Le peripezie iniziarono nel 1883 quando 25 famiglie partirono da Aldeno per Mahovjani e poi si insediarono a Pomezia, Aprilia e Ardea
La storia della comunità Trentina
Correva l’anno 1882 quando una spaventosa inondazione dovuta allo straripamento del fiume Adige devastò gran parte delle terre fertili del Trentino costringendo parte della popolazione ad emigrare verso nuovi lidi. Fu così che nel settembre del 1883, esattamente ad un anno dalla catastrofe, 25 famiglie di Aldeno, piccolo paese collinare a pochi chilometri da Trento, approdarono a Naglaj e Mahovjani nella zona di Banja Luka, nella regione della Bosnia dove l’impero austro-ungarico aveva bisogno di colonizzatori per lavorare le terre ereditate dai turchi. Inizia così la storia di quella che oggi chiamiamo comunità trentina pontina. In questi giorni i Comuni di Ardea ed Aldeno hanno confermato il gemellaggio rinsaldando il patto di fratellanza e con loro le comunità trentine ormai apriliane e di Ardea e Pomezia. La sindaca di Aldeno Anita Cramerotti a capo di una delegazione di rappresentanti trentini ha fatto visita nei luoghi laziali confermando l’amicizia con Ardea partecipando alla cerimonia svoltasi in aula consiliare proprio ad Ardea con a capo il sindaco Maurizio Cremonini.
La delegazione di Aldeno, ospite soprattutto del gruppo Perotto, ha partecipato a diverse iniziative e visite tra le quali quella suggestiva al museo Manzù. E’ stato così ricordato il viaggio storico di molte famiglie. La storia di un viaggio che partì dal Trentino e che facendo tappa nell’ex Jugoslavia terminò tra le provincie di Latina e Roma. Aprilia, Ardea, Pomezia furono approdi per quel nucleo di famiglie che si stanziarono soprattutto tra i quadranti di Fossignano, CasaLazzara e Vallelata per Aprilia e Castagnetta per Ardea e zona di Pratica di Mare per Pomezia. 45 famiglie ad Aprilia, 35 ad Ardea e 15a Pomezia nei rispettivi appoderamenti dell’Opera Nazionale Combattenti. I numerosi aldenesi delle zone pontine agli inizi degli anni ’80, momento cruciale per il gruppo di pionieri, grazie allo stimolo di Camillo Stedile dell’Associazione Trentini nel Mondo, nonché direttore della Casa rurale di Aldeno, e dell’Arcivescovo, Nunzio apostolico del Papa per la Germania federale, S.E. Don Guido Del Mestri, figlio del conte Gitto Del Mestri, si raccordarono e si riunirono in un’associazione. I primi passi del coordinamento della comunità trentina locale nelle zone pontine fu animato da Paolo Perotto, Luciano Coser, Enrico Piffer e Marcello Coser. Organizzatisi in associazione i trentini pontini si diedero degli obiettivi di comunità: la realizzazione di un circolo trentino-pontino, su sollecitazione della Trentini nel Mondo, per mantenere e sviluppare le iniziative ed i collegamenti con la terra di origine.
La realizzazione di un Comitato per la ricerca storica ed anagrafica riguardante la colonizzazione dell’agro Pontino e per la compilazione dell’albero genealogico di tutte le famiglie dal 1883 in poi. La preparazione di alcuni giorni di festa per i compaesani Trentini ospiti nelle terre pontine e la costruzione di quella che fu definita una piccola chiesuola di tipo alpino quale simbolo di unità ritrovata. Le radici storiche, le ragioni di quello che fu un viaggio epico di un gruppetto di famiglie a causa di un violento episodio dovuto allo straripamento dell’Agide a fine 800 e l’opera dei pionieri, in questi giorni sono state ricordate e valorizzate dalla conferma del gemellaggio tra il Comune di Ardea e quello di Aldeno. Evento che ha coinvolto tutte le realtà trentine locali. Il primo gemellaggio tra Aldeno ed i Comuni pontini, ricordiamo, è stato quello siglato recentemente con la città di Aprilia. A breve inoltre sarà il Comune di Pomezia a suggellare sempre con un gemellaggio ufficiale lo storico legame con il Comune di Aldeno. Oggi il presidente della Trentini Pontini è Stefano Perotto figlio di Paolo Perotto. Stefano Perotto ha raccolto il testimone di tutti i trentini pontini.
P.N.
Un reperto archeologico di Ardea
Le avventurose vicende di un’antefissa etrusco-italica raffigurante la “Potnia Theron” da Ardea a New York a Gerusalemme...
Poco meno di un mese fa è stato aperto a Roma, nell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano, il Museo dell’Arte Salvata.
