S i m p o s i o
LIBERO INCONTRO ARTISTICO CULTURALE
Domenica 17 Novembre 2024 – ore 16.00
IL SECONDO DRAMMATICO
MA FECONDO DOPOGUERRA
di Francesco Bonanni
Il 1° settembre del 1939, inizio della Seconda guerra Mondiale, l’Italia assunse lo Status di Paese Alleato non Belligerante della Germania e il 13 Ottobre del 1943, quando dichiarò guerra al suo Ex Alleato, acquisì lo Status di Cobelligerante non Alleato degli Angloamericani.
Inoltre dall’otto settembre del 1943, data della firma della Resa incondizionata spesso spacciata per Armistizio, l’Italia divenne facile preda dell’Esercito Germanico, trasformatosi in vendicativa Truppa di una feroce occupazione, per cui ebbe bisogno di essere liberata dalle Forze Armate Alleate che fino alla data del Trattato di Pace, firmato il 10 febbraio 1947, giuridicamente rimanevano pur sempre un vero e proprio Esercito nemico. Si trattò per il nostro Paese di una tragica situazione definita da Ernesto Galli Della Loggia: “la morte della Patria”.
Difatti mentre al Sud del Paese formalmente operava il Governo del Re, con a capo il Maresciallo Badoglio, sotto uno stretto controllo dell’italoamericano Colonnello Usa Charles Poletti, al Nord per volere di Hitler si era costituita la Repubblica Sociale Italiana, con un Governo fantoccio presieduto dall’ex Duce Benito Mussolini senza alcun potere effettivo.
Anche se la parte più filonazista di questo Stato fantoccio si macchiò di gravi crimini ce ne fu un’altra che, militando i buona fede dalla parte sbagliata del Conflitto, ebbe la funzione di attutire almeno in parte la ferocia dell’occupante tedesco.
Sulla frantumazione dello Stato Italiano si era innestata una ferale guerra civile che in parte si protrasse fino ai primi tempi dell’immediato Dopoguerra.
Ma poi prevalse la voglia dimenticare tutte le sofferenze della guerra espressa nella nota canzone napoletana:
“Chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato scurdammoce ‘o passato simme ‘e Napulepaisà”.
Il testo fu scritto nel 1944 a Napoli da Peppino Fiorelli e musicato da Nicola Valente sul ritmo di Tarantella. Napoli, sebbene fosse una città martoriata da numerosi bombardamenti, appena cacciate le truppe tedesche, reagì con la voglia dimenticare il passato e di guardare con ottimismo al futuro.
Fu un Dopoguerra caratterizzato da una miseria non solo materiale ma anche e soprattutto morale.
Dalle macerie di quello passato si trattava di ricostituire un nuovo Stato che col Referendum del 2 giugno del 1946 assunse la forma di Repubblica.
Si trattò di un lavoro difficile ma che fu portato a termine da Personaggi di grande spessore e di altrettanto vigore morale come Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi e molti altri.
Ma l’elemento decisivo della Ripresa, che in pochi anni si evolse in Rinascita, risiedette nel grande impegno di tutta la Popolazione nel “rimboccarsi le maniche” per uscire dall’emergenza e costruire un solido futuro per il Paese.
A questo sforzo parteciparono tutti.
Dalla Classe Lavoratrice che con grande spirito di sacrificio affrontò duri disagi spesso in condizioni non immaginabili per le recenti Generazioni, alla Classe Imprenditrice che con notevole genialità pose le basi di quello che poi fu definito il “Miracolo Economico Italiano”.
Miracolo che consistette nel passaggio dell’Italia, in tempi relativamente brevi, da Paese prevalentemente agricolo ad una delle principali Potenze industriali del Mondo Occidentale.
Il tutto supportato e coordinato da una Classe Politica che, pur nelle sue diversità ideologiche, diede prova di grande capacità professionale associata ad un profondo spirito di servizio nei confronti della Collettività Nazionale.
Naturalmente ciò fu favorito da una particolare contingenza internazionale profondamente segnata dalla “Guerra Fredda” che consentì ad un Paese vinto come l’Italia, inizialmente pesantemente penalizzato da un duro Trattato di Pace, di essere assolto dalle sue scelte del passato e quindi di essere accolto nella Compagine Politica e militare dei vincitori angloamericani denominata Patto Atlantico.
I RACCONTI DAL FARO
NOCE MOSCATA, CHIODI DI GAROFANO, PEPE...
LE ISOLE MOLUCCHE - Menzionate già nei papiri egizi, le spezie erano conosciute in Europa dai tempi dell’antica Grecia e dell’antica Roma, e, per il loro alto prezzo, riservate alla parte più nobile e abbiente della popolazione. Sostanze di origine vegetale, consistenti in semi, frutti, radici e cortecce (ben distinte, quindi, dalle “erbe”), aromatizzano e insaporiscono cibi e bevande, conservano gli alimenti; sono utilizzate nella medicina, nella farmacia, nella cosmesi e nella profumeria. All’inizio dell’Età Moderna (alla fine del XV secolo) la loro richiesta sui mercati europei era in continua crescita, eppure ancora non se ne conosceva il luogo di origine.
