Uniti per l’Ambiente, un gruppo che difende il territorio fra mille difficoltà
Nè di Destra nè di Sinistra
La difesa dell’ambiente è diventata, negli anni, sempre più un atteggiamento permeato di ideologia, viziato cioè da teorizzazioni preconcette che spesso prescindono da territori e condizioni e sono solo create spesso per finanziarele grandi associazioni ed i progetti di ricerca delle tante università che si occupano di ambiente. Ma parliamo delle grandi scelte a livello globale, parliamo di riscaldamento degli oceani, dei danni causati dall’emissione di CO2 e da altri flagelli le cui cause sono spesso messe in dubbio da studi finanziati da coloro che producono i danni. Storicamente le formazioni politiche di sinistra, che hanno sempre manifestato più sensibilità verso le grandi problematiche ambientali, anche se con qualche catastrofismo di troppo, hanno spessoattribuito ai problemi climatici, i disastri causati dall’incuria della politica.
Quando si parla di gestione dell’ambiente a livello di un piccolo comune come Anzio ci si riferisce sempre alla difesa del suo verde, al decoro urbano, alla protezione degli animali e, principalmente al maggior fattore inquinante e cioè ai rifiuti prodotti ed alla loro gestione. Uniti Per l’Ambiente è un gruppo di associazioni e di persone che cerca di farlo nel modo corretto e cioè individuando i problemi e cercando di proporne la soluzione, lo fa nel modo in cui riesce a farlo con i mezzi di cui dispone. Il gruppo nato molti anni orsono per ostacolare la creazione di due centrali biogas, ha proseguito negli anni cercando di render utile l’esperienza e la potenzialità espresse per fermare la realizzazione della seconda centrale, visto che la prima, quella oggi in funzione, era già stata approvata col benestare del Comune di Anzio. Nella convinzione che l’adesione a partiti politici, se può essere utile per avere vantaggi e facilitazioni, alla fine contribuisce solo a dividere. Uniti Per l’Ambiente, nel totale disimpegno dalla politica e dai suoi vantaggi, continua oggi la sua attività in difesa del territorio con iniziative nei vari aspetti che costituiscono l’ambiente, non trascurando nemmeno quello che riguarda l’inquinamento elettromagnetico con la sua minaccia subdola, perché non facilmente apprezzabile.
Il gruppo, che è del tutto informale, si esprime attraverso riunioni che si tengono da parte del team operativoche si chiama “Action”, perché è deputato a prendere le decisioni ed a porle in atto. Chi sono i suoi componenti? Pensionati ma anche persone attivamente inserite nel mondo del lavoro, persone che cercano di dare un loro apporto all’attività comune in base alla loro disponibilità di tempo. Le riunioni avvengono quasi esclusivamente on line e sono sempre valide secondo il concetto “decide chi partecipa”. Poiché Uniti Per l’Ambiente non è un Comitato che tratta di una attività definita, ma cerca di coprire tutte quelle che costituiscono l’ambiente, il problema principale resta quello della carenza di persone che riescano a seguire le varie attività, a proporre progetti per la valorizzazione delle pratiche e dei comportamenti virtuosi ed a realizzarli in modo adeguato. Purtroppo la sensibilità verso la difesa dell’ambiente, nel nostro territorio, è moneta molto rara, mentre pullulano coloro che sono sempre pronti a criticare mentre pochissimi sono coloro che sono disposti a rimboccarsi le maniche. Eppure basterebbe che più persone dessero anche solo un po’ di partecipazione perché molti di più sarebbero i progetti che si potrebbero sviluppare e migliori i risultati. Purtroppogli appelli alla partecipazione cadono troppo spesso nel vuoto o vengono raccolti da chi non accetta la necessità della completa equidistanza fra i partiti; nella convinzione banale che la “monnezza” non è di destra e nemmeno di sinistra e che il rapportarsi con i rappresentanti della politica è finalizzato sempre e solo al perseguimento dei progetti e degli obiettivi che liberamente si sono fissati. Quindi per entrare a far parte di Uniti Per l’Ambiente basta accettare la semplice regola dell’apartiticità e del rispetto dei principi fondamentali del convivere civile che significa innanzi tutto rispetto delle diversità, di tutte le diversità. Non ci sono domande da fare, non ci sono tessere, non ci sono spese da pagare, si partecipa come si può, purché non venga mai meno lo spirito di solidarietà verso il lavoro comune.
Per avere chiarimenti e per verificare la possibilità di collaborazione con Uniti Per l’Ambiente basta scrivere a unitiperlambiente1@gmail.com. Non stare solo a guardare; partecipa!
Sergio Franchi
Documenti parlano di un’organizzazione strumentale nelle mani dell’eversione
Che resta della flottiglia
A bocce ferme, ritengo sia il caso di fare un po’ di chiarezza, con l’atteggiamento scevro da qualsiasi preconcetto ideologico, un po’ di chiarezza per dare un’informazione neutra che cerchi la verità. Mi riferisco alla “Flotilla”, a quella operazione che ha visto decine di associazioni partecipare da 44 stati.
Una piccola flotta di eterogenee imbarcazioni che, dopo un lento ed arzigogolato itinerario aveva, almeno per quanto dichiarato, l’intento di consegnare derrate alimentari direttamente al popolo di Gaza, dopoaver rifiutato l’autorevole offerta del Vaticano di farlo attraverso il Patriarcato Cattolico di Gaza. Rifiutando l’offerta del Vaticano, i responsabili dell’operazione erano, comunque, matematicamente certi che, nella migliore delle ipotesi, quelle derrate alimentari, sarebbero state consegnate alle autorità Israeliane e non sarebbero mai giunte ai poveri cittadini di Gaza.Da controlli effettuati successivamente di derrate ce ne erano veramente poche e di medicinali zero.
