Ma la vittoriosa Guerra contro Napoleone ebbe però per la Russia delle profonde conseguenze politiche.
Difatti gli Ufficiali russi che avevano partecipato alle Guerra Napoleoniche importarono in Patria le Idee Liberali che condussero al Moto Decabrista del 1825.
Il Movimento Decabrista in effetti fu un Movimento rivoluzionario che sosteneva un programma sociale notevolmente avanzato per la Russia del tempo, tra cui l’abolizione della Servitù della Gleba e la emanazione di una Costituzione di stampo liberale.
L’Insurrezione Decabrista ebbe luogo il 14 dicembre (il 26 nel Calendario Gregoriano) e fu promossa da alcuni Ufficiali appartenenti a Società Segrete a capo di un contingente di tremila soldati. Fu un tentativo di abbattere l’Assolutismo col quale l’Impero era stato governato fino allora e di instaurare in Russia un Regime liberale. Questa Rivolta ebbe luogo nella piazza del Senato di San Pietroburgo, piazza che nel 1925 venne rinominata Piazza dei Decabristi. Ma, a causa del dilettantismo e dell’approssimazione con la quale era stata concepita e realizzata, l’insurrezione fallì. (Vedi “I demòni” di Fëdor Dostoevskij). Difatti lo Zar Nicola I, che era stato informato in precedenza dalla Polizia Segreta, riuscì facilmente ad avere la meglio sui ribelli.
I maggiori responsabili furono condannati all’impiccagione, gli altri a lunghi periodi di Lavori Forzati in Siberia e le condizioni disumane dei deportati furono magistralmente descritte da Lev Tolstoj nel suo celebre romanzo “Resurrezione”.
Il Moto Decabrista all’epoca fu represso ma pose le sue radici per tutti i Movimenti Rivoluzionari russi che si conclusero con la nota Rivoluzione Socialista del Febbraio del 1917 (Marzo per il Calendario Gregoriano) che fu seguita dal Colpo di Stato effettuato dai Bolscevichi nell’ottobre successivo (Novembre per il Calendario Gregoriano).
Il'ja Efimovič Repin I trasportatori di barche del Volga, 1870-1873, Museo Russo, San Pietroburgo.
Undici uomini spossati dallo sforzo sotto il sole cocente, trascinano controcorrente una chiatta.
L'opera celebra la dignità e la forza d'animo dell'uomo,
ma nello stesso tempo è una commovente condanna verso
coloro che permettono un lavoro così disumano. (Wikipedia)
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Do you speak English? Yeah
di Giancarlo Marchesini
Quando un americano risponde con uno yeah a una domanda, invece del più compito yes intende qualcosa di simile al nostro “così così”, “va bene”, “se proprio devo”, “stiamo a vedere”.
Quando un germanico (conto anche austriaci e svizzeri) vi dice che parlate tedesco perfekt, vuol dire che si capisce quello che dite, da straniero. I francesi non fanno commenti, ma smorfie per la pronuncia o la scelta dei vocaboli e costrutti. Tanti anni di studio e questi miseri risultati? È tutto un sistema di insegnamento delle lingue che è in discussione e che, nei curriculum, produce quel famigerato “conoscenze scolastiche” che in realtà è un’ammissione d’incapacità di esprimersi in modo efficace in una lingua straniera.
Non è meglio in altri paesi europei perché sempre si commette lo stesso errore: si pensa nella propria lingua e si traduce nella lingua dell’interlocutore straniero. Un esempio a caso: un signore inglese entra a casa vostra, voi, indicando una poltrona, gli volete dire “Prego, si accomodi” e traducete accomodate yourself. In realtà gli avete detto: “si abitui all’idea, cambi tattica”!!
Parole isolate imparate a memoria - È perfettamente inutile cercare di memorizzare lunghe liste di vocaboli. Se invece di insegnarvi la parola isolata seat (posto a sedere) vi avessero inculcato la frase take a seat, please non avreste fatto quella figura barbina con il vostro ospite inglese. Certo, oggi esistono i corsi a immersione totale o, addirittura, scuole in cui si insegnano alcune materie in una lingua e altre in un’altra lingua, lasciando poi ai ragazzi il compito di fare i dovuti confronti. Ma sono corsi per persone abbienti o per pochi privilegiati. Ci sono poi le mode: i genitori chiedono che i figli imparino lo spagnolo, il cineseo l’arabo, pensando che, con poche ore settimanali, i loro pargoli diventeranno grandi comunicatori.
Così, per effetto della globalizzazione, il francese è diventato una lingua esotica, per non parlare del tedesco.
Erasmus - Per fortuna i nostri ragazzi partono per gli scambi Erasmus. E lì imparano per davvero. Perché l’apprendimento diventa un’esperienza ludica, piacevole. Si scopre che la lingua straniera è uno strumento utile, che serve finalmente a qualcosa, a imparare, ad esempio, diritto costituzionale o fisica nucleare. E tutto questo in un ambiente diverso da “quello di casa” con nuovi usi e costumi (o idiosincrasie) da conoscere e apprezzare.
I bambini - Pensate a come imparano quella che poi sarà la loro lingua materna: per imitazione. È un processo ludico, fatto di tentativi, di ripetizioni ossessive, di adeguamento “ai grandi”. In vacanza al mare, andavamo la sera a vedere i pipistrelli che uscivano dai tetti delle case vicine. Mario, il più piccolo, non riusciva a pronunciare la “erre” di pipistrello. Io e la sorella maggiore lo prendevamo in giro imitando la sua pronuncia errata. E lui si indignava gridando “No pipistelli, PIPISTELLI”. Ma poi rideva comprendendo che era un gioco.
