Il professor Carmine Franco è primo nel Lazio come numero di interventi
Chirurgia della colonna
I dati della Regione Lazio parlano chiaro il professor Carmine Franco è il chirurgo che fa più interventi di colonna nel Lazio, circa 500 di Chirurgia Vertebrale maggiore, se a questi si aggiungono quelli effettuati fuori regione il numero sale a circa 650, numeri impressionanti.
Gli altri chirurghi che fanno la colonna vertebrale sono distaccati di oltre la metà.
In tutto questo il S. Anna, una delle strutture dove effettua gli interventi, insieme all’Icot di Latina, supera come numero di interventi i grandi ospedali romani come il S. Andrea e il Policlinico Umberto I.
Un vero e proprio record se si pensa che il S. Anna ha iniziato a fare interventi di colonna da pochi anni, proprio con l’arrivo del professor Franco.
- Professor Franco numeri da capogiro....
“I numeri sono importanti, ma credo che più importante è aver dato la possibilità a tanti pazienti di potersi operare senza dover andare fuori, oppure costretti a fare questo tipo di intervento per superare le lunghe liste di attesa in forma privata spendendo tanti soldi”.
- Professor Franco cosa significa per lei essere il primo nel Lazio?
“Tanto sacrificio, costanza, amore verso questa professione che purtroppo sta diventando sempre più difficile, non mollare mai anche nei momenti difficili”.
- Si parla di chirurgia vertebrale maggiore, ci può spiegare di quali interventi si tratta?
“Si tratta di interventi come ernie cervicali, stenosi del canale, spondilolistesi, discopatie degenerative, tumori vertebrali, fratture, interventi per i quali comunque è necessaria sempre una stabilizzazione della colonna con artrodesi”.
- Cosa la rende orgoglioso di aver raggiunto questi risultati?
“Innanzi tutto vedere il S. Anna superare i grandi ospedali di Roma per numero di interventi, credo sia un fatto incredibile e di questo i meriti vanno oltre che al sottoscritto anche alla proprietà che ha avuto fiducia e che mi ha messo nelle condizioni di poter raggiungere questi risultati, poi sicuramente l’aver contribuito, con gli interventi che eseguo anche all’Icot, a permettere al Gruppo Giomi di essere il primo gruppo nel Lazio per numero di interventi di colonna”.
- Dove vuole arrivare nel 2025?
“Non mi pongo limiti, cercherò di dare sempre il massimo per aiutare le persone che soffrono, e sono purtroppo tante, di queste patologie, a guarire ed avere una vita normale, poi se ci saranno le condizioni per aumentare ancora di più il numero degli interventi, di certo, non mi tirerò indietro”.
Edo Capri
Offriva lavoro a tutte le provincie e regioni d’Italia
Un tempo Pomezia
La città di Pomezia negli ultimi cinquant’anni è passata da poche migliaia di abitanti ai circa 66 mila attuali. Una città nata durante il ventennio fascista, una delle città di fondazione create per popolare la bonificata pianura pontina. Vi sono arrivate persone dalla Romagna, dal Veneto, dal Trentino. Le aree del territorio di Pomezia bonificate sono quelle prossime al mare come Campo Selva, Martin Pescatore e le aree che si estendono sino all’aeroporto di Pratica di Mare. Furono assegnati a ciascuna famiglia, a seconda del numero di figli, lotti di terreno che arrivavano ad appezzamenti di 20 ettari. L’economia del luogo era legata inizialmente all’agricoltura.
Negli anni ‘60 si ebbe uno sviluppo industriale straordinario, grazie ai fondi della Cassa per il Mezzogiorno. Ciò provocò un aumento della popolazione, che nell’arco di poco più di vent’anni raddoppiò, fino ad arrivare ai 40 mila abitanti degli anni 90, con l’immigrazione di molte famiglie provenienti dal Mezzogiorno.
Con la fine dei benefici e dei finanziamenti erogati dalla Cassa per il Mezzogiorno, a partire dal 1984, iniziò una progressiva crisi del settore industriale, mentre vi fu un incremento evidente del terziario. Nel periodo del massimo sviluppo industriale la città ha avuto un reddito pro capite medio annuo tra i più alti d’Italia, mentre dopo vi è stato un progressivo ridimensionamento in termini medi e assoluti, fino ad arrivare ai nostri giorni con sacche di povertà sempre più diffuse.
Il nuovo millennio si è caratterizzato inoltre per uno sviluppo urbanistico disorganico, operato il più delle volte da spinte speculative nel settore edilizio senza mai pensare ad una visione organica del futuro sviluppo ed evoluzione della città: infrastrutture viarie e della mobilità assenti, agglomerati urbani sparsi e senza servizi, immense aree, un tempo agricole, depredate per ospitare mega capannoni per la logistica.
Le aziende del settore farmaceutico, che un tempo offrivano lavoro, oggi sono in crisi e rischiano di chiudere i battenti una dopo l’altra. È accaduto tempo fa alla Radim; la ex Sigma-tau, dopo aver più volte subito riassetti aziendali e organizzativi, ha operato diversi tagli al personale e diminuito gli investimenti; c’è stato un periodo di crisi alla Johnson & Johnson; la Menarini ha chiuso il settore della ricerca chimica. Fuori dal settore farmaceutico, la Leonardo ha rischiato di perdere la sua sede di Pomezia e lo stabilimento della Fiorucci minaccia anch’esso di smobilitare la sede di Santa Palomba.
Oggi è la volta della ESSETI farmaceutici che rischia di chiudere e di mandare a casa 130 dipendenti. Nei giorni scorsi abbiamo portato la nostra solidarietà a queste persone e siamo intervenuti con il nostro gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra con un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Industria affinché si attivi, con tutti i mezzi a disposizione, al fine di scongiurare questi licenziamenti e per il rilancio delle attività produttive nello stabilimento di Pomezia.
Alla base di queste crisi aziendali ci sono ragioni che attengono al periodo congiunturale ma esse sono soprattutto dovute agli effetti ultra-competitivi della globalizzazione, che spinge a razionalizzare gli investimenti e a capitalizzare al massimo i profitti. Tra le cause delle crisi aziendali ci sono anche ragioni di dumping sociale che si vanno a sommare alle precedenti aggravando gli effetti della crisi.
Si pensi alle tante aziende che non sono affatto in crisi, ma creano “crisi” aziendali nel nostro territorio, delocalizzando le sedi in Stati che offrono condizioni differenti in cui è possibile adottare condizioni di lavoro e di retribuzione di livello inferiore ai dipendenti.
Queste aziende diventano competitive abbassando i prezzi dei prodotti finali di fatto scaricando sui lavoratori i minori costi di produzione.
Le amministrazioni locali e regionali in questo scenario hanno un compito fondamentale, poiché dovrebbero indirizzare le scelte di programmazione del territorio nella direzione di favorire l’ammodernamento o la realizzazione ex novo delle infrastrutture al servizio delle aziende e non attraverso scelte confliggenti.
Un altro compito fondamentale è quello di offrire servizi che spingano le realtà imprenditoriali a radicarsi nel territorio e collaborare per il suo sviluppo, non solo in termini puramente economici.
Per questi motivi Sinistra Italiana-AVS ritiene fondamentale che la guida di una città sia affidata a persone in grado di analizzare tutti questi fattori interconnessi tra loro, perché solo in tale modo si salvaguardano contemporaneamente gli interessi delle aziende e quelli delle lavoratrici e dei lavoratori, in un quadro di sviluppo e di evoluzione dell’intera città.
Antonio Di Lisa
Coordinatore Sinistra Italiana Pomezia