Domenica 9 novembre 2025 – ore 16
Il fluyt (flœt:) Vascello originario dei Paesi Bassi progettato nel XVII secolo per sfruttare con un minimo di spesa una massima capienza consentì la crescita economica dell’impero olandese.
FABER EST SUAE
QUISQUE FORTUNAE /1
La nascita della potenza navale olandese
di Francesco Bonanni
“Faber est suae quisque fortunae” è una famosa locuzione latina che significa che ciascuno è artefice della propria sorte. È un’espressione tipica della mentalità romana basata su un deciso e marcato “Volontarismo” e non su un casuale “Fato”. Attribuita a Sallustio nelle sue due “Epistulae ad Caesarem senem de Re Publica”, al Console Appio Claudio Cieco. Locuzione accompagnata dall’altra altrettanto famosa “Audentes fortuna Juvat” a conferma che solo ai coraggiosi, che osano rischiare con raziocinio, la Fortuna è favorevole.
Le due espressioni sono caratteristiche della “Teoria dell’HOMO FABER secondo le quali solo l’Uomo è il vero Artefice del proprio destino, in contrapposizione all’Idea del Fato dominante nel Mondo Classico.
Questa Teoria fu poi sviluppata nell’Umanesimo e soprattutto nel Rinascimento nell’ambito della revisione del Rapporto tra Virtù e Fortuna.
Difatti, mentre nel Medioevo l’Uomo era visto come un essere soprattutto dominato dal Destino, nell’Umanesimo e nel Rinascimento venne rivalutato per le sue capacità intellettive e la forza di Volontà che gli consentono di utilizzare al meglio ciò che gli viene offerto dalla Natura e quindi di diventare Artefice del proprio Destino.
Convinto sostenitore di questa concezione è stato il Frate Filosofo Giordano Bruno.
Ebbene tale concezione può essere trasferita dall’ambito puramente individuale a quello collettivo quale lo Stato, in quanto esso stesso composto e gestito da individui.
Al riguardo un caso esemplare è rappresentato dai Paesi Bassi, conosciuti anche col nome di Olanda.
I Paesi Bassi, nell’Antichità abitati dai Celti, sono un’invenzione del Medioevo.
Sia la parte Meridionale (Le Fiandre) che quella Settentrionale (l’attuale Olanda) sono state antropizzate a partire dall’Anno Mille strappando la terra al mare, soprattutto al Nord, attraverso un ingegnoso sistema di dighe e di bonifiche.
I Paesi Bassi, come si evince dalla loro stessa denominazione, erano territori situati in notevole parte sotto il livello del mare e che quindi necessitavano di imponenti opere per proteggere i campi e le case dei propri abitanti dagli effetti disastrosi delle maree e delle alluvioni.
Per questo circa 1/3 del loro territorio è costituito da POLDER, termine olandese che originariamente stava solo ad indicare un territorio erboso che emergeva da acquitrini poco profondi. Successivamente il significato di questa parola fu esteso per indicare quei terreni situati sotto il livello del mare che venivano separati per mezzo di dighe dai terreni nelle vicinanze in modo che il livello delle acque interne potesse essere regolato dall’Uomo.
La costruzione di Polder, abitati soprattutto da Agricoltori ed Allevatori e quindi destinati alla Coltivazione o al Pascolo è continuata senza interruzioni dal Medioevo fino ad arrivare ai nostri giorni.
Gli Olandesi inoltre, spinti dalla necessità di disporre di terreni da destinare alla coltivazione, bonificarono le zone paludose in prossimità dei fiumi strappando così al mare porzioni di territorio sempre più estesi con il risultato non solo di modificare notevolmente il Paesaggio ma addirittura lo stesso profilo della costa.
Alla fine del Medioevo i Paesi Bassi entrarono a far parte dei Domini del Ducato della Borgogna (Regione situata a Nord-Est della Francia). All’inizio del Cinquecento Carlo V ereditò oltre che la Corona di Spagna anche il Ducato di Borgogna e nel 1519 fu eletto Imperatore per cui i Paesi Bassi furono assorbiti nel vasto Impero Asburgico.
Ma nel 1556 con l’abdicazione di Carlo V i Paesi Bassi rimasero nel Regno di Spagna.
Poi nel 1568 le Sette Province che avevano firmato il Trattato dell’Unione si ribellarono al Re di Spagna (Filippo II) provocando la cosiddetta GUERRA DEGLI OTTANT’ANNI (1568.1648).
Filippo II reagì inviando le truppe ma, prima che i Paesi Bassi venissero completamente riacquisiti dalla Corona di Spagna scoppiò la guerra tra Inghilterra e Spagna (1635-1659), per cui fu poi costretto ad arrestare l’avanzata del suo Esercito. (continua)
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Linguistica e
sociolinguistica
di Francesco Bonanni
Permettetemi per una volta di andare oltre i limiti “ristretti” (per modo di dire) della linguistica e di avventurarmi in considerazioni sociali. Il nesso fra lingua e società è evidente. Esiste difatti una disciplina denominata sociolinguistica che comprende studi di carattere diverso, accomunati da un interesse per la dimensione sociale del linguaggio.
