Uno dei rari esempi di quando il fenomeno dell’immigrazione non è traumatico e contribuisce alla sostenibilità del sistema
La buona integrazione degli indiani di Lavinio
Circa 20 anni fa, quando venni ad abitare a Lavinio, se ne vedeva qualcuno nella zona della stazione, tutti giovani e tutti rigorosamente di sesso maschile: i giovani indiani provenienti quasi tutti dal Punjab, la regione a Nord dell’India confinante con il Pakistan. Qualcuno disponeva di una scassatissima bicicletta, ma la grande parte rientrava lentamente a piedi la sera dopouna lunga giornata trascorsa nei campi agricoli della zona. Mi ricordo che il loro giovane rappresentante di allora chiedeva di ottenere pettorine catarifrangenti da indossare lungo i bordi delle strade per evitare di essere investiti. Ne è passata di acqua sotto i ponti e la comunità indiana di Lavinio è cresciuta moltissimo ed ha goduto di una forte evoluzione socio economica. Innanzi tutto da molti anni ormai sono arrivate le famiglie, tante mogli si sono ricongiunte ai loro mariti e tanti figli ai loro padri ed oggi giovani donne indiane di tutte le età vivono integrate nella comunità locale. Molte attività imprenditoriali sono state rilevate da giovani indiani ed alcune con grande successo. Nel campo dell’attività vivaistica e del giardinaggio molte aziende sono passate a cittadini indiani ed altre sono state create con successo.
I lavoratori stagionali, indispensabili per lo sviluppo turistico di Anzio, sono in buona parte indiani, non di rado si vedono lavoratrici indiane a supporto familiare e naturalmente attività commerciali ed artigianali con l’immancabile ristorante indiano. Qualcuno li confonde con i pakistani, che costituiscono un’altra notevole presenza etnica nell’ambito di Lavinio, ma gli indiani di Lavinio rimarcano la loro differenza rispetto un popolo storicamente nemico. Per avere un’immagine plastica della loro variopinta consistenza bisogna andare in una delle loro principali feste, quella del Vaisakhi, un evento civile e religioso che commemora sia l’inizio del nuovo anno agricolo ma principalmente la fondazione del Khalsa Panth da parte di Gobind Singh, decimo ed ultimo Guro umano della religione Sikh, nel 1699. Tutti o quasi gli indiani di Lavinio provengono dal Punjab e praticano la religione Sikh, una fede che anche se molto lontana da quella cristiana, ne ricalca i fondamentali principi di uguaglianza, di amore e di condivisione fra le genti che, in una società fondata sulle Caste, costituisce decisamente una rivoluzione.
Durante la festa di Vaishaki, che viene celebrata il 13 o il 14 aprile, la comunità indiana di Lavinio, dopo una lunga e lenta processione, si raduna nella grande piazza della stazione ferroviaria che viene trasformata in un festival dei colori dei circa duemila partecipanti, che cantano e pregano e mangiano i cibi tradizionali del loro paese d’origine. Alla tranquilla integrazione della comunità indiana di Lavinio, ma credo anche di altre località, non è estranea l’estrazione religiosa Sikh che predica il rispetto e l’amore verso il prossimo al contrario di altre religioni, come quella islamica che non predica certamente l’amore verso gli infedeli. Sta di fatto che a Lavinio non esistono bande di giovani indiani, italiani di seconda generazione, che usano violenza per esprimere la propria riconoscenza verso la nazione che li ha accolti, come avviene con drammatica evidenza in molte località del Nord Italia e non solo da parte dei giovani musulmani marocchini, tunisini ed egiziani. Le cronache locali non portano alla ribalta significativi casi di violenza attribuibili alla comunità indiana. Molti bambini indiani frequentano le scuole elementari di Lavinio, dando il segno della radicalizzazione della comunità e numerose sono le famiglie che acquistano appartamenti e ville nella zona di Lavinio Stazione ma anche di Lavinio Mare e questo è il segno della laboriosità di una comunità che produce e quindi contribuisce alla sostenibilità del sistema di welfare. Da anni, nelle mie analisi del fenomeno dell’immigrazione, ho sempre cercato di operare una netta distinzione fra il legale e l’illegale. Il crollo della natalità nel nostro Paese rende non solo accettabile ma anche auspicabile l’accesso di giovani da altri paesi, non ho fatto mai nessuna distinzione di tipo etnico ma mi sono sempre limitato a condannare l’illegalità, la frantumazione dei principi di Stato basato sul diritto, intendendo per diritto, quello scritto nei Codici italiani e non quello ecumenico basato sul diritto dei popoli alla felicità. Un diritto che è troppo grande e troppo oneroso per essere subito e non gestito dal nostro Paese, un diritto che origina fenomeni di illegalità e che è uno dei maggiori moltiplicatori della delinquenza in Italia. Esempi come quello della Comunità indiana, che è molto presente sia a Lavinio ma anche nella pianura Pontina, aiutano ad una transizione morbida ed accettabile sul piano sociale.
Sergio Franchi