SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
LA STORIA SIAMO (ANCHE) NOI
Su suggerimento dell’amico Gianfranco Cerri, anni fa iniziammo a “raccontarci”. Dedicammo degli incontri nei quali ognuno di noi poteva esporsi personalmente, per un incontro tutto dedicato al sé. Un momento per mettere in luce fatti, aneddoti o, semplicemente, racconti di vita. Voci anonime che non troveremo mai sui libri di storia, ma che si collegano anche solo per una breve avventura alla Storia.
Con questo spirito riprendiamo il nostro Simposio. Silvia e Alessandro in una prima apertura e i nuovi giovani amici. Proseguirà poi, domenica 8 ottobre, in Via Venezia affrontando il tema della Lingua italiana oggigiorno, quella che ci aiuta a esprimerci e dialogare sempre più chiarezza per continuare il nostro personale racconto insieme agli altri.
Giuliana
Domenica 8 ottobre - ore 16.30
Apertura della stagione del
Simposio ’23/’24
L’ITALIANO DI OGGI
Evoluzione, declino e indifferenza
Facciamo il punto
di Giancarlo Marchesini
Il valore della lingua madre
Molte voci si levano contro l’imbarbarimento dell’italiano di oggi. Le accuse più ricorrenti riguardano l'influsso delle lingue straniere e si concentrano su una specie di vassallaggio ad opera dell'inglese. Ma è poi vero? Da un punto di vista strettamente linguistico dovremo distinguere fra calchi e prestiti, per poi scoprire che, di fronte all’esigenza di tradurre espressioni nuove, derivanti dal progresso scientifico, sociale e tecnologico, l'italiano riesce a mantenere una sua integrità.
Ogni lingua ha le sue regole
Il fenomeno più preoccupante mi sembra invece la disintegrazione delle regole che abbiamo imparato a scuola, sia per ignoranza che per la fretta di esprimersi (accelerazione dei processi di comunicazione). L'ignoranza delle regole più elementari diventa palese con la massiccia presenza sui social media (FaceBook, Twitter e i vari blog) di persone che sacrificano eleganza, pertinenza e rispetto della lingua a un presenzialismo diventato ormai patologico.
Per quanto riguarda l'influsso dell'inglese e delle lingue straniere esamineremo assieme esempi che dimostrano fino a che punto l'italiano è in grado di conservare la propria vitalità e imparare l'uso di nuove espressioni utili e significative (esempio: nessuno si stupisce più sentendo o leggendo frasi del tipo “Dobbiamo stabilire chi fa cosa”, “partenza in salita”, “caso di studio”).
L'italiano è capace di evolvere
Abbiamo ormai abbandonato il paludamento novecentesco. Spinto dall’esigenza di introdurre nuovi contenuti (formattare, drenaggio fiscale, intelligenza artificiale) l'italiano dell’economia, del commercio e dell'industria è stato capace di mettere da parte espressioni burocratiche che finivano per costituire un gergo comprensibile soltanto a pochi introdotti.
Abbiamo inventato anche le “polirematiche”, quelle strutture che accomunano due entità diverse (sala parto, agenzia viaggi, involtino primavera) e che rendono più leggera l'espressione scritta e orale.
Permangono zone di resistenza
dovute soprattutto alla politica e alla burocrazia: c'era veramente bisogno di introdurre un termine come smart working che in realtà, almeno un inglese, identifica qualcosa di molto più radicale del puro e semplice lavora a distanza? La nostra burocrazia si ostina a usare un termine pomposo come termovalorizzatori per indicare gli inceneritori dei rifiuti. Nessuno oggi si sognerebbe di bruciare gli scartidomestici senza mettere a profitto il calore per creare energia elettrica.
Il “politicamente corretto” sarà un argomento di discussione(quasi obbligatorio): accenneremo ad alcune espressioni a mio parere ipocrite, del tipo “portatore di handicap”, “non vedente”, “diversamente abile”.
Valuteremo anche le prese di posizione dell'Accademia della Crusca, il cui permissivismo (forse per non perdere audience, come si direbbe in televisione) finisce per generare un'indifferenza fatale per il mantenimento di un livello qualitativo dell'italiano scritto e orale.
Un consenso artificioso
Qualcuno di voi ha mai usato l'aggettivo “petaloso” coniato nel 2016 da un ragazzino delle elementari (Matteo Trovò, un nome un destino) e incoronato dall'Accademia della Crusca come parola “ben formata”, “bella e chiara”? L'aggettivo petaloso ha traversato come una meteora il lessico italiano suscitando un turbamento mediatico non indifferente, per poi estinguersi in poco tempo. L'accettazione di una nuova espressione nel lessico è sancita da quella che Saussure chiamava la “massa parlante”, la comunità dei locutori.
Con l'introduzione del wi-fi esteso (ADSL), qualcuno, 20 anni fa, ha parlato di “autostrade informatiche” per indicare quelli che tutti oggi comunemente chiamiamo “portali”: la comunità dei parlanti ha deciso in modo autonomo e senza fare il verso a preziosismi estetici.
Con questi e altri esempi apriremo la stagione in difesa della nostra bella lingua italiana!
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Simposio in via Venezia 19 - Lido di Cincinnato - ANZIO
Domenica 15 ottobre - ore 16.30
“Oltre l’apparente vita” di Pino Pieri
di Enrico Taddei
Proseguendo su paralleli sentieri di valorizzazione artistica, il “Il Giglio blu di Firenze” con il suo presidente Enrico Taddei e “Il Simposio di Anzio” rendono omaggio alla lunga carriera di Pino Pieri, pittore, scultore e letterato completo, in quanto ha all’attivo pubblicazioni sia di poesia che di teatro e narrativa.