Come ben sapete, mi piace procedere per esempi, eccone alcuni. Nelle mie peregrinazioni giovanili, mi sono trovato nelle stazioni ferroviarie di praticamente tutti i paesi europei. In ognuna di queste c’è, lungo i binari, una riga gialla che indica il limite da non oltrepassare per non essere travolti o risucchiati dal treno.
Le righe gialle nel mondo. Ma l’Italia è l’unico paese in cui oltre all’avvertimento grafico esiste un avvertimento sonoro. Una voce affidata all’altoparlante che ripete costantemente: NON OLTREPASSARE LA RIGA GIALLA.
Perché gli italiani hanno bisogno di un avvertimento sonoro oltreché visivo? Non siamo come tutti gli altri? Valiamo di meno? O stiamo meno attenti ai regolamenti, anzi ci gloriamo di infrangerli?
Pioggia a catinelle. Questa notte è piovuto ininterrottamente. In tedesco si direbbe: questa notte è piovuto una volta sola (nel senso che non ha mai smesso e quindi non vale la pena di contare quante volte è piovuto). A cosa sono dovute queste espressioni diverse che indicano la stessa cosa? I tedeschi pensano in questo modo, perché parlano una lingua precisa come il filo di un’accetta oppure è la loro lingua che rispecchia una mentalità diversa dalla nostra?
Ci stiamo avventurando su un terreno pericoloso che ci porterebbe a sostenere che un popolo pensa in un modo perché parla una certa lingua.
Teorie e ipotesi. Negli anni ’30 dello scorso secolo due linguisti (Sapir e Whorf) hanno elaborato una teoria (bollata dall’establishment come “ipotesi”) secondo la quale è la lingua con le sue strutture, la sua grammatica e la sua sintassi a determinare il modo in cui pensiamo. La conclusione è senz’altro inquietante: i tedeschi hanno iniziato due guerre mondiali perché parlano tedesco? Il buon senso ci dice di no, ma restano alcune perplessità.
Come spesso accade la verità si situa a metà strada: le strutture della lingua non determinano quello che penso ma dettano il modo in cui procede il mio ragionamento. Esistono dei canoni fissi per esprimersi, delle strutture all’interno delle quali il mio (il nostro) pensiero prende una forma.
Mediterranei e non. Esempio lampante: nelle lingue anglosassoni viene usata spesso – è praticamente un obbligo oratorio - una struttura morfosintattica del tipo “da una parte” – “dall’altra” come a esplicitare i due poli all’interno dei quali si dipana il nostro ragionamento. Da una parte il capitale cerca la sicurezza, dall’altra il rendimento. Nelle lingue romanze avremmo piuttosto la tendenza a dire: il capitale cerca la sicurezza ma, al tempo stesso, il rendimento.
Nel primo caso si prospettano anticipatamente due poli opposti (sicurezza e rendimento). Nel caso delle lingue romanze, invece, preferiamo usare una congiunzione dubitativa al centro della frase (ma) per evidenziare la differenza fra due punti di vista.
Quale dei due modi è più espressivo? Il primo direbbe un tedesco: AufdereinenSeite– AufderanderenSeite. Il secondo direbbero un italiano, un francese e uno spagnolo (“al tempo stesso”). Le strutture della lingua ci portano a esprimere un determinato giudizio in due modi diversi ma il giudizio è identico.
Ad ognuno il suo. Ciò detto, ogni popolo ha un proprio bagaglio culturale che si concretizza in espressioni e situazioni diverse una dall’altra (torniamo alla riga gialla nelle stazioni).
Un mio amico olandese diceva “gli italiani usano il pane come coltello” riferendosi alla nostra abitudine di servirci del pane per spingere il cibo verso la forchetta. Nei nostri centri commerciali esistono porte che si aprono automaticamente. Nei rari casi in cui sia necessario spingere o tirare una porta abbiamo acquisito una “cortesia sociale” che consiste nel tenere la porta socchiusa per il prossimo “utente”. Questa cortesia sociale è del tutto sconosciuta in alcuni paesi (non dico dove). L’ho imparato a mie spese beccandomi una porta sul naso!
Domenica 16 novembre 2025 – ore 16
ABORIGENI AUSTRALIANI
TRA CIELO E TERRA
Domenico D’Amato
Progetto Simposio: 3 incontri a novembre
1) GLI ABORIGENI: LE ORIGINI E L’ARRIVO
DELL’UOMO BIANCO
2) LA CULTURA ABORIGENA
3) IL CIELO DEGLI ABORIGENI
1° Incontro
Gli aborigeni:
le origini e l’arrivo dell’uomo bianco
Tutti gli esseri umani attuali discendono dall'Homo Sapiens, emerso in Etiopia circa 300.000 anni fa. Da lì, si diffuse, colonizzando Europa e Asia, per poi raggiungere l'Australia oltre 65.000 anni fa.
Gli aborigeni australiani vissero per millenni in profonda simbiosi con la natura, rispettandone i cicli e le risorse.
Non costruirono città né svilupparono tecnologie avanzate o l'uso dei metalli, spostandosi unicamente a piedi e vivendo in armonia con l'ambiente.
Questa civiltà, tra le più antiche, subì un catastrofico tracollo con l'arrivo dell'uomo bianco, che ne calpestò le tradizioni. Oggi, i suoi discendenti sono ridotti a un'ombra del glorioso passato.