L’occidente garantisce il diritto dell’Ucraina a negoziare la sua pace
Per la pace in Ucraina
Ai soldati russi mandati ad invadere l’Ucraina era stato detto di portare, oltre alla mimetica, l’uniforme da sfilata per utilizzare nelle strade di Kiev tra due ali di folla festante.
Dopo 300 giorni di guerra cruda e di atrocità contro tutte le convenzioni, la realtà del campo di battaglia ha messo in luce le contraddizioni di un esercito poco motivato, male equipaggiato, addestrato in modo sommario e condotto in modo inadeguato.
Una guerra che doveva essere vinta banalmente in una settimana era già perduta due mesi dopo l’inizio, quando l‘invasione era stata declassata a guerra di confine per annettere due pseudo repubblichette di cui la Russia già era in controllo da anni.
Dopo, cioè che i 60 chilometri di truppe corazzate dell’Armata Rossa erano rimasti imbottigliate sulla dorsale P-02.02, per l‘impenetrabile cordone di protezione costruito intorno a Kiev ed alla mercè dei droni kamikaze e dell’artiglieria ucraini. Un errore tattico grossolano ed una debacle militare malamente giustificata con l’intenzione della ritirata per rafforzare il fronte orientale. Insomma la Russia ha perso irrimediabilmente la guerra di invasione condotta con armamenti convenzionali e, dopo 300 giorni, tantissime vite gettate al vento e la distruzione di paesi e di città il bilancio militare appare piuttosto chiaro: l’eroismo di Davide ed i tanti aiuti ottenuti dall’occidente hanno fermato in modo irreversibile l’arroganza di Golia ma appare ancora piuttosto ingarbugliata la strada che dovrà portare ad una soluzione accettata.
Se l’Ucraina avrà il diritto di negoziare la sua pace all’inevitabile tavolo delle trattative sarà anche per i droni, i carri armati, l’artiglieria, l’assistenza di intelligence ed il sistema Patriot a difesa dei cieli che i paesi occidentali con gli USA in testa hanno fornito senza lesinare. Tutto ciò con la pace di quello stuolo di teorici in buona e mala fede che continuano a camuffare il loro amore contro natura con l’aggressore e di odio contro la NATO, pretendendo di chiamarli pacifismo.
Che la situazione, certamente frutto anche di una sottile e continua diplomazia sotterranea, si sia ammorbidita è ribadito da dichiarazioni sia del ministro degli esteri Lavrov che dello stesso zar mentre a Medveded restano il ruolo di poliziotto cattivo e le allusioni alla deterrenza nucleare.
La soluzione certamente sollecitata durante la recente visita del presidente ucraino negli USA è diventata piu necessaria anche alla luce di un lento ma inevitabile logoramento della volontà dei taxpayers americani e non solo a sostenere lo sforzo militare dell’eroico popolo Ucraino.
La Federazione Russa ha perso la guerra perché non l’ha vinta e dovrà dimenticarsi le velleitarie intenzioni di denazificazione della Repubblica Ucraina e rivedere anche le più modeste ambizioni espansionistiche. Trovare la quadra fra l’annessione degli oblast di Donetsk e Lugansk oltre alla Crimea ed il ritorno dei tre territori all’Ucraina resta oggi velleitario perché in pratica il loro assoluto controllo appare essere il presupposto di ciascuna delle parti per iniziare una trattativa.
Ma è anche vero che la diplomazia, specie se basata su rapporti complessi e multilaterali, può sciogliere nodi del genere e potrà farlo in modo sempre più equilibrato e se l’Ucraina continuerà a mantenere la sua forza sul fronte militare che è l’unica garanzia di poter giungere ad una pace giusta e condivisa.
La recente dichiarazione di Medvedev in difesa del “popolo russo” riferito all’etnia ed alla lingua è l’ulteriore schiaffo alla storia. Se è vero come è vero che i cittadini di madrelingua russa in Ucraina sono circa la metà della popolazione, incluso il presidente Zalensky, l’affermazione dell’ex presidente russo appare velleitaria e denota mancanza di argomenti storicamente validi. Se la difesa della lingua autorizzasse guerre fra nazioni libere e democratiche le truppe di Alpini, appoggiati dall’Aeronautica Italiana potrebbero liberamente andare a salvare gli abitanti del Canton Ticino mentre l’Austria avrebbe il diritto di invadere Bolzano.
La diplomazia ed il buon senso, che hanno fallito miseramente fino a questo momento dovranno ricostruire il diritto all’integrità nazionale nel rispetto degli individui.
Che equivale a ribadire il diritto politico dell’Ucraina alla sovranità territoriale su regioni che mantengano la loro integrità linguistica e culturale. Il mondo offre molti esempi di queste situazioni, anche l’Italia ne offre qualcuno.
