Una bella manifestazione di contraddizioni a Piazza del Popolo
Bella senz’anima
Si dice che ogni manifestazione di popolo sia una manifestazione di democrazia; è vero in parte perché per essere un’espressione democratica una manifestazione deve anche soddisfare alcuni requisiti come quello della legalità e del rispetto del diritto di tutti anche dei proprietari dei negozi e delle auto in sosta. Che la manifestazione del 15 marzo a piazza del popolo a Roma sia stata un evento democratico e democraticamente gestito è fuori dubbio ma quello che è scarsamente evidente è il suo significato politico e quando dico politico non intendo quello riferito ad una parte, perché forse quest’ultimo aspetto appare invece soddisfatto, ma quello riferito al suo valore ideale nel contesto storico. Lo slogan della manifestazione, che era “Una piazza per l’Europa”, è già di per se stesso un’affermazione enigmatica perché nasconde un numero considerevole di aspetti poco chiari: “quale Europa”? Poi, se poniamo l’affermazione nel contesto, ci accorgiamo che stiamo parlando del fatto che la comunità europea è rimasta orfana degli USA, che si trova nella necessità di darsi, dopo decenni di comoda passività, una struttura che sia adatta sia militarmente, per resistere alle minacce portate dalla Russia, che ha invaso l’Ucraina, sia economicamente, per l’aggressione isolazionista degli Stati Uniti. Ed allora un eclettico giornalista, Michele Serra, con una lunga storia di militanza a sinistra, lancia agli italiani un invito piuttosto criptico e cioè di scendere in piazza per l’Europa, quale? Vediamo come hanno risposto gli italiani, beh non tutti, gli organizzatori dicono che erano 50.000, ma gli organizzatori affermarono in passato, che al circo Massimo c’erano un milione di persone ed a San Giovanni erano 600.000. Diciamo che 30.000 persone hanno risposto all’invito di Serra. Comunque un bel numero ed una bella manifestazione con tante bandiere, qualche slogan per il disarmo e qualche per il riarmamento, uno recitava “non abbiamo risposte solo domande”, poi qualche bandiera Ucraina, col gruppetto portato da Calenda, poi bandiere della Palestina e il testone di Trump che ingurgita dollari. Se la manifestazione doveva dare un messaggio per la pace ed indicare una via, non è andata oltre l’insignificante “per l’Europa” ma non credo che siano molti i cittadini di questo Paese che siano contro il bene sacro della Pace o che concepiscano un’Italia fuori dall’Unione Europea; ma come la Babele della Bibbia, tante sono le lingue che separano gli abitanti della torre chiamata Europa. La piazza del Popolo era un’immagine amplificata ma ancor più plastica del Parlamento Europeo nel voto del 6 marzo sulla proposta di Rearm Europe, dove si sono frantumati tutti gli schieramenti sia quello di governo sia quello di opposizione, che di fatto ha visto anche il partito leader spaccato in due con una parte che ha accettato l’invito della Segretaria e un’altra parte che non lo ha condiviso. Ma a Roma c’erano in contemporanea altre due manifestazioni, di dimensioni ridotte rispetto a quella di Piazza del Popolo, ma forse più chiare e coerenti nel messaggio che mandavano: quella di Piazza della Bocca della Verità, di Democrazia Sovrana Popolare di Marco Rizzo e quella di Piazza Barberini, di Potere al Popolo: pace senza armi, con bandiere europee date alle fiamme, “non un Euro per la loro guerra”. Un’ opinione pubblica litigiosa e divisa e, non bisogna dimenticare che anche il più ambivalente degli uomini politici italiani, Giuseppe Conte, ha anticipato la propria manifestazione per il 5 aprile in cui continuerà a contrapporre ogni decisione ed ogni spesa alle famiglie che non arrivano alla fine del mese, al costo delle bollette ed al disastro della sanità… le stesse cose che diceva per difendere il reddito di cittadinanza e per incitare i cittadini a farsi restaurare la villa dallo Stato. Tutte sacrosante espressioni di democrazia e di libera iniziativa di partiti e parti politiche; ma c’è una cosa che non condivido e cioè che la sola manifestazione di Piazza del Popolo sia stata ritenuta istituzionale e non un’iniziativa presa e finanziata da un gruppo di tendenza politica. E’ venuto fuori che la manifestazione di Piazza del Popolo, che è costata solo di logistica, circa 350.000 Euro, è stata finanziata dai cittadini di Roma, anche da quelli che non ne condividevano gli intenti. E’ emerso che ogni spesa è stata sostenuta dal Comune di Roma e addirittura molti sindaci, che sono intervenuti, erano in missione ufficiale con viaggio e diaria retribuiti, così come gli uomini di spettacolo che sono saliti sul palco, tutti rigorosamente schierati in area PD. La Corte dei Conti se ne sta occupando. Una bella idea, una bella piazza ma poche proposte e confuse e qualche remora sul piano etico. Una sola cosa è certa: è stata una manifestazione di parte, proposta da un giornalista di parte, finanziata da un sindaco della stessa parte, gestita tutta da personaggi di parte con la partecipazione solo di sindaci della stessa parte. Insomma un comizio in veste europea, una ciambella di salvataggio alla Segretaria del PD, dopo lo smacco del voto europeo, finanziata con le tasse dei Romani.