Quando nel 1498il navigatore portoghese Vasco da Gama (1469-1524) attraversò l’Oceano Indiano e divenne il primo europeo ad approdare in India (a Calicut, un importante centro di commercio), l’Occidente seppe che esse provenivano dal lontano Sud-Est asiatico, e che le Isole Molucche dell’arcipelago indonesiano erano “le isole delle spezie”, dove crescevano la “noce moscata” e i “chiodi di garofano”.
Il commercio delle spezie indonesiane verso l’Europa era gestito dai mercanti arabi, insieme a quello dello “zenzero” della Cina, del “pepe” e della “cannella” dell’India.
LA VIA DELLE SPEZIE - All’inizio del XVI secolo noce moscata, chiodi di garofano, pepe, cannella, zenzero ed altre merci esotiche, continuavano ad essere trasportati in Occidente (come era avvenuto nell’antichità, nel Medio Evo e nel Rinascimento) lungo quella che era chiamata “la via delle spezie”: per mare dall’Oriente fino al Mar Rosso, per via di terra sulle rotte carovaniere del deserto del Sahara fino al Mare Mediterraneo, di nuovo per mare sulle navi mercantili delle repubbliche marinare di Venezia e di Genova, che ne facevano poi smercio in l’Europa, con alti ricavi. Il fatto che le spezie arrivassero in Occidente dopo un lungo viaggio, che fossero oggetto di monopolio (arabo) e di decine di dazi imposti dai paesi di transito, faceva lievitare il loro costo, rendendole una merce preziosa quanto l’oro, al momento della vendita. Lungo le sabbie del Sahara erano trasportate da carovane di dromedari arabi e berberi, ciascuna formata da migliaia di animali. Guide berbere, che conoscevano le piste del deserto, rendevano sicuro il viaggio e proteggevano il carico dalle razzie di nomadi ostili.
UNA ROTTA DIRETTA PER L’INDIA - Quando gli Ottomani conquistarono Costantinopoli nel 1453, bloccarono quelle vie carovaniere. Per gli europei fu necessario allora trovare nuovi itinerari di approvvigionamento delle spezie orientali. Si guardò agli oceani, e sugli oceani nell’ultimo decennio del XV secolo portoghesi e spagnoli iniziarono, in competizione fra loro, a cercare una rotta marittima per raggiungere direttamente “le isole delle spezie”. La Spagna l’aveva cercata nel 1492 verso Ovest, sull’Oceano Atlantico, con il navigatore genovese Cristoforo Colombo, ma senza successo. Infatti, Colombo, anziché raggiungere l’India asiatica - che avrebbe dovuto essere la sua mèta - si imbatté casualmente nello sconosciuto continente americano, che ne interruppe il viaggio. Invece - come detto - fu il Portogallo a raggiungere direttamente nel 1498 con Vasco da Gama l’India da Est, attraverso l’Oceano Indiano (quattro anni dopo che il duopolio cattolico ispano-portoghese si era diviso con il Trattato di Tordesillas del1494, avallato dal Papa, le zone di competenza per la scoperta di nuove terre extraeuropee).
Per circa un secolo il Portogallo mantenne la supremazia sulla rotta delle spezie che aveva tracciato, che passava per il Capo di Buona Speranza, al Sud dell’Africa. Poi, dovette confrontarsi e scontrarsi, oltre che con la stessa Spagna, con altre potenze marittime quali l’Olanda e l’Inghilterra. Gli aspri e cruenti conflitti che ne seguirono in alcuni casi sfociarono in vere e proprie guerre.
LA CARAVELLA - Le avventurose imprese oceaniche dei navigatori di quell’epoca furono rese possibili da una innovazione portoghese nella tecnica navale: l’invenzione della caravella nella metà del XV secolo. L’agile caravella sostituì le pesanti galee a remi e permise di affrontare il mare aperto con maggior sicurezza. A due o a tre alberi, con un timone a pala incernierato a poppa, apriva la strada ad un nuovo modo di navigare, basato sull’esclusivo uso delle vele, che consentiva di risalire il vento bordeggiando. In quel tempo, solo la Spagna era in grado di vantare la tecnica e la conoscenza dei portoghesi nel solcare gli oceani alla ricerca di nuove terre. Tuttavia, è bene sottolineare che - pur la Storia esaltando la fame di avventura degli intrepidi navigatori - a muovere le grandi imprese era sempre la ricerca di nuovi mercati commerciali e la sete di profitto. Lo stesso Cristoforo Colombo nel famoso primo viaggio verso l’Ovest atlantico era partito, infatti, non solo per ricercare la gloria di Dio e dei sovrani di Spagna che lo avevano finanziato, ma soprattutto per trovare una via alternativa per raggiungere le Indie (e l’Estremo Oriente) e la loro ricchezza di spezie.
UN NUOVO FLUSSO COMMERCIALE - La scoperta del continente americano nel 1492 generò un flusso commerciale di prodotti verso l’Europa, e i consumatori europei spostarono il loro interesse dalle spezie dell’Oriente ai frutti della terra del Nuovo Mondo (pomodoro, patata, mais, fagiolo, peperone e peperoncino, tabacco. zucca, zucchino, melanzana, girasole, ananas, cacao …).
Il Guardiano del Faro