Anche Pomezia il 10 febbraio ha celebrato il Giorno del Ricordo istituito nel 2004 con legge 92 del 30 marzo
In ricordo delle vittime delle Foibe
Anche a Pomezia il 10 febbraio 2024 si è celebrato il giorno della Memoria in ricordo delle vittime delle Foibe. Anche il nostro giornale ha voluto condividere questo tragico ricordo pubblicando l’intervento del colonnello Francesco Spano, Presidente della Sezione ANFI di Pomezia-Pratica di Mare.
“In primo luogo permettetemi di ringraziare il comitato “10 Febbraio” organizzatore del Convegno “10 Febbraio – Oltre la retorica”, il Direttore del Museo di Pomezia, che ha permesso tutto ciò, il Sindaco di Pomezia e tutti i partecipanti al convegno. Dal 1943 al 1945, durante l’occupazione di Trieste e dell’Istria da parte del 9° Corpus jugoslavo e delle forze partigiane titoiste, furono barbaramente uccisi e gettati nelle Foibe di Basovizza circa 12 mila cittadini residenti a Trieste, nell’Istria e provenienti da varie par d’Italia di cui circa 350 finanzieri, e un numero imprecisato di Carabinieri, Agenti di Polizia e civili di altre amministrazioni dello Stato.
Il 27 aprile del 45 appena dopo la cacciata dei tedeschi da Trieste, vi fu uno sbandamento generale nella popolazione, quando la maggior parte dei finanzieri rimase a presidiare gli impianti ed i deposi più importanti, con l’onere di mantenere anche l’ordine pubblico, in quanto la Guardia di Finanza, era l’unico Corpo armato ed organicamente inquadrato rimasto a presidio della città.
Il destino dei Finanzieri, purtroppo, era già segnato dai bestiali appetiti del bolscevismo titino che, nella logica della ripulitura etnica della Venezia Giulia e dell’Istria, iniziarono azioni di rappresaglia in ogni angolo e via: la macchina da guerra del genocidio verso ogni italiano era dunque iniziata, altro che apporto di libertà e democrazia.
Il 3 maggio 1945, 97 finanzieri, in forza alla Legione di Trieste, prelevati dalle truppe titine vennero barbaramente trucidati e infoibati presso la foiba di Basovizza, scrivendo una delle pagine più orribili e vile del disegno criminale del Maresciallo Tito. Con l’inganno, i soldati titini, entrarono così all’interno della Caserma del Corpo di via Campo Marzio, rassicurando i militari presenti, di effettuare una ricerca di eventuali soldati tedeschi scappati da una postazione vicina, ma ben presto le loro intenzioni si manifestarono chiaramente. I Finanzieri della Caserma di Campo Marzio, specialmente, subirono un destino peggiore rispetto a tante altre vittime dell’eccidio, così come fu peggiore il trattamento e le umiliazioni a cui andarono incontro. Disarmati, furono costretti a consegnare orologi, penne, giubbotti, vestiario, scarpe. Alcuni restarono scalzi, altri ricevettero in cambio ciabatte rotte dai soldati slavi. La notte furono guardati a vista con mitra puntati, all’interno di una scuola, per poi essere trasportati la mattina seguente in una stalla nelle vicinanze della Caserma. Minacciati da fucili puntati, i Finanzieri di Campo Marzio, subirono l’ultima umiliazione prima di essere portati nei lager di Borovnica: accatastati come bestie, vittime di insulti e percosse personali, gli uomini delle Fiamme Gialle dovettero consegnare ciò che rimaneva del vestiario personale ad uomini e donne slave, comprensivo di maglie, pantaloni e roba intima.
Destino diverso toccò ai Finanzieri della Caserma di via Udine: catturati, furono subito condotti nei lager titini e solo alcuni di loro non morirono di stenti tornando vivi in Italia. Le ricerche sull’amaro destino toccato ai Finanzieri vittime di Tito, venne proseguita qualche anno dopo la fine della guerra, da un Ufficiale del Corpo che, con molta cautela, raccolse informazioni riservate da persone del luogo, senza destare sospetto alcuno sul suo compito di investigazione storica demandato. Altra foiba dove si raccolsero, dopo anni, cadaveri di appartenenti al Corpo, fu la foiba di Monrupino. Alla data odierna, all’interno del Museo storico della Guardia di Finanza sito in Roma a Piazza Del Campidano, è possibile visionare un reperto storico di straordinaria rarità: la fotografia dei Finanzieri trucidati, in forza alla Caserma di Campo di Marzio di Trieste, immortalati nell’attesa di ricevere ordini riguardo a ciò che sarà il loro ignaro, tragico destino. La strage dei Finanzieri è inglobata, dunque, nella tragedia immane delle Foibe istriane, dove la pulizia etnica della Kosovelova Brigada, agli ordini del E. L. P. (Esercito Popolare di Liberazione iugoslava), ha commesso crimini efferati verso qualsiasi italiano e nei riguardi di qualsiasi aspetto sociale, identificazione territoriale, idiomatica e qualsiasi senso di appartenenza che avrebbe ricondotto alla nostra nazione.
