SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
Mansuetudine e violenza
Solo se contrapposti uno all’altro questi due termini possono esistere. Come il caldo rispetto al freddo, la luce al buio. La natura, non solo umana, è questa contrapposizione.
Nel giorno del solstizio d’inverno, la Luce ricomincia a risplendere sommergendo gradualmente il buio, come una rinascita vittoriosa sulle tenebre. In ogni cultura questo fenomeno astronomico è stato simbolicamente interpretato: Natale, Nascita, Vita. E la vita è di per sé un “miracolo”, da noi festeggiato accendendo luci dentro e fuori casa, in attesa del Natale. È in arrivo la festa più “intima” dell’anno che, più o meno convinti del suo messaggio d’amore, tutti noi desideriamo vivere, almeno per un giorno, in armonia tra le genti. Soprattutto oggi che, al culmine di una notte tanto buia, fatichiamo a credere sia possibile rinascere da tanta violenza. Troppa violenza predomina ovunque e, mai come in questi giorni se ne parla dappertutto, sotto la spinta della comune commozione, che formula teorie e condanne. Fatichiamo a ragionare e a riflettere su un fenomeno così ampio e così "antico", che nelle varie forme opprime da millenni l’intera umanità, senza lasciarci intravedere l'evoluzione che vorremmo.
Il caso di Giulia ha una forza insolita, diviene (l'ennesimo) simbolo, che spinge un’intera società ad interrogarsi, a prendere una posizione comune. Siamo voci turbate e commosse da un volto di giovane ragazza, aperto e pulito. Giulia è l'immagine della gioia, il volto della mansuetudine. Ma è una storia che coinvolge e accomuna tutte le vittime della violenza, senza distinzioni.
La nostra società è permeata di violenza, in ambiti diversi e non solo di genere. L'arma è uno dei suoi culmini, ma non l'unico. Stiamo ancora oggi imparando ad osservare la guerra, il momento più buio dell'uomo, che trova solo nella pace la sua forza opposta.
«Cristo conosce meglio di ogni altro la natura delle cose, la violenza non si arrende alla violenza, ma alla mansuetudine.» (Giovanni Crisòstomo, da un’Omelia al Vangelo di Matteo) Giuliana
2 dicembre 2023 – ore 16.15
Centro Ecumenico di Lavinio – ANZIO
Via di Valle Schioia, 157
Carlo Condorelli (SEAC OdV)
«Per una giustizia che riduce i rapporti: una responsabilità per i credenti»
Giorgio Innocenti (Fondazione Caritas)
«Il ruolo della società civile nel reinserimento degli autori di reato»
La Casa Circondariale di Velletri, denominata “Lazzaria” rappresenta il carcere del nostro territorio, perché molti detenuti provengono da: Anzio, Nettuno, Velletri e luoghi limitrofi.
L’Associazione non profit VOL.A.RE. (VOLONTARI ASSISTENZA RECLUSI) operante dal 2005, trae il suo nome dall’auspicio che ogni persona, anche se caduta e ferita, possa riprendere il volo della vita: operiamo, in un rapporto sinergico con le istituzioni, per una sensibilizzazione che si traduce nell’organizzazione di incontri, dibattiti, cineforum e cene solidali. Abbiamo anche raccolto materiale per l’igiene personale dei detenuti più bisognosi e allestito campi scuola per i loro figli collaborando con Prison Fellowship Italia.
Con il passare del tempo ci siamo resi conto, però, che il nostro impegno non doveva restare “ristretto” fra le mura della Casa Circondariale, ma abbracciare il territorio. Per questo stiamo organizzando un percorso informativo itinerante presso tre chiese di Anzio e Nettuno da svolgersi fra il mese di dicembre e il mese di febbraio prossimi.
Il tema trattato sarà quello della giustizia riparativa ed il titolo del percorso è suggestivamente tratto dal Salmo 100, “Amore e giustizia voglio cantare”. La giustizia riparativa è attenta non solo a prescrivere pene, ma anche a tutelare la dimensione umana nascosta in ogni ferita morale e materiale, inserendo la vittima e il reo in un percorso di recupero.
SCRITTURA
AL FEMMINILE
Rubrica aperta a tutti
IL RINASCIMENTO:
Donne colte, Poetesse e Cortigiane/1
di Ivana Moser
Si tende spesso a credere che il Rinascimento sia stato un periodo particolarmente felice per l’istruzione femminile e per il riconoscimento sociale attribuito alle donne, in realtà non è così. Nel XVI secolo era infatti ancora impensabile per una donna non essere dipendente dalla tutela di un uomo, che fosse il padre, il fratello o il marito. Naturalmente restava la scelta della vita religiosa.
Si assiste a un’incredibile proliferazione di testi normativi miranti a regolamentare praticamente ogni aspetto della vita femminile, una spia dello «sgomento maschile verso l’impossibilità di ‘fissare’ la donna al suo posto, di impedire che ella sfugga ai desideri di padri, mariti, fratelli e amanti» (Deanna Shemek, 2003).
Si legge inoltre, in un trattato pedagogico relativo all’educazione delle fanciulle, come l’unico destino della donna fosse il matrimonio: «Si può dir che la donna non sia perfetta, s’ella non viene all’atto del matrimonio, nel quale naturalmente parlando, ella ritrova la sua perfezione, che è l’huomo». (F. Tommasi, 1580).
Del resto le stesse giovani nobili giocavano un importante ruolo, rappresentando pezzi di valore nel gioco della diplomazia matrimoniale.
Il ritratto della donna del XVI secolo che emerge da IL CORTEGIANO di B. Castiglione (1528) è quello di una creatura gentile che, in fin dei conti, deve saper stare al suo posto (inferiore), poiché ciò che le si addice non è la “virilità soda e ferma” dell’uomo bensì una “tenerezza molle e delicata”, grazie alla quale coltivare nozioni di letteratura, musica e pittura, tali da renderla una piacevole conversatrice da salotto.
Il Cinquecento è sì il secolo delle poetesse ma l’educazione femminile rimane una questione fortemente condizionata dal contesto familiare.
La svolta di questo periodo storico non va interpretata come un cambiamento che permette a tutte, indistintamente, di trovare una propria “voce letteraria”: al contrario, questa possibilità è strettamente legata al rango di appartenenza di ciascuna donna, classe medio-alta.
E ricevere un’istruzione di livello, non limitata ad una conoscenza basilare di lettura e scrittura, era il presupposto fondamentale per accedere, poi, al mondo della cultura.
Kazuko Mikani Liberatori
Passano i giorni e il ciclo delle stagioni muta lentamente il paesaggio. Così è stato per la nostra amica: come un fiore che torna alla natura, Kazuko si è addormentata.
Una vita intera vissuta accanto al suo uomo, Carlo, l’esuberante marito. Lei mezzosoprano, lui tenore, uniti dallo stesso amore per la lirica. Quando il suo canto intenso e profondo di gioventù venne a mancare, rimase sempre la compagna fedele e l’immagine della saggezza, che spenta la voce resta in silenzio e ascolta.
Così, in questo silenzio, vogliamo essere vicini a Carlo anche tutti noi suoi amici sinceri, per dirgli quanto abbiamo amato la sua Kazuko.