Le temporanee esposizioni che qui verranno allestite di volta in volta hanno il lodevole compito d’illustrare sia la tragica fine che possono fare gli oggetti archeologici/artistici quando vengono estratti dal loro contesto originario per fare poi da “souvenir” in qualche casa degli odierni ricchi, sia il prezioso lavoro dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale che, non solo hanno il delicato compito di tutelare appunto il nostro Patrimonio ma, con una serie d’indagini e un arduo lavoro di ricerca, spesso riescono a ritrovare e quindi far ritornare in Italia i reperti sottratti illegalmente già diverso tempo fa, come lo dimostra la storia che stiamo per raccontarvi.
In questo piccolo e interessante Museo infatti non poteva certo mancare un reperto archeologico proveniente dalla nostra martoriata e già saccheggiata Ardea. Si tratta di un’antefissa in terracotta raffigurante la ben nota “Potnia Theron” che proprio nell’antica Ardea sembra aver goduto di un discreto successo essendo stata questa infatti riprodotta in tutte le decorazioni templari dei santuari ardeatini e ciò in quasi tutti i secoli che questi ebbero vita.
La vetrina che ospita la nostra “Potnia Theron” raccoglie però oggetti di provenienza orientale e indica indagini e operazioni svolte in questa parte del Mondo. Perché allora la nostra Antefissa è esposta proprio in questa vetrina? Cosa c’entra questa con l’Oriente? Ecco la risposta: Fino al 2022 questa Antefissa era esposta all’Israel Museum di Gerusalemme. Come vi era finita allora li?
Ecco in breve la sua tragica e assurda storia: Nel 1981 la Soprintendenza Archeologica per il Lazio stava conducendo degli interessanti scavi archeologici in Ardea, in località “Monte della Noce”. Vennero così fuori i resti di un terzo grande tempio. Nelle sue adiacenze si rivenne: “un ambiente ipogeo scavato nel tufo a cui si accedeva per mezzo di gradini. Tale ambiente, che tagliava una precedente fogna a sezione ogivale, era completamente riempito di frammenti di decorazione architettonica, votivi anatomici, frammenti di statue fittili, statuette ed in esso venne riconosciuto, con ogni probabilità, uno dei depositi del santuario”. Proprio in questo “ambiente ipogeo” deve essere stata rinvenuta la nostra Antefissa, insieme ad altre più o meno frammentarie.
Nel Giugno 1983, quando gli studi sul precedente scavo non erano ancora conclusi, parte del materiale archeologico venne esposto alla Biblioteca Nazionale Centrale “Vittorio Emanuele II” di Roma, per la mostra: “Ardea: Immagini di una ricerca”. Ovviamente, dopo il suo restauro, vi era presente anche la nostra Antefissa.
Dopo la mostra i reperti furono riportati nei magazzini della Soprintendenza e “durante il trasferimento dei reperti di Ardea in un magazzino a Tivoli, alcuni di questi furono rubati compresa la stessa Antefissa”.
Così, per ironia della Sorte, proprio quei reperti archeologici che si erano salvati quasi per miracolo dai devastanti scavi clandestini che, proprio in quegli anni, interessarono il nostro territorio e che forse portarono addirittura ad un omicidio, furono trafugati quando ormai si pensava che fossero al sicuro.
La nostra Antefissa così finì nel mercato clandestino e fece il solito giro tra le mani dei medi e grandi intermediari d’antichità per lasciare così l’Italia, in modo clandestino, e approdare, ormai come un anonimo ma pregevole pezzo d’arte, nel ben noto Paese d’Oltreoceano.
L’ultimo suo proprietario fu infatti la Robin Beningson Gallery di New York, dal 1979 specializzata in antichità classiche.
Sarà proprio quest’ultima infatti, nel 1990, a donare all’Israel Museum di Gerusalemme la nostra Antefissa dove ormai non si sa più nulla delle sue origini e della sua provenienza illegale.
Solo lo studio approfondito di una studentessa israeliana da una parte, e le indagini condotte dai carabinieri dall’altra, la faranno individuare nel 2013 e verrà rilevata questa assurda e tragica storia.
Nel 2022 infine, grazie ad un accordo culturale tra Italia e Israele, la nostra Antefissa ha fatto finalmente ritorno in Italia, presso il benemerito Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Roma, in attesa della definitiva destinazione.
Ci auguriamo vivamente allora che questa Antefissa, che in pochissimi anni è già stata almeno in tre Continenti, possa presto tornare anche alla sua Ardea, almeno per una mostra temporanea, in attesa che il nostro Comune pensi seriamente e si adoperi a realizzare un museo archeologico che, a quanto pare, non sarà affatto vuoto.
Fabio Ferri
dopo aver
visitato il
Museo
dell’Arte
Salvata
il 3 luglio 2025