Sergio Franchi
I cittadini del Consorzio di Lavinio attendono la risposta dal Comune
Chi deve mantenere le strade
E’ diventata una domanda retorica, una di quelle di cui, nella zona di Lavinio, tutti conoscono o immaginano la risposta ma che tanti si continuano a porre. “Di chi sono le strade di Lavinio mare?” e per Lavinio mare intendo l’area che ricade nel comprensorio del Consorzio di Lavinio. La domanda resta retorica per coloro che hanno versato al Comune gli oneri di urbanizzazione primaria previsti dalla legge Bucalossi, anche quando hanno realizzato piccole trasformazioni del loro immobile, oppure hanno pagato la tassa per le insegne o ancora gli oneri per occupazione di suolo stradale. Senza parlare delle multe per divieto di sosta comminate dalla Polizia Locale e dell’Imposta Municipale Unica. Se pago al Comune tasse ed imposte relative alle strade ed ai suoli pubblici ritengo che il Comune stesso non possa richiedermi oneri relativi a ciò di cui non è proprietario. Ne deriva l’annoso quesito, visto che il comprensorio di cui si parla è zona consortile e quindi amministrata dal Consorzio di Lavinio, per quanto attiene ai servizi di manutenzione e riparazione delle stesse strade ed aree pubbliche.
Una situazione ambigua che viene da lontano ma della quale formalmente non è stata ancora detta la parola definitiva. In termini molto semplificati la diatriba verte sulla distinzione catastale delle strade e degli spazi pubblici che ricadono nel comprensorio consortile. La trasformazione di un terreno agricolo in terreno urbanizzato avviene normalmente attraverso una lottizzazione e cioè con la divisione in lotti autonomamente edificabili. A servizio di tali lotti e delle unità immobiliari, che su di essi vengono realizzate, oltre alle linee dei servizi e delle utenze, devono essere costruite anche le strade per accedervi in modo non vincolato da servitù. Le strade, che sono definite interpoderali o vicinali, sono realizzate attraverso la cessione di porzioni di terreno da parte di ogni lotto e restano di proprietà privata a servizio comune. Cosi erano le strade delle lottizzazioni progettate dalla Cooperativa Agricola Tor Caldara, dalla Società Cooperativa Agricola Terra Nostra e dalla Società Lido di Lavinio.
Alcuni acquirenti dei lotti costituirono, sin dall’inizio, un comitato promotore per gestire questa grande lottizzazione, che occupava la zona di Lavinio dal mare fino allo Stradone di Sant’Anastasio ed il 15 luglio 1950 depositarono lo Statuto del Consorzio di Lavinio, a cui successivamente aderisce un’altra zona adiacente a via delle Cinque miglia. Il nuovo ente viene approvato dalla Provincia di Roma con deliberazione n 3162 dell’8 novembre 1951. Lo Statuto Consortile prevede come obiettivo, oltre alla costruzione delle strade, la realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione relative ai lotti al fine di permettere l’edificazione e l’utilizzo delle unità immobiliari.
Dopo 74 anni tali opere sono state tutte realizzate: le strade sono operative da decenni, come da decenni sono state realizzate e sono ora gestite dagli enti competenti, le linee idrica, elettrica, fognaria e trattamento acque reflue e telefonica. Resta praticamente la sola manutenzione delle strade e delle opere ad esse collegate; a chi compete? La risposta non può che essere: al proprietario delle strade e quindi la domanda di chi siano tali strade non è una domanda oziosa, perché essa individua chi ha il diritto di chiedere ai cittadini il contributo per la loro manutenzione.
Dopo anni di contrasti e dopo diatribe fra cittadini e Consorzio, che hanno solo reso profitti agli studi legali, è tempo di chiarire in via formale chi sia l’ente proprietario delle strade e degli spazi pubblici consortili. Durante il Commissariamento un quesito specifico è stato rivolto, dal Commissario Prefettizio, agli organi tecnici del Comune di Anzio che devono dare una risposta ai fini catastali per definire se le strade siano rimaste “strade vicinali, interpoderali e quindi consortili, ovvero se esse siano diventate strade comunali”. I cittadini di Lavinio attendono che si faccia chiarezza una volta per tutte e si definisca chi ha il diritto di richiedere gli oneri di manutenzione delle strade della zona consortile. Si auspica che il Comune dia seguito a quanto di competenza con la rapidità che l’attesa di tanti anni merita.
Sergio Franchi