Una lezione di vita
L’osservazione della Natura sensibile è per Pino fonte di ispirazione e massima espressione di bellezza nell’esistente. La sua lirica è un messaggio senz’altro pedagogico e propedeutico per tutti i cittadini del mondo e, in special modo, per le nuove generazioni, poiché saranno esse a portare avanti il già innestato senso civico-ecologico, quale risposta effettiva allo sfruttamento, senza sostenibilità, alle ricchezze territoriali tuttora in atto e che hanno visto nel secolo scorso, forse, il proprio picco più nefasto. Ma, al contempo, quanto sarebbe bello non procrastinare alle future vite e vedere, ora nel tempo in cui viviamo, un adulto, sia esso un educatore pubblico, un genitore, o un tutore a vario titolo, “insegnare” ad un bambino a prendersi cura di un essere vegetale, secondo il ciclo naturale delle piante, scandito in germinazione, fioritura, maturazione e senescenza, valido sia per il filo d’erba che per il più magnificente albero da frutto.
Una lezione di vita e, al contempo, un invito alla contemplazione dell’armonia delle cose. Un’armonia che da sempre il nostro caro Pino Pieri sa ben stillare, sia in versi che in battute teatrali, sia in scultura che in pittura. Pino fin dalle prime sue opere, ha colto in pieno questo messaggio come ci riporta una lettera di Fëdor Dostoevskij: «…non si rinchiuda nel mondo esclusivo del Suo io, si affidi alla natura, si apra al mondo esteriore e alle sollecitazioni che Le giungono dall’esterno, almeno in qualche misura. La vita esteriore, la vita reale fa straordinariamente evolvere la nostra natura umana ed è proprio quella che ci offre il materiale per vivere…».
(Fëdor Dostoevskij, Lettere sulla creatività).
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Simposio in via Venezia 19 - Lido di Cincinnato - ANZIO
I RACCONTI DAL FARO
IL CORSARO DELLA REGINA
Parte Seconda
MISSIONE SEGRETA - Dunque, come abbiamo detto nell’articolo precedente, la regina Elisabetta I di Inghilterra aveva incaricato nel 1577 il capitano Francis Drake di effettuare una missione segreta contro gli spagnoli nell’Oceano Pacifico. Con la sua flotta, avrebbe dovuto attraversare lo Stretto di Magellano nell’America del Sud e, una volta giunto nell’Oceano Pacifico, salire dal Cile meridionale verso Nord sino al 30° Lat. Nord (all’altezza dell’odierno Messico), attaccando e saccheggiando le navi e gli insediamenti spagnoli. Compiuta la missione, sarebbe dovuto tornare in Inghilterra sulla stessa rotta dell’andata (ma il ritorno non avvenne proprio così).
LA FLOTTA DI DRAKE – Francis Drake lasciò il 13 Dicembre 1577 la baia di Plymouth in Cornovaglia con un flotta di 3 navi e 2 lance: galeone Pelican, poi rinominato Golden Hind durante il viaggio, con 80 uomini; nave Elisabeth, con 45 uomini (colpita da una tempesta nel Pacifico, fece ritorno in Inghilterra); nave Marigold, con 25 uomini (perduta nel Pacifico per la stessa tempesta); lancia Benedict, di appoggio (abbandonata in Mauritania, Africa, nel Gennaio 1578); lancia Swan, di appoggio (distrutta a Nobales Bay, Argentina, nel Maggio 1578).
OTTO MESI DI SCORRERIE – Solo le tre navi oltrepassarono lo Stretto di Magellano e giunsero nel Pacifico all’inizio del Settembre 1578 (le due lance non erano più nella flotta). Qui, furono investite da una violentissima tempesta che durò per 52 giorni consecutivi. La Elisabeth fu costretta a rientrare nello Stretto e tornò in Inghilterra, mentre la Marigold fu dispersa in mare con tutto il suo equipaggio. Drake si trovò quindi a dover portare avanti la missione con la sola nave ammiraglia, il galeone Golden Hind (già Pelican).
Si spinse a Nord, e per otto mesi attaccò e razziò porti e navi spagnoli, con un grande bottino di oro e di argento. In particolare, al largo della costa dell’Ecuador Drake conquistò un vero tesoro arrembando la nave spagnola Nuestra Señora de la Conceptiòn: 36 kg d’oro, 26 tonnellate di argento, 13 casse di monete d’argento, oltre a gioielli e a un crocefisso d’oro. Gli avversari erano increduli e indifesi di fronte ad un nemico che mai avrebbero pensato di incontrare nel “loro” mare. Proseguendo a Nord, Drake abbordò altre navi spagnole lungo le coste degli attuali Guatemala e Messico, dove saccheggiò la città di Huatulco. Arrivato alla latitudine del Messico, ove era previsto che la sua missione si concludesse, comprese che le altre due navi della sua flotta non lo avrebbero più raggiunto e che quelle spagnole - ora armate di cannoni - lo attendevano lungo il Pacifico meridionale, sulla rotta di ritorno verso lo Stretto di Magellano e verso l’Oceano Atlantico. Decise quindi il 16 Aprile 1579 di portare la Golden Hind ancora più a Nord lungo la costa americana, alla ricerca del leggendario Stretto di Anain, che si diceva collegasse l’Oceano Pacifico all’Atlantico.