Al museo Boncompagni Ludovisi la mostra d’Oro e Turchese a cura di Daria Borghese
Le ceramiche di Pratica
Dal 26 marzo al 26 maggio 2024 la Casa Museo Boncompagni Ludovisi ha ospitato la mostra d’Oro e Turchese. Le ceramiche Borghese di Pratica di Mare, a cura di Daria Borghese.
Ma ecco il testo di presentazione della mostra sul sito del Ministero della Cultura che ne ha patrocinato l’iniziativa
“L’esposizione celebra il centenario dell’apertura della Fabbrica di Ceramiche Artistiche di Pratica di Mare (1924-2024) e si compone di circa trecento oggetti che raccontano la storia della manifattura ceramica e della donna che la ha fortemente voluta, fondata e portata avanti per decenni: Maria Monroy, moglie di Camillo Borghese.
I manufatti in mostra, come le sfarzose suppellettili per la tavola che brillano per l’oro, l’argento e il turchese, gli oggetti copiati dai ritrovamenti archeologici dell’antica Lavinium e i divertenti animalia, dimostrano come la manifattura di Pratica di Mare abbia avuto un proprio carattere distintivo.
Maria Monroy Borghese intraprese l’attività del laboratorio con l’intento di offrire occasioni di lavoro, in una zona economicamente depressa e, allo stesso tempo, promuovere l’apprendistato soprattutto per donne nubili con figli. L’intero progetto è quindi una storia al femminile, risultato dell’intreccio tra l’antico mestiere del ceramista, la filantropia dell’aristocrazia romana e le teorie pedagogiche del tempo. Ai direttori di produzione, che si avvicendano negli anni, da Renzo Cellini a Francesco Caraglia, si affianca il talento della principessa Borghese cui spetta l’ideazione artistica dei manufatti, la messa a punto delle tecniche di cottura. La fabbrica che continua la sua produzione di ceramiche anche dopo la morte della principessa, avvenuta nel 1964, chiude nel 2011.
Le ceramiche in mostra sono una preziosa testimonianza della produzione romana e laziale, di cui la Casa Museo Boncompagni Ludovisi conserva ed espone le opere di diversi artisti: da Duilio Cambellotti alla Manifattura Tidei di Grottaferrata, alla Scuola delle Mura della Famiglia Randone a Olga Modigliani, per citarne alcuni”.
A.S.
Buongiorno Sindaco
Buongiorno sig. Sindaco, sono Paola Pace e le scrivo in merito alle prossime festività in piazza , in particolare riguardo ai fuochi d’artificio di domenica 9 giugno. Vivo a Pomezia da 60 anni e da 36 anni ogni anno mi prodigo affinché le varie amministrazioni comunali e i vari Sindaci, abbandonino l’idea di “sparare” i fuochi dai giardini pubblici di piazza Indipendenza. Zona verde, alberi con uccelli ora in piena nidificazione.
Ho elencato tutte le leggi a protezione degli uccelli e il divieto di disturbare i nidi, ma pare che non interessi a nessuno. Strano soprattutto ora che si parla molto di Green e di Ambiente, tutto decade quando si tratta di fuochi d’artificio (che tra l’altro hanno un costo non indifferente). Allora faccio presente che nei suddetti fuochi sono presenti rame e bario come coloranti, ossidanti, cromo antimonio che producono la fiamma con il combustibile. Inoltre altri elementi di cui sono composti i fuochi d’artificio sono: monossido e biossido di carbonio, biossido di azoto e di zolfo.
Producono particolato che rimane nell’aria per giorni e può dare problemi respiratori e asma. Insomma sono altamente inquinanti.
Ha provato a chiedere quale è la produzione di co2? Inoltre faccio presente che non sono mai presenti i vigili del fuoco, solo questo può essere motivo di denuncia... Diversi Comuni Italiani hanno saggiamente vietato i fuochi d’artificio. Continuerò sempre, fino a che avrò le forze, affinché si decida di smettere con questa pratica primitiva, inutile, costosa e pericolosa. Almeno lasciate in pace gli uccelli.
Invierò questa mail per conoscenza anche alla Lipu, al Pontino, e ad un quotidiano.
Paola Pace
Probabile che sia stata la chiesa dei Templari
La chiesa di S. Procula
Continua il percorso del “Cammino dei templari tra Pomezia ed Ardea” da me realizzato in collaborazione con la Pro Loco Città di Pomezia, parlando questa volta della chiesa di Santa Procula.
Ricordo che questo Cammino è stato da me sviluppato per scoprire le tracce lasciate dai templari sul nostro territorio.
Una ricerca non casuale ma stimolata dal fatto che sul nostro territorio è stata accertata la presenza della Tenuta Templare di Sant’Eramo sorta tra gli anni 1129 – 1312. La Tenuta, come ho raccontato in un precedente articolo si trovava nell’odierna zona di via Campobello e aveva unite due tenute, Maggione e Maggionetta, come si può vedere successivamente nel catasto Alessandrino (1665/1667). Maggione che aveva una estensione di circa 185 ettari; Maggionetta di 109 ettari per un totale di 294 ettari.
Nei numeri scorsi abbiamo già raccontato di tre siti del nostro territorio dove vi sono tracce templari. Ci riferiamo al borgo di Pratica di Mare e alla chiesetta di Santa Maria delle Vigne e della vigna a base esagonale. Ora vi voglio parlare della chiesa di Santa Procula.
Chiesa di Santa Procula
Nel Medio Evo come tutt’ora, via della Maggiona sfociava su via Ardeatina, l’attuale via Laurentina proprio di fianco al casale di “Santa Broccula”, così indicato nel catasto Alessandrino, che aveva lo stesso nome dell’omonima tenuta.
Il casale era composto da una chiesa e da altri manufatti. La chiesa di Santa Procula o Santa Broccula era dedicata a Sant’Edisto martire cristiano vissuto a Laurentum. Secondo il Nibby la chiesa era un edificio di età medievale, ed in esso era conservata una tribuna datata all’VIII secolo. La prima attestazione è comunque del 1074 in cui si parla di “ecclesia S. Proculi” congregazione di fedeli. Lo stesso privilegio viene ripreso da Innocenzo III nel 1203. Poi nel tempo il nome è stato volgarizzato in Santa Broccula e poi Santa Procula. Purtroppo della chiesa è rimasto poco più di un rudere sulla cui facciata vi è una targa bianca in marmo in cui in passato si riusciva a leggere solo “in nomine domini…”.
La chiesa era al confine con la tenuta templare di sant’Eramo e probabilmente, essendo l’unica chiesa molto vicina ad essa, era di fatto la chiesa dei Templari. Tra l’altro la tenuta di Santa Procula era allora di proprietà, come gran parte del territorio, dei benedettini dell’Abbazia di San Paolo che erano in stretti rapporti con i Templari.
Antonio Sessa