Sergio Franchi
Il secondo servizio della Sette aggiunge nuovi elementi all’inchiesta Tritone
La storia della mafia sul litorale
Quante volte abbiamo seguito l’evolversi di fatti criminosi e le cronache di sopraffazione di ambienti sociali in cui la malavita storica esercitava un controllo metodico ed asfissiante della cosa pubblica? Lo abbiamo sempre fatto con la preoccupazione di chi sa che, però, si tratta di problemi gravi ma che riguardano altri e che sono limitati a zone del nostro meridione. Pur nella certezza che la malavita organizzata operi ovunque in Italia e che Roma sia una proficua piazza di attività di tutte le mafie sin dal dopoguerra, non ne abbiamo mai percepito direttamente l’invasività ai livelli tali da annullare un’amministrazione comunale per porla sotto tutela dello Stato, per due anni. Questo è accaduto nel nostro Comune e la gente, attonita, ne ha viste le immagini in TV scoprendo che il proprio fornaio, il proprio ristorante o la propria palestra vi venivano citati come luoghi o strumenti di indagine. Piazzapulita ha reiterato il servizio sulla mafia nel Comune di Anzio e Nettuno.
Alberto Nerazzini ha voluto girare ancora il coltello nella piaga ed ha voluto celebrare lo scioglimento dei Comuni con un secondo film inchiesta che mette di nuovo in luce non solo fatti specifici ma anche situazioni ambigue, nello stile del giornalismo d’inchiesta di un certo tipo che mischia documenti con allusioni. Il nuovo reportage rimastica i fatti che crearono sensazione nel primo servizio, che certamente non è stato estraneo alle decisioni prese dal Prefetto e ripercorre l’inchiesta “Tritone” con interviste più o meno originali, ma sempre pregnanti nel contribuire a rendere più densa quella nube di fuliggine che ha ricoperto Anzio e Nettuno. E così c’è l’assessore che cade dal pero e che non ha sentore di mafia o l’altro assessore che dichiara che non tutti i mafiosi sono uguali o l’ex presidente della Commissione Ambiente che ha grandi capacità divinatorie ma che non conosce personaggi famosi del litorale laziale nonostante siano originari dello stesso paesino in Calabria.
Ma la carrellata di personaggi non è fatta solo di attori pubblici; infatti non manca l’amministratrice di condomini ingenua, il giornalista che “semina merda” o l’operatore nell’ambito della sicurezza che gestisce un suo ristorante che non esiste più da due anni. Insomma un turbinio di personaggi, di legami, di affari e di minacce, di estorsioni e di spedizioni punitive, di traffici di droga e di affari nel mondo dei rifiuti, e tanti indagati, oltre 60. Onestamente nel vedere, come ho più volte fatto io, il docufilm prodotto dalla Sette, si resta delusi da una realtà che descrive una società che più che contaminata sembra essere connivente in un connubio inestricabile costruito negli anni.
Ma il Comune di Anzio è stato sciolto per mafia con un decreto firmato dal Presidente della Repubblica e questo è un fatto di una gravità estrema. L’espressione della politica locale è stata ritenuta indegna di esplicare il suo mandato. Il servizio della Sette non da risposta, e non potrebbe essere altrimenti, alla domanda che viene spontanea a chi non si lascia andare al giustizialismo a buon mercato ma che crede solo nella Giustizia provata. Chi sono i colpevoli e di quali colpe? Nonostrante il fatto che tutti i personaggi politici, che nel servizio appaiono goffi ed impacciati e nonostante tutti i riferimenti di loro rapporti con la malavita e tutte le situazioni, che comunque politicamente li squalificano, essi restano cittadini che non hanno commesso reati o che, quanto meno, al momento del secondo servizio della Sette, non sono stati destinatari di provvedimenti restrittivi da parte della Procura della Repubblica che ha indagato sui fatti.
Eppure il servizio ha documentato stralci di intercettazioni telefoniche, interventi che ipotizzano il voto di scambio, oppure di prestiti di danaro che meritano chiarimenti, di piaceri fatti e di provvedimenti cancellati che identificano l’irregolarità ma, la legge ed i diritti dei cittadini di questo Paese affidano alla Giustizia ed alle leggi l’incarico di definire colpevoli e comminare pene espiatorie e non alla Rete di Urbano Cairo; che pure ha il merito di avere scoperto il vaso di Pandora. Quindi se appare evidente, almeno a livello di ipotesi giudiziaria, il traffico ed i traffici che riguardano la malavita organizzata non si sono ancora viste le ipotesi concrete di reati che coinvolgono quegli amministratori che sono stati rimossi.
Eppure il rapporto della Commissione Straordinaria non fa allusioni ma si riferisce agli atti “all’esito di approfonditi accertamenti, sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività”.
Non credo si riferisca al traffico di droga per cui forse ci sarà un’altra puntata di quella trasmissione della Sette che, ricordiamolo, si chiama...... “piazza pulita”.
Rimaniamo sintonizzati.
Sergio Franchi