Il Pontino Nuovo • 2/2024
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Qualcosa di Nuovo
Buon Anno “Nuovo”. Iniziato col terremoto di
forte magnitudo in Giappone: molti morti e feriti.
Sulla pista dell’aeroporto di Tokio un aereo in at-
terraggio urta un altro aereo e va in fiamme: si sal-
vano centinaia di passeggeri del primo aeromobi-
le, muoiono tutti quelli dell’altro. Muoiono in
questi giorni persone famose e gente sconosciuta.
C’è anche chi in questi giorni festeggia il suo
compleanno in ospedale. Continuano le guerre,
nelle quali il 45% dei morti
sono bambini. Pertanto:
che cosa c’è mai di «nuo-
vo» in questo nuovo anno?
Che cosa c’è mai di mutato
nella immensa sofferenza
presente in questo strano
mondo? È forse il caso di
abbandonarsi allo scettici-
smo espresso dal Qohelet
quando scrive che «ogni
cosa è in travaglio, più di
quanto l’uomo possa dire;
l’occhio non si sazia mai di
vedere e l’orecchio non è
mai stanco di udire. Ciò
che è stato è quel che sarà;
ciò che si è fatto è quel che
si farà; non c’è nulla di
nuovo sotto il sole»?
Ma ecco che in questo qua-
dro desolante e ben poco
beneaugurante, ci vengono in aiuto i maestri del
pensiero moderno, per esempio, U. Galimberti,
che dice di non essere né ateo né credente, ma fa il
«greco»; C. Augias, che pur essendo ateo scrive li-
bri (per gonzi) su Gesù e Paolo apostolo; non
mancano teologi alla moda che propongono un
mix di fede e miscredenza; per il matematico P.
Odifreddi la lettura della Bibbia è il miglior modo
per diventare atei (lo dice, certo, agli italiani che,
notoriamente, non conoscono la Bibbia). Pur nelle
diverse sfumature, l’elemento comune a questi
maestri è che l’uomo viene dal nulla e va verso il
nulla. La vita non ha senso. Che cordiale PENSIE-
RO! E questa sarebbe la profonda persuasione che
dovrebbe confortarci tutti quanti mentre contem-
pliamo impotenti l’immensità della sofferenza
umana che ci appare in tutta evidenza nel momen-
to stesso in cui ci facciamo gli auguri di buon an-
no “nuovo”.
Gesù, pacifico rivoluzionario
Un giorno (dopo le ulteriori sofferenze causate da
un simile PENSIERO, si guardi al Novecento e alle
sue guerre); un giorno, quando sarà passata la
sbornia dell’ateismo, del nullismo e della nostra
ignoranza intellettualistica; un giorno, quando
l’essere umano forse rinsavirà e abbandonerà la sua
supponenza, forse si sciacquerà il viso alla fonte
dell’umiltà e ripenserà a quel Gesù del quale aveva
sentito parlare, e a quel Nuovo Testamento-Evan-
gelo ignorato per genera-
zioni. A quel punto, forse,
l’essere umano ritroverà sé
stesso, ritroverà la vita
«piena» in Dio, «la via»
perduta, la «verità» ignora-
ta, la «vita» alla quale ave-
va sempre aspirato. Ma
non sarà un ritrovamento
facile. Troppo ci siamo al-
lontanati. Siamo troppo in-
namorati della nostra im-
magine riflessa nei golosi
selfie e negli asociali so-
cial. Troppo l’egoismo, il
narcisismo e la vergognosa
ingiustizia di cui non ci ac-
corgiamo. Non accorgersi
vuol dire non pensare. «In-
fatti, come nei giorni prima
del diluvio si mangiava e si
beveva, si prendeva moglie
e si andava a marito, sino al giorno che Noè entrò
nell’arca, e la gente non si accorse di nulla, finché
venne il diluvio che portò via tutti, così avverrà alla
venuta del Figlio dell’uomo».
Gesù, muore fra due delinquenti che hanno fatto
analoghe esperienze di ruberie e ammazzatine. Ma
fra quei due c’è una differenza, perché ogni indivi-
duo è responsabile di sé stesso, perché è capace di
essere differente. «Uno dei malfattori appesi lo in-
giuriava, dicendo: “Non sei tu il Cristo? Salva te
stesso e noi!” Ma l’altro, rispondendo, lo sgridava
e diceva: “Non hai nemmeno timore di Dio, tu che
ti trovi nel medesimo supplizio?» Un giorno forse
potremo chiederci: non abbiamo neppure timore di
Dio, rispetto verso Dio, noi che ci troviamo davanti
e dentro l’immensa sofferenza del mondo? La vita
umana ha senso e significato nel SERIO amore di
Dio in Cristo Gesù. Il Dono di Dio insegna a vive-
re, soffrire, morire e rivivere in Dio.
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