Era nato a Nettuno, il 15 maggio 1915, in via dei Volsci, da Camillo e Italia Farinelli: questo per i suoi dati anagrafici, ma Mario Centi nella sua città natale ci ha vissuto poco, si può dire, ha trascorso la sua infanzia e parte della sua vecchiaia, per il resto la sua vita l’ha vissuta a Roma, dove conobbe la moglie Augusta Valentini, con la quale si unì in matrimonio ad aprile del 1945 e dalla loro unione nacquero Sirio e Leonardo.
Mario Centi trovò impiego presso la direzione dell’ATAC (Azienda per il Trasporto Autoferroviario del Comune di Roma), in virtù del mestiere del padre, che faceva lo spedizionatore. Gli anni della sua gioventù, dopo la scuola, perciò li trascorse aiutando il padre nella spedizione delle merci nei magazzini di Roma, insieme al fratello Dante, anche lui nato a Nettuno, due anni prima, fino a quando il papa Camillo riuscì a farli assumere all’Atac e tutta la famiglia si trasferì a Roma. Per un po’ di tempo però, Mario fece il pandolare da Nettuno a Roma e viceversa, poi ci tornò solo appena aveva il giorno libero.
Attratto dalla letteratura romanesca, Mario Centi studio la lingua romana e lesse molto le satire di G. Gioacchino Belli, Cesare Pascarella e Trilussa.
A Mario Centi piaceva la compagnia e spesso s’univa allo zio Gigi, il faleganme di piazza Segneri, e tutti gli altri amici: Ugo Colarossi, Pericle Mozza, Pasquale Pernafelli, Giuseppe Giuliani, Aleandro Monaco, Nunzio De Franceschi, Raffaele Mariola (Pizzotto), Ulderico Cicco, Fedel Mancini, Andrea Mariola, Zaccaria Coppola, Ubaldo e Michele Marrone, Benedetto Ventresca, Francesco Papacci, Emilio Schiavetti, Paolo e Lello Mariola, Romeo Ricci, i quali formarono la società della “Bella Nettuno”.
I suoi primi componimenti li scrisse per i concorsi aziendali, poi, a ventisei anni, nel 1931, pubblicò la sua prima raccolta di poesie: L’arca di Noè e due anni più tardi Versi e Boccacce e Melodie dell’anima. In Versi e Boccacce del 1933, appare la sua poesia Una visita al dio Nettuno di Nettuno, il suo primo colloquio col dio Nettuno sotto forma di satira. In Melodie dell’anima, sempre del 1933, appare il suo seocndo colloquio col dio Nettuno. Il poeta descrive la piazzetta, all’epoca intitolata a Giovanni Torretta, ma che tutti chiamavano “La Sgrillara”, nel periodo che era stata tolta la grande vasca rettangolare, lasciando la statua poggiata su una base composta da due fontanelle, per il mercato della verdura.
Nel 1938 pubblicò Quanno vinsi la Lotteria de Tripoli, un racconto in versi che fu censurato. Nel 1956 pubblicò Spighetta e Campanacci, giudicato dal capo cronista de “Il Messaggero” Guglielmo Ceroni: «Espressione sincera di un poeta romano, tra i più squisitamente spontanei». Divenne amico di Aldo Fabrizi, suo coetaneo, e di Alberto Talegalli, mentre Mario Riva declamò alla RAI, la sua poesia dedicata al postino di Roma, Marco Tofi. Anche Radio Roma, nel 1944, nelle trasmissioni “Autori Nuovi”, scelse tre sue poesie che furono declamate alla RAI. Nel 1957, sollecitato dal maestro Giovanni Simeoni, che era capo banda musicale, scrisse Inno al dio Nettuno.
Il suo appartamento era al borgo, in piazza G. Marconi, n.17, all’ultimo piano, con una terrazza che s’affaccia su tre lati al mare. Da quella terrazza si gode di un panorama mozzafiato.
L’estate del 1971 fu fatale per Mario; soffriva il caldo. Quella fu la sua ultima estate a Nettuno, la sua città, dalla quale non riuscì mai a staccarsi definitivamente.
Silvano Casaldi