Quindi l’operazione non aveva l’intento umanitario, come fatto credere a chi ha voluto crederlo ma, come chiaramente dichiarato negli ultimi giorni da autorevoli portavoce, la missione, che ha avuto un seguito molto rilevante solo in Italia, aveva intenti politici e se aveva intenti politici bisogna chiedere “cui prodest?”, perché la politica ha sempre un beneficiario. Una missione che non è stata interrotta nemmeno di fronte al rischio di far naufragare, in caso di esiti drammatici, l’unico, possibile, credibile progetto per chiudere la tragedia per sempre. Tutti presi nel gioco della battaglia navale in cui i pirati assaltano i marinai buoni, non c’è stato il tempo di cercare di saperne di più, tranne che da parte di coloro che, dotati della necessaria onestà intellettuale. non si accontentavano della tesi costruita da chi coltivava un credo di parte.
Lo hanno fatto alcuni giornali internazionali ed, in Italia, è stato il Foglio che ha squalificato apertamente gli intenti umanitari, per documentare gli interessi che sono dietro a tutta l’operazione che certamente è stata possibile con massicci finanziamenti non tanto per coprire l’acquisto dei modesti aiuti alimentari, ma principalmente per finanziare i costi degli spostamenti e della perdita dei battelli che, da stime attendibili, ammonterebbe a qualche milione di Euro“Le indagini hanno documentato contatti diretti tra membri dello steering committee e alti funzionari di Hamas e della Fratellanza musulmana. “Non sono attori umanitari imparziali – ha dichiarato il ministro Amichai Chikli – ma un fronte ideologico coordinato che usa il linguaggio dei diritti umani per coprire obiettivi di organizzazioni terroristiche”.
Il servizio del Foglio si basa su dati forniti a settembredal Ministero Israeliano della Diaspora e da fonti attendibili e cita nomi e cognomi di personaggi e circostanze senza che vi siano state smentite da parte degli interessati o degli organizzatori. D’altra parte la tesi dei volontari buoni e degli ebrei cattivi ha fatto comodo a molti e questo ha scoraggiato dal cercare di saperne di più.
“I nomi emersi sono numerosi. Muhammad Nadir al Nuri, fondatore di Cinta Gaza Malaysia, ha finanziato strutture sotto diretto controllo di Hamas e compare in foto accanto al leader Ghazi Hamad. Saif Abukeshk, palestinese residente a Barcellona, arrestato in Egitto nel giugno 2025, aveva collaborato con l’algerino Yahia Sarri, affiliato ai Fratelli musulmani, ritratto insieme a Bassem Naim e Zaher Jabarin, vertici di Hamas. Anche Marouan Ben Guettaia è stato fotografato con Youssef Hamdan, mentre Wael Nawar è apparso in pubblico con un simbolo di Hamas. Tra gli attivisti è stata segnalata anche la presenza di membri di Samidoun, rete vicina al Fronte popolare per la liberazione della Palestina, messa al bando da Israele, Germania, Stati Uniti e Canada. A bordo di una delle navi c’era Jaldia Abubakra, esponente di Samidoun Madrid. Il nome che ricorre più spesso è quello di Zaher Birawi, palestinese residente a Londra, già presidente del Palestinianreturn centre. Un briefing parlamentare britannico del giugno 2025 lo descrive come presidente del Comitato internazionale per rompere l’assedio di Gaza e organizzatore centrale della Freedom Flotilla Coalition. Secondo il documento, fondi raccolti in Gran Bretagna da enti registrati come charity potrebbero essere stati usati per attività legate a Hamas”.
Se a bordo delle barche c’erano decine di studenti, professionisti ed anche politici in buona fede non è giustificata, in un quadro non strumentale, la presenza di figure che hanno partecipato ai funerali del leader di Hamas Hassan Nasrallah. Ma a chi ha portato giovamento l’intera operazione? Ha cambiato di un millimetro la condizione dei poveri disgraziati che abitano la striscia? L’autorevole dichiarazione del Card Pizzaballa sintetizza l’intera faccenda: “la flotilla non porta nulla alla gente di Gaza”. L’unico risultato evidente è quello che ha sempre voluto raggiungere Hamas e cioè creare raccapriccio mondiale con le morti di innocenti posti come scudi umani, a causa della guerra contro Israele e per l’annientamento del popolo di David. In questo c’è riuscito ed i veri drammatici risultati a cui l’operazione “flotilla” ha contribuito in modo rilevante sono le manifestazioni violente che minano i principi democratici dei paesi occidentali e la caccia all’ebreo. Nelle università vengono malmenati studenti ebrei, si spara nelle sinagoghe, una signora che collabora con l’ONU snobba una Senatrice della Repubblica sopravvissuta dell’Olocausto e bacchetta un sindaco perché denuncia il 7 ottobre, si incendiano luoghi di ritrovo ebraici, si sfregiano monumenti, si accoltellano cittadini perché indossano il kippah, si vilipendano cimiteri: fetore degli anni trenta! Drammatica confusione fra la religione ebraica e lo Stato di Israele o peggio fra il Semitismo ed un governo di estrema destra. Tutto in nome di un grande bluff, quello di una manifestazione di barche che volevano violare un territorio di uno stato in guerra, i cui partecipanti, non sono stati presi a colpi di mitra come avvenuto in un caso analogo qualche anno fa, perché protetti del Governo Italiano, ma sono stati tranquillamente accompagnati all’uscita senza nessuna violenza grazie agli auspici dello stesso Governo anzi no: una deputata tra quelli che per primi se ne sono andati dal Israele, ha recriminato che le hanno sequestrato la crema solare. La flottiglia ha prodotto solo rigurgiti di Nazismo.
Sergio Franchi