Il Movimento 5 Stelle al bivio fra rifondazione e frantumazione
La resa dei conti
Sono sicuro che quando la cronaca sarà diventata storia il Movimento di Beppe Grillo verrà ricordato come un tentativo utopico di creare un nuovo Eden fondato su 5 stelle che, nella loro versione definitiva, avrebbero dovuto rappresentare l’ecologia integrale, i beni comuni, l’innovazione tecnologica, la giustizia sociale e l’economia eco-sociale di mercato. Una specie di ciclone che avrebbe dovuto sradicare la struttura sociale, avrebbe dovuto rimodellare la società dopo aver ristrutturato il potere politico con un parlamento aperto “come una scatola di sardine”. Una rivendicazione di integrità, di progresso e di sviluppo combattuta da un’armata brancaleone che, sempre la storia documenterà, è diventata, sempre più col tempo, un partitello politico come gli altri con una parvenza di democrazia diretta che serve solo a ratificare le decisioni prese dall’alto. Una dopo l’altra le peculiarità su cui il partito del vaffa si fondava, hanno lasciato il posto all’opportunismo del sopravvivere: l’ultima a cadere sarà quella del doppio mandato a cui è stato attribuita la debacle delle elezioni europee che hanno visto il partito di Conte scendere ad una cifra. Il Guru che, durante le elezioni europee era in Sardegna per cui non avrebbe nemmeno votato, continua a dare di Giuseppe Conte giudizi che ne ridicolizzano ruolo e persona. Ne aveva battezzato l’esordio nella carica di presidente con la frase “non può risolvere i problemi, non ha la visione politica” e, dopo le elezioni europee “Conte mi fa tenerezza, ha preso più voti Berlusconi da morto che lui da vivo”, “ha vaporizzato il Movimento”. Il confronto fra un’utopia accattivante e il pragmatico principio di sopravvivenza troveranno presto una sintesi nello scontro fra il Fondatore e Titolare del movimento ed il suo più banale leader per caso.
Non che l’idea iniziale fosse del tutto astrusa perché essa cercava di dare risposte ad una società delusa ed arrabbiata, ma solo i grandi leader sono capaci di grandi imprese e, sono certo che con la guida di utopia illuminata di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio il Movimento 5 Stelle non sarebbe sceso ai livelli del ridicolo a cui lo hanno portato le gaffe di Di Maio, le banalità di Toninelli, i banchi a rotelle dell’Azzolina, il sacco di Roma di Virginia Raggi e così via. Fino alla tragica leadership di Giuseppe Conte, che è tutt’altro che un grande leadere che, con la sua occasionale ascesa al ruolo di Presidente del Consiglio ha trasformato lo Stato in ente elargitore. Lo Stato distributore di sussidi in attesa di un lavoro che non veniva nemmeno proposto e finanziatore del restauro generalizzato di villette, ville e qualche castello eseguito a spese dello Stato, che è come dire che l’operaio di una fabbrica ha finanziato la villa o la seconda casa dell’abbiente professionista, e non parzialmente e nemmeno al 100%, ma al 110% per permettere al Giuseppe Conte di gridare ai quattro venti: “ristrutturatevi la casa, ve la paghiamo noi!”.
Una decisione criminale che ha messo in crisi il bilancio dello Stato per un decennio e creato un debito che impedirà per anni iniziative di sviluppo sociale. Una leadership senza idee se non quella della difesa della legalità che, da sola, non produce progresso e della riproposizione delle campane stonate dell’elargizione per eliminare quei milioni di poveri che solo il lavoro potrà riscattare. Non sarà ancora la noiosa riproposizione di un reddito di cittadinanza, richiesto a livello regionale ed anche europeo, che tanti voti ha portato ma che tanti delusi va creando, che potrà risollevare sorti e credibilità.
La graduale normalizzazione di un sogno ad una banale realtà politica potrà permettere la sopravvivenza dell’idea primordiale, o almeno della sua idea di partecipazione diretta, solo in presenza di un nuovo vaffa; questa volta rivolto a coloro che tirano avanti la carretta senza capacità e senza visione. Pretendere di realizzare un sogno senza visione è come banalizzare l’utopia che è il motore di ogni cambiamento e la vera padrona della storia.
Sergio Franchi
Il centrodestra regionale si è dimenticato di Anzio e Nettuno
Le promesse sanitarie
Ci sono alcune volte che le parole dei politici scatenano una rabbia e un voltastomaco immediato, perché appaiono come una presa in giro se non addirittura un insulto nei confronti di chi lavora. Beh questo, a me hanno causato le parole di Aurigemma, quando ieri dal fresco della sua aria condizionata e dal comodo della sua poltrona presidenziale della Regione Lazio, si è complimentato con i sanitari dell’ospedale di Anzio per la riuscita di una operazione molto delicata. Chi fa politica sul territorio infatti si ricorda bene che nei lunghi mesi precedenti alla campagna elettorale lo stesso Aurigemma era spesso in gita turistica al nostro ospedale, talvolta accompagnato da qualcheduno con discutibili ammennicoli ornamentali, promettendo mari e monti al personale sanitario.
Allora c’era la giunta Zingaretti-Leodori che era riuscita a portare il Lazio fuori dal lungo commissariamento della sanità, baratro in cui ci avevano spinto le giunte di destra di Storace e Polverini, e Aurigemma fotogenicamente prometteva tra grandi sorrisi e strette di mano il rilancio del nostro nosocomio. Cosa è accaduto veramente dopo le elezioni lo sanno bene coloro che frequentano il pronto soccorso, una bolgia dantesca che, nonostante i salti mortali del personale ospedaliero, non può essere assolutamente degno di un territorio che per di più durante l’estate più che raddoppia le presenze. Evidentemente Aurigemma non si è reso conto, durante i suoi numerosi tour fotografici, che all’ospedale di Anzio si lavora in condizioni inumane, che il personale è sempre di meno e non può nemmeno fare i giusti riposi o le meritate ferie.
Senza poi parlare della presa per i fondelli del punto nascita che qualche suo collega, col beneplacito di tutto il centrodestra, consigliere regionale del posto compreso (quello che fa i video col “gobbo”), ha scippato ad Anzio per regalarlo a Velletri. I problemi da elencare sarebbero molti altri, tra assenza di condizionamento e ricorso sempre più frequente ai gettonisti, eppure Aurigemma con un gran sorriso, da a tutti una pacca sulla spalla, scrive una bella letterina che sembra tanto una presa in giro e sostanzialmente fa finta di niente riguardo alle fantasmagoriche promesse fatte. Il personale del Riuniti va certamente ringraziato per tutto quello che fa, ma di certo la politica non gli sta fornendo condizioni decenti sul posto di lavoro, anzi, a dirla tutta, i veri e propri miracoli che fanno li realizzano nonostante la politica.
Roberto Alicandri