nostro vissuto sono i gatti che mangiano i topi e non viceversa).
Hors du texte, point de salut (a ragione)
Quale programma informatico sarebbe in grado di accorgersi che la frase italiana I vitelli dei romani sono belli cela un senso completamene diverso se letta in latino: Va’ Vitellio, al suono di guerra del dio romano? Aspettiamo le meraviglie dei quanta. Ma quanto dobbiamo aspettare per avere questi quanti, e quanti sono?
Sitografia:
https://www.huffingtonpost.it/entry/matteo-salvini-verso-il-processo-conte-e-di-maio-hanno-perduto-lonore_it_5dfc6866e4b05b08bab2fb36
https://formiche.net/2019/12/carelli-toninelli-di-maio/
YOUNG SOPHIA
Il pensiero dei giovani
LA MIA PASSIONE
PER LA CHITARRA CLASSICA
Roland Dyens,
“il mago della chitarra”/5
di Roberto Cardinali
Lo stile musicale
Eclettico e originale lo stile di Dyens può̀ adattare e combinare molti idiomi musicali diversi, apparentemente con poco sforzo e poche righe di demarcazione. Una scrittura che spesso rivela il desiderio di fornire le sue idee nel modo più preciso possibile e rendere lo spartito chiaro e accessibile all’esecutore con indicazioni molto dettagliate che riguardano il tempo e le dinamiche, le articolazioni, le note melodiche, armonici ed effetti e/o tecniche speciali che includono il rubato scritto nella linea melodica, il portamento del tremolo per imitare l’Ondes elettronico Martenot”, il suono del polpastrello, i glissandi e gli arpeggi intorno alla linea melodica.
Empatia con il pubblico
Allo stesso modo, la sua brillantezza tecnica come artista non intralcia il suo rapporto con il pubblico o l’anima della musica stessa.
Evidente è l’accostamento con il suo discendente Fernando Sor che nella prefazione al suo Méthode de Guitare scrive: «La musica, il ragionamento e la preferenza che io do in generale ai risultati prima di una dimostrazione di difficoltà̀, costituiscono il mio intero segreto.» (Sor, 1832, p.5). Inoltre Dyens usa talvolta la scordatura per espandere la gamma della chitarra, aumentare la sonorità̀ e per consentire di mantenere l’arrangiamento di un brano in tonalità rispetto dell’originale.
Nei suoi concerti improvvisava sempre un pezzo per connettersi con il suo pubblico e aprire la strada per il repertorio. E, se l’improvvisazione, è una cosa rara, per Dyens, appartenendo alla tradizione dei Preludi è considerata necessaria.
Un’altra particolarità̀ importante è il repertorio variegato, spesso composto da una miscellanea di stili e arrangiamenti della musica brasiliana, del jazz, delle sue opere originali e dei pezzi del tradizionale repertorio chitarristico.
Composizione ed esecuzione sono collegate.
Dyens vede se stesso nella tradizione di chitarristi-compositori come Fernando Sor e Mauro Giuliani. Eccezionale e prolifico come chitarrista-compositore del ventunesimo secolo per la sua capacità di mantenere un alto livello di qualità nelle sue composizioni, arrangiamenti e performance.
Le più importanti influenze includono musica colta europea, canzoni popolari francesi, jazz americano, jazz sudamericano e stili popolari.
Le forme di Dyens sono spesso tratte dalla musica popolare, le sue armonie dal jazz. Ma anche dalla musica indiana e araba, come nel Concerto en Si e Hamsa.
Accademia e ricerca multiculturale
Dyens descrive la sua formazione come classica e formale, ma l’esperienza con la musica jazz e popolare deriva dalla sua ricerca al di fuori dei suoi studi accademici.
Sottolinea che non ha deciso di combinare stili musicali in maniera sistematica, ma integra naturalmente elementi differenti nelle sue composizioni in base ai suoi ascolti, alla sua capacità e abilità.
Questa combinazione originale di influenze e tecniche ha reso Dyens uno dei più importanti e unici compositori contemporanei della chitarra. Un compositore post moderno per aver rotto gli schemi che distinguevano “High Art” e “Low Art”, scivolando dentro e fuori vari stili musicali secondo la sua volontà.
Non a caso egli è il più “registrato” della musica chitarristica e tale popolarità è strettamente legata al successo delle sue opere multiculturali.