E’ storia ormai risaputa che, nella logica assassina del Maresciallo Tito, qualsiasi italiano di quelle zone, fascista o partigiano, era da eliminare e gettare nelle voragini carsiche (foibe, appunto), liberando il territorio da ogni forma di identitarismo italiano millenario, in sostituzione di un “entità” chiamata Jugoslavia (attuale Slovenia), che altro non si dimostrerà nel tempo che un aggroviglio di etnie in contrasto fra loro, costrette a convivere sotto un regime dispotico fino al crollo della cortina di ferro. All’oppressione tedesca a Trieste ne era subentrata un’altra, di segno opposto, ma altrettanto feroce. Alla Gestapo aveva dato il cambio l’Ozna. E fu l’ora degli odi scatenati, delle vendette, delle rappresaglie e delle stragi.
Una realtà storica tremenda che ora, anche dalla parte su cui grava la responsabilità degli eccidi, si comincia ad ammettere, sia pure sottovoce. Dopo l’olocausto degli ebrei nei campi di sterminio nazisti, quello delle Foibe di Basovizza è stato certamente una delle più grandi tragedie che hanno colpito l’umanità. Per le Foibe di Basovizza si è trattato di un preordinato massacro di “pulizia etnica” che mirava alla distruzione di tutto ciò che era “Italia” e “italiano” e ciò anche per favorire l’annessione alla Jugoslavia dei territori di Trieste, del Goriziano e dell’Istria.
Nel corso della Seconda guerra mondiale 1940- 1945 in Italia sono state commesse altre stragi che hanno colpito i nostri soldati , combattendo per la difesa della Patria e durante la guerra di liberazione, nei Balcani e sul territorio italiano, come ad esempio i gloriosi fatti d’arme di Cefalonia-Corfù, i dolorosi eccidi commessi alle Fosse Ardea ne e a Marzabotto, ma trattasi di episodi che sono sta porta a conoscenza della collettività italiana che ha potuto così commemorarli, erigendo monumenti e celebrando cerimonie a carattere nazionale e locale. Ma per i martiri delle Foibe nulla è stato fatto perché il tuo è stato ammantato da un pietoso velo di silenzio. Lo storico Gianni Oliva nel suo libro “Le stragi degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria” afferma che da parte sua il PCI non ha nessun interesse a tornare sulla questione che evidenzia la contraddizione tra la sua nuova collocazione come par to nazionale, la vocazione internazionalistica e gli stretti legami con Mosca: parlare di Foibe significherebbe rivisitare le indicazioni opera ve inviate al PCI triestino a parlare dall’autunno 1944, riproporre il tema del passaggio della Divisione Garibaldina “Natisone” alle dipendenze dell’Esercito di liberazione sloveno. Il risultato complessivo è che i fatti di settembre-ottobre 1943 e del maggio 1945 non entrano a far parte della consapevolezza storica del Paese, ma rimangono confina nella coscienza locale giuliana. Pertanto solo a livello locale, a Trieste, a Gorizia e nelle altre città dove vivono migliaia di famiglie che non sanno darsi pace per l’orrenda fine dei loro cari, massacrati senza alcuna colpa se non per quella di essere italiani, si sono svolte cerimonie commemorative con il timore di essere boicottate da alcune forze politiche.
Da allora sono trascorsi quasi 60 anni e questa terribile pagina della nostra storia è passata sotto silenzio, perché venissero dimenticati i fatti e le gravissime colpe di uomini e di partiti politici, impedendo alla nostra collettività nazionale di prenderne coscienza e conoscenza. Solo oblio…, nei libri di storia, nelle scuole, non veniva fatta menzione alcuna. Solo vent’anni fa veniva approvata la Legge n.92/ del 30 marzo 2004, che istituiva il Giorno del Ricordo, il 10 febbraio di ogni anno, al fine di non dimenticare tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre. Ed è con sentimento di intima, commossa partecipazione che avverto l’impulso irresistibile a rievocare loro e il sacrificio che ne eterna la memoria di fronte agli eventi e ai destini della Patria, in quelle circostanze ferita a morte nell’intimo della sua gente fiera di cuore e di fede nazionale. La tragedia delle Foibe, accompagnata da quella della Shoah, è stata, all’interno della Seconda Guerra Mondiale, la chiara dimostrazione di come l’odio ideologico ha condotto l’uomo a compiere atti disumani, contro ogni etica ed ogni morale. Basta solo pensare, ad esempio, che fino ad inizio epoca delle Foibe, la città di Gorizia era stata divisa da un muro da truppe invasori naziste, con assonanze sociali e politiche simili a quella che sarà la Berlino Est fino al 9 Novembre 1989.
Riguardo le Foibe, al di fuori della tragedia riservata ai Finanzieri, si contano circa dodicimila le vittime innocenti recuperate dalle viscere della terra, come ho già detto, ma gli studiosi stabiliscono che il numero è di gran lunga superiore. Oltre a quella dei Finanzieri, si contano storie personali innumerevoli di esuli e di uomini e donne massacrati tragicamente (particolarmente toccante è la storia di Norma Cossetto, ragazza violentata brutalmente dai comunisti titini i quali recisero le mammelle della donna esibendole come trofeo di guerra). Ricordiamoci, l’unica colpa delle persone vittime dell’eccidio da parte delle truppe di Tito, è stata solo quella di essere ITALIANI”-
Francesco Spano