La visione della dottoressa Giovanna Porrino presidente dell’Assinarch (Associazione Ingegneri ed Architetti)
Organizzazione del territorio
Immaginare Aprilia migliorata oggi appare difficile. Per alcuni una missione impossibile ma per la presidente dei professionisti apriliani che si dedicano all’organizzazione degli spazi urbani e periferici una strada c’è. O quantomeno una via di pensiero esposto della dottoressa Giovanna Porrino, Presidente dell’Assinarch (Associazione Ingegneri e Architetti di Aprilia), il 12 ottobre 2025 alla Festa del Partito Democratico. Sollecitata sul tema risponde: “Un tema tanto complesso quanto necessario… La tematica in oggetto, come saprete, chiama in causa visioni diverse che tuttavia possono convergere in un comune denominatore: il benessere della nostra comunità. Urbanistica e pianificazione implicano infatti una soggettività ed interpretazione intrinseca nello sviluppo della materia. Inoltre non affronterò temi squisitamente politici, come il reperimento dei fondi previsti dalla Legge 6 o le procedure attuative relative alla sanabilità degli edifici: si tratta di ambiti legati alla volontà politica, che saranno certamente approfonditi dagli altri ospiti. In quanto espressione di un’associazione culturale, ritengo opportuno mantenermi distante da osservazioni che potrebbero risultare strumentali. Oggi discutiamo di Aprilia non solo come territorio fisico, ma come laboratorio urbanistico, dove si intrecciano storia, economia, norme e ideali di sviluppo. Il documento presentato ci restituisce una fotografia puntuale della città, dalle origini agricole alla spinta industriale, fino al fenomeno delle realtà abusive e alla stratificazione normativa che ha tentato – non sempre riuscendoci – di ricomporre il quadro urbano. Tuttavia, se ci limitassimo a leggerlo in senso tecnico, rischieremmo di ridurre la complessità urbanistica di Aprilia a un problema di cubature, varianti e conformità edilizie. Ecco perché credo sia fondamentale recuperare la dimensione teorica e formativa dell’urbanistica, quella che precede e ispira la norma”.
“Le norme, entra nel merito, nascono come traduzione di un pensiero, non come semplice esercizio burocratico. E ogni volta che si dimentica l’idea fondante che le ha generate, l’applicazione tecnica diventa sterile o, peggio, distorsiva. È ciò che spesso è accaduto nel nostro territorio: si è osservata la regola, ma si è smarrito il senso della regola. Aprilia, in soli ottant’anni, ha attraversato tutte le fasi che nei manuali di urbanistica vengono studiate come casi studio limite distinti: città di fondazione, polo industriale, conurbazione metropolitana, periferia diffusa, città in cerca di rigenerazione. È un unicum e sarebbe audace e auspicabile che diventasse oggetto di tesi di laurea supportato da concorsi di idee finanziati da realtà locali per i laureandi. Eppure, nonostante le contraddizioni, Aprilia ha mantenuto una suaidentità. La non eccesiva vicinanza con Roma, che altrove avrebbe generato un annullamento, qui ha favorito un equilibrio: Aprilia non è diventata un quartiere satellite, ma è rimasta una realtà autonoma, capace oggi di ripensarsi in chiave contemporanea. Proprio per questo la pianificazione futura non può limitarsi a “correggere gli errori passati sia antropici che burocratici”, ma deve ripartire dal pensiero che ha originato il piano del prof. Lugli. La sua idea, straordinariamente moderna, era quella di non fissare un modello definitivo, ma di concepire uno strumento flessibile, capace di adattarsi all’evoluzione del territorio. Negli anni, forse, abbiamo scelto la via più semplice: applicare alla lettera le norme, invece di comprenderne la logica creativa. Oggi, più che una revisione del piano, serve una rilettura critica della sua genesi, delle sue relazioni, delle sue intenzioni. Solo così possiamo comprendere gli errori interpretativi che hanno prodotto stasi e frammentazione. La stessa riflessione vale per la variante speciale, che va contestualizzata e verificata nella sua reale capacità di dialogare con il mercato immobiliare attuale e futuro e con le esigenze del territorio. Tuttavia, la domanda da porsi non è tanto “quanta cubatura possiamo realizzare”, ma “quale tipo di città vogliamo costruire”. Perché se continuiamo a ragionare solo in termini quantitativi, rischiamo di inseguire un modello già superato, quello di una città policentrica fatta di nuclei isolati che non comunicano tra loro.La prospettiva, invece, deve essere quella di una città fluida, interconnessa, in cui ambiente naturale e costruito si compenetrano. Non una crescita espansiva, ma una riconnessione intelligente: zero consumo di suolo, valorizzazione delle aree già compromesse, creazione di corridoi ecologici e infrastrutturali che trasformino le discontinuità in opportunità. Il riferimento ideale potrebbe essere il Finger Plan di Copenaghen: una città aperta, che si espande lungo direttrici di servizi e mobilità, mantenendo tra le “falangi urbane’’ spazi verdi e agricoli. Applicato ad Aprilia, questo modello significherebbe estendere i servizi verso i nuclei come Campo di Carne, Gattone o Vallelata, riconnettendoli al centro urbano e restituendo al paesaggio la sua funzione di elemento connettivo, non di confine mentre i nuclei più distanti possono rifarsi al modello Stoccolma ovvero della rivisitazione in chiave ciclabile del sistema infrastrutturale della capitale svedese per riconnettere la città policentrica.Tutto ciò può avvenire senza gravare sulle spese della collettività apriliana,ma sfruttando le risorse nazionali e regionali già programmate come: il raddoppio del binario ferroviario Campo di Carne - Aprilia–Campoleone, il sistema di alleggerimento viario tra Via dei Giardini e Via Genio Civile, la riqualificazione della Pontina e delle opere connesse alla stessa, la valorizzazione di Via Apriliana e Via dei Giardini come bretelle di collegamento tra gli assi Nettunense e Pontina o evoluzione della stesa in autostrada, la rigenerazione delle aree dismesse e l’attuazione delle previsioni mai completate del PRG e della variante speciale così da trasformare gli elementi che in urbanistica diventano di cesura e dividenti ma declinandoli a vantaggio della pianificazione futura. prima di intervenire, è necessario un atto di coraggio: riconoscere gli errori, mettersi in discussione e riscrivere la narrazione urbanistica della città, partendo da basi corrette e consapevoli. Inoltre auspichiamo una più stretta interlocuzione e una maggiore condivisione con il mondo politico poiché il dialogo consente di evitare errori e ambiguità che rischiano di tradursi in vicoli ciechi per lo sviluppo e l’assetto della città. Aprilia, dunque, può diventare un modello di urbanistica evolutiva, capace di fondere teoria e prassi, pianificazione e visione. Una sfida che può essere affrontata e vinta e che prende le radici partendo dal cardo e decumano del Petrucci, passando per l’espansione centrica di Lugli, trasformandosi in città policentrica di Berdini ed arrivando all’idea ambiziosa di urbanistica fluida e lineare tipica delle Smart-Cities e delle Eco-Cities che integrano tecnologia ambiente e comunitàattraverso spazi urbani permeabili, mobilità integrata ed adattabilità”.
P.N.