CURIOSITÀ NELLA POESIA/33
di Sergio Bedeschi
ALLORA, ANDIAMO A CAPO? /4
NON SCHERZIAMO CON LA PUNTEGGIATURA
Se volete protestare circa il fatto che, parlando di andare a capo, di virgole, di punti e virgola e altri trucchetti fatti apposta per commuovere chi ti leggerà, siamo usciti fuori tema, ti dico che hai perfettamente ragione. Il nostro impegno era e resta quello di spiare Sport, Scienza e Tecnologia dentro la Poesia. Promettiamo perciò di tornare sulla retta via non prima però di aver indugiato ancora un attimino sull’argomento dell’andare a capo e sulla punteggiatura perché è davvero interessante e suggestivo vedere quel che accadde nell’anno 1609 in quel di Londra forse per mano di uno dei più grandi poeti (… e marpioni) che il pianeta Terra abbia mai generato. Ecco in breve: in quell’anno Thomas Thorpe, editore di notevole popolarità, pubblica i Sonetti di William Shakespeare. Si tratta di una raccolta di ben 154 poesie con la rima e la struttura tipica del sonetto in uso in tutta l’Europa di quel tempo. Sono tutte poesie d’amore. Dedicate a chi? Ancora non ci risulta chiaro. Le ragioni di queste ambiguità sono diverse e non devono essere stati pochi i personaggi che hanno seminato disagio e confusione. Thomas Thorpe in primis: la dedica della prima pagina, da lui firmata con un sintetico doppio “T”, è un capolavoro storico, qualcosa che per essere compreso, decifrato e interpretato appare ancora oggi peggio di quello che fu la Pietra di Rosetta per la decifrazione dei geroglifici egiziani. Guardatevi bene la riproduzione originale di quella pagina dove sono stati messi dei punti dopo ogni parola consentendo così ai posteri interpretazioni diversissime.
AL. SOLO. PROCURATORE. DEI.
SONETTI. CHE. SEGUONO.
IL. SIGNOR. W.H. OGNI. FELICITA’.
E. QUELLA. ETERNITA’.
PROMESSA.
DAL.
NOSTRO. IMMORTALE. POETA.
AUGURA.
BENE. AUGURANDO.
COLUI. CHE. S’AVVENTURA.
IN. QUESTA.
PUBBLICAZIONE.
T. T.
Non vi sto a raccontare e a descrivere l’ambaradan che ne è seguito. A chi in realtà erano dedicati quei sonetti? Le risposte sono state tante: accademici, storici e curiosi di ogni epoca si sono scervellati sparando le proprie opinioni. Chi era quel begetter (procuratore) della prima riga? Taglio corto perché tanto spazio non abbiamo. Quel begetter poteva essere tante cose e, tra le altre, poteva essere quella dark Lady che la storia identifica con la bionda e disinvolta signora che entrò a far parte della compagnia del Bardo (leggi Shakespeare) e che con il Bardo certamente ebbe una lunga e intensa relazione. Ma potevano essere anche i rivali in poesia, vale a dire quel Jonson o quel Chapman o meglio ancora quel Marlowe che poi fu ucciso durante una rissa in osteria. O Burbage, il grande attore di teatro. E molti altri che non avete idea.
WILL HUGES, UNA SPECIE DI ALAIN DELON
Molti dei quali (è ovvio) avevano come iniziali del proprio nome quelle due lettere puntate “W.H.”. Un mucchio di gente nobile o meno nobile. Ma tra tutti Will Huges, biondo giovane bellissimo avvenente nuovo attore, del quale certamente si dovette invaghire la bionda signora e che fu l’inizio di un triangolo fatto di passioni, dispetti e gelosie. Storia confusa, incerta, provocante. Nella quale si apre l’eterno pettegolezzo sulla omosessualità di Shakespeare, volutamente messa in piazza da lui stesso col sonetto numero 144, per esser precisi. Qualcuno dice che Shakespeare non sia mai esistito, lo sapete, Qualcun altro pensa che sia un soltanto il prestanome di un gran Signore (Lord Edward De Vere, conte di Oxford?) che voleva restare nascosto. Andate a rivedervi il film Shakespeare in love che non è male in proposito. A me piace pensare che Shakespeare sia stato uno che ha voluto sempre scherzarci sopra o quanto meno ironizzare come un eterno ragazzo, un birbante, un marpione appunto, un Amleto sempre.
ADESSO CI SI METTE PURE OSCAR WILDE
Fatto sta che, questa storia del W.H., c’è chi l’ha presa sul serio come un’ossessione. Siamo nel 1889, esce Il ritratto di Mr. W.H. di Oscar Wilde, un libricino di neanche 100 pagine che è una bomba. Raffinati accademici discutono e litigano sul mistero di “W.H.”. Come ogni opera di Wilde il libretto è un inno alla bellezza e all’amore. Se l’uomo di Sratford-upon Avon sia stato o no omosessuale (o meglio bisex) è una ragione in più per girarvisi dentro. Un piccolo grande confronto tra nobiluomini che culminerà con un suicidio di uno di loro. Un suicidio provocato da una delusione letteraria. Roba mai vista prima! Vi siete accorti di cosa può succedere a scherzare con la punteggiatura in poesia?