Dal libro “Pomezia-Origini-Genti-Personaggi” realizzato nel 1990 dal professor Antonio Sessa ed edito dalla Angelo Capriotti Editore
L’Organizzazione dell’O.N.C. a Pomezia
Giulio Mascetti, capo squadra addetto alle misurazioni dei poderi arati e consumo carburanti, arriva a Pomezia nel 1939, ai primi di settembre; ma già era stato alla posa della prima pietra come spettatore il 25 aprile 1938. Ecco, attraverso il suo racconto, un minuzioso e dettagliato affresco di tutta l’organizzazione: all’inizio l’Opera stabilì con i contadini un sistema contrattuale minimo garantito. Veniva loro dato: la casa, la terra, la stalla, il bestiame da lavoro, la mucca per il latte e per la famiglia.
A ogni unità lavorativa competeva una 1 lira al giorno; 1/2 unità lavorativa ai ragazzi e ragazze (50 centesimi). L’azienda assegnava poi due quintali di grano a stagione per ogni unità di lavoro, mentre un quintale competeva ai minori di età. Godevano degli animali della corte (conigli, polli, maiali) di loro spettanza. Inoltre potevano riscattare gli animali della stalla loro assegnati. In poco tempo i più bravi riuscirono a tanto e poterono vendere i pezzi di loro proprietà. Il raccolto veniva consegnato all’Azienda (O.N.C.), che conteggiava la resa. Tolte le spese, tutto ciò che restava andava versato in un libretto personale a conto podere. I poderi erano assegnati da un ufficio competente dell’Opera tramite bandi di concorsi nazionali; ne erano beneficiari coloro che appartenevano a una delle seguenti categorie: italiani provenienti dall’estero, alluvionati, famiglie numerose, ex combattenti. L’Opera si interessava della suddivisione dei poderi identificati tipo A-B-C, appaltava la costruzione delle case coloniche e, dopo averle asseguite, si interessava della gestione agricola. Fra le imprese appaltanti ricordo Carena e Carboli. La direzione dell’Agro Romano, Ispettorato Agricoltura, con a capo il dott. Giannotti era a Roma nella sede dell’Opera in via Ulpiano, 11, accanto al Palazzaccio, quartiere Prati. Per la parte agraria, responsabile della nostra zona era il dott. Nievo. L’Ispettorato programmava e trasmetteva il piano agrario. L’azienda di Pomezia lo rendeva, attraverso la sua organizzazione, operativo. Nella nostra zona veniva seminato: grano, granoturco, biada, quali colture preminenti; ma venivano coltivati anche cotone e olio di ricino. In pratica, le operazioni avevano questa cadenza: l’azienda, presa visione del piano agrario, lo applicava trasmettendo agli uffici motorizzati le superfici da ararsi e specificando gli altri lavori. Fatte le arature, la stessa azienda ordinava quale coltura era da seminare. Tutto veniva controllato dai fattori.
Uffici e officine
La sede dell’Opera era sulla destra di via Roma, entrando in Pomezia; da qui si dirigevano tutti i poderi del nuovo Comune. Il capo era un toscano: Rutilio Rutili. Alle sue dipendenze aveva otto fattori, tutti periti agrari, che si dividevano la zona in settori e controllavano le colture di un numero di poderi che all’incirca si aggiravano intorno a 20-25 a testa. I fattori erano: Serafini, Guondam, Dall’Acqua, Basville, Landi, Bolzanello, Allegrini, Guerrieri. I poderi erano situati su un territorio espropriato che comprendeva Pomezia e Ardea.
Nella sede di via Roma vi erano gli impiegati dell’ufficio tecnico (assistenti edili): Schiona, Fagiolo, Bellucci, Fontana, Giorgi. Da essi dipendeva una squadra di pozzaroli per l’acqua potabile: Auletta, Tosti. A via Plinio vi erano le stalle dell’Opera; lo stalliere era Francesco Cucchi che aveva l’abitazione proprio sopra di esse. Stabilmente vi erano una decina di cavalli e servivano i fattori e il personale tecnico dell’Opera. Sulla destra di via del Mare andando a Torvajanica, e quindi nella prima traversa, in via della Motomeccanica, vi era il distaccamento motorizzato della Petronella, dipendente dalla direzione di Latina.
Erano 25 dipendenti, che avevano l’incarico di tenere macchine 56 idonee ai lavori da eseguire. In dotazione avevano: trattori Fiat 30 cingolati produzione 1927, la celebre trattrice snodata marca Pavesi a ruote di ferro e marciante a petrolio, Balilla con rimorchi per rifornimento alle trattrici in zona da arare. Inoltre vi era situato il deposito carburanti, pezzi di ricambio, aratri da attaccare ai trattori, frangizolle per preparare il terreno alla semina.
Il capo officina era Occhidoro di Roma; il vicecapo Porzi, toscano. Io, Mascetti dipendevo da questa officina; il mio compito era di misurare le superfici arate e le superfici di mietitura. Noi lavoravamo su un piano predisposto dall’Azienda Opera e poi, con un bollettino, comunicavo alla stessa le superfici arate (il lavoro eseguito con firma del contadino veniva consegnato in ufficio). Il podere più piccolo era di circa 25 ettari; il più grande raggiungeva 40 ettari. Tutti i dipendenti dormivano ai servizi motorizzati; gli sposati avevano anche la moglie e abitavano in piccoli appartamenti approntati nel distaccamento. Un altro distaccamento importante era la società dissodamento con le Fowler, che la gente ribattezza “Favole”.
Si trattava di un distaccamento a parte, rispetto ai servizi motorizzati dell’Opera. Le officine si trovavano nel vecchio casale di Santa Procula. Questo casale fu in tempi andati un piccolo monastero femminile e, perciò, era definito delle Monachelle. Il direttore era Bombarda e aveva 15 dipendenti circa. Le Fowler lavoravano in coppie; per ogni coppia vi erano due macchinisti-fuochisti, un aratore più un aiutante e due inservienti, per un totale di sei persone. Le officine di Santa Procula avevano, pronte e operative, sei squadre, naturalmente su sei coppie di Fowler. Sul campo le trattrici venivano piazzate alla distanza di circa 500 metri; mediante un cavo veniva agganciato un aratro che le Fowler spostavano avanti e indietro, da una trattrice all’altra. L’aratro impiegava circa 10 minuti a percorrere i 500 metri e due fischi della sirena avvertivano l’altro macchinista che l’operazione era stata compiuta”.
Antonio Sessa