Si può imparare una lingua senza sussidi didattici, solo per imitazione? Nessuno si meraviglia se lo fa un bambino. Ma un adulto? Personalmente ho imparato la lingua alemannica che si parla in Svizzera (e che è profondamente diversa dal tedesco) ascoltando e imitando, talvolta fra l’ilarità generale di amici e compagni. La mia ragazza del momento diceva: “Non capisce quello che dovrebbe capire e capisce quello che non dovrebbe capire”.
La mia esperienza - Lasciai l’Italia a circa vent’anni e come molti della mia generazione ero intriso della mentalità sessantottina. Ben presto imparai che era assurdo voler tradurre il gergo che aveva condizionato le nostre vite: qualunquista diventava “indifferente”, massificazione diventava “conformismo”, ma queste traduzioni rispecchiavano altre realtà culturali. Lotta di popolo cadeva nel vuoto, a meno di non aderire agli ideali (pardon ideologia, come si dice oggi) Baader-Meinhof.
In che lingua sogni? È quello che mi chiedono talvolta. Beh, dipende da quello che sto sognando e dalla regione del globo terracqueo in cui il mio sogno è ambientato.
Qual è la lingua che preferisci? È un’altra domanda. Qui la risposta è più semplice e mi viene da un caro amico: quella che uso per mangiare!
MUSICA PER L’ANIMA
Josquin Desprez (1450-1521)
il Michelangelo della musica
Come un abbraccio simbolico, le parole possono unire in questo momento alla solidarietà di credere nella pace tra gli esseri umani. Le arti, tutte, al loro massimo grado, dettano di un identico bisogno. La musica, per eccellenza, priva di un idioma differenziato è suono universale che meglio può esprimere l’afflato di questa necessità così intima e sociale.
La Pasqua è uno di quei momenti in cui si acuisce la necessità della concordia, come natura stessa illuminata dalla primavera e portatrice di sentimenti di serenità. Sacro diventa ogni luogo, ma il tempio, la chiesa, la cattedrale sono per eccellenza spazi nati per fonderne il contenuto e manifestarsi in un unico abbraccio spirituale. Ogni sentimento si fa religioso, le sacre scritture si comprendono per intuizione pur non sapendole leggere. La parola e la musica si alternano per giungere all’orecchio sensibile e all’anima trascendentale, dissolvendo barriere culturali nel raccoglimento della preghiera.
Con i grandi polifonisti del Rinascimento musicale, la vocalità si caratterizza in un crescente virtuosismo compositivo dove le stesse voci, nelle diverse estensioni e nella costante commistione delle parti alterne, generano una nuova idea di "suono", che valorizza al massimo potenziale lo strumento musicale naturale dell'uomo: la sua voce. La voce, come unica materia sonora per la spinta creativa del musicista, che accordava a quello strumento possibilità incredibili, sfiorando l’ambizione di imitare la voce degli angeli.
Josquin Desprez, superato il momento iniziale di eccessiva riverenza del primitivo canto gregoriano, e abbandonate le acrobazie virtuosistiche dello sperimentalismo polifonico, scopre tra le due forme un giusto equilibrio. Egli fa uso sapiente delle alternanze della melodia polifonica per giungere all’opera definita nella sua forma esemplificatrice del messaggio spirituale. La forma è inestricabile dal luogo di esecuzione, nel quale si rincorrono e si ricongiungono voci differenziate. Un tutt’uno che si confonde compenetrando, spandendo, riempiendo transetti e navata, scivolando lungo le colonne polilobate simili a canne d’organo, in un moto ascensionale fino alla cupola, il cielo simbolico dello spazio sacro. Un grande musicista di cultura umanistica che frequentò le corti italiane di Milano, Ferrara e la Pontificia Cappella e che non si impegnò solo nel repertorio chiesastico. Accanto alle Messe e ai mottetti compone anche canzoni profane. Sacro e profano interpretati al loro massimo grado.
A 500 anni dalla sua morte possiamo ritornare ad ascoltarlo, e soprattutto apprezzarlo, immedesimandoci nell’epoca e abituando l’orecchio a quei suoni così lontani dalla nostra capacità comprensiva. Potremo, così, riappropriarci di un’eredità quasi dimenticata.
G.B.
Domenica 2 aprile 2022 - ore 16.30
LA DONNA INVISIBILE
In Italia su 100 registi cinematografici, 7 sono donne. Da questo dato trapela la disparità tra uomini e donne, anche in questo campo. La regista, in genere, ha sempre difficoltà ad arrivare ai livelli superiori della scala dell’industria cinematografica.
Tracce Cinematografiche Film Fest, vuole rendere omaggio a queste donne con la proiezione di cortometraggi a regia femminile.
Una selezione di corti internazionali che mette in risalto, in primis, la diversità del cinema con registe di provenienza diversa, sia nei loro svariati mezzi di espressione cinematografica sia nelle tematiche trattate: On the way to di Morena la Ferla &M. Leclere provenienza Italia; The melody of lonelines della regista iraniana Samira Agimian; The escape della russa Liudmila Komrako; Kaval della regista macedone Sasa Stanisic; Rosario della regista Ayerim Villanueva della Rep. Dominicana. Sono alcuni dei corti che vedremo domenica 2 aprile.
Simposio in via Venezia, 19, Lido di Cincinnato – Anzio