Il nostro museo archeologico è stato oggetto di una trasmissione nella rubrica “I come Italia” di Rai Uno. Luigi Celori ci illustra la realizzazione della struttura
Il Museo Lavinium tra le eccellenze italiane
Nella rubrica “I come Italia” di Rai Uno, che tratta delle eccellenze italiane si è parlato del Museo Lavinium di Pomezia.
Il Museo Lavinium è stato inagurato il 2005, ed è comunque interessante conoscere come si è arrivato a realizzare il Museo.
Nel 1881 il principe Camillo Borghese (1853- 1926) prende possesso della proprietà di Pratica che terrà fino alla morte avvenuta il 1926. In quel periodo, come racconta Monsignor B. Trovalusci, parroco di Pratica dal 1904 al 1934, fece insediare nella sua proprietà una stazione sanitaria del Governatorato di Roma che realizzò una costruzione dove attualmente vi è il Museo. Una struttura con una torretta con sulla porta di ingresso lo stemma del Governatorato di Roma tutt’ora visibile.
Durante la costruzione di Pomezia 1938 – 1939, l’edificio venne utilizzato come sede del nuovo Comune. In seguito ospiterà anche una caserma del Regio Carabinieri a cavallo. In seguito, a partire dagli anni ’70 i carabinieri vanno via e la struttura diventa deposito dei reperti che venivano estratti dagli scavi dell’adiacente area archeologica.
A partire dagli anni ’80 si incomincia a pensare di realizzare nel suddetto manufatto un Museo dove collocare i tanti reperti che nel frattempo erano nei magazzini o in altri musei.
Questa speranza diventa realtà quando alla fine degli anni ’90 l’allora consigliere regionale Luigi Celori fece ottenere degli importanti finanziamenti regionali per realizzare il Museo.
“Fin da ragazzo –mi racconta Luigi Celori – ho vissuto gli scavi archeologici di Pratica di Mare. Mio nonno Giovan Battista Bello indicava al professor Ferdinando Castagnoli dove vi era la possibilità di trovare reperti perché segnalati dal suo aratro mentre lavorava i campi. Sulle XIII Are vi sono ancora i segni dell’aratro di mio nonno. Negli anni ’70 aiutò la professoressa Maria Fenelli nello scavo dove fu ritrovata la Minerva Tritonia. Con questa storia familiare, appena fui eletto consigliere regionale, mi posi tra i miei primi obiettivi quello di realizzare un Museo a Pomezia dove mettere i reperti scavati a Pratica. All’inizio pensammo che il luogo ideale sarebbe stato la bellissima struttura dell’Ethicon su via del Mare posta poco lontana dalle Tredici Are. Ma l’azienda non si mostrò interessata a qualsiasi accordo.
Alla fine individuammo, nella se pur piccola excaserma, una struttura capace di poter diventare Museo. I finanziamenti furono quindi da me assicurati attraverso un’apposita legge regionale con uno stanziamento di circa 700milioni delle vecchie lire. Poi con un ulteriore stanziamento di un miliardo sempre di vecchie lire.Ricordo che fu un’impresa incredibile mettere d’accordo tre donne di grande professionalità e carattere, la dott.ssa Annalisa Zarattini del MIBAC, la dott.ssa Stefania Panella della Soprintendenza e la prof.ssa Maria Fenelli dell’Università La Sapienza.
Alla fine dopo innumerevoli incontri e con il pericolo di perdere i finanziamenti regionali che io avevo fatto ottenere, da persone intelligenti, prevalse in loro la volontà comune di realizzare il Museo.
L’altra sfida fu quella di rendere comprensibile in uno spazio piccolo una vicenda millenaria raccontata da centinaia di reperti ritrovati negli scavi di Pratica e rientrati dai vari Musei e dai depositi. In questo fu felice la scelta di affidare al premio Oscar Carlo Rambaldi tutta la parte multimediale e riportare dove era stata trovata, la leggendaria statua della Minerva Tritonia.
Finalmente nel 2005 insieme all’allora sindaco Stefano Zappalà inagurammo questo piccolo gioiello che è il Museo Lavinium. Ricordo anche la felicita della prof.ssa Fenelli che ha dedicato tutta la sua vita agli scavi di Pratica portando alla luce tantissimi reperti tra cui la famosa statua della Minerva Tritonia.
Per me allora era solo l’inizio per potere poi realizzare la fruibilità dell’intera area archeologica. Attualmente sono fruibili solo le XIII Are e l’Heron di Enea. Ora nella nuova sistemazione del Borgo è previsto uno spazio museale dove verranno esposti altri reperti ancora giacenti in magazzino, parallelamente vi è l’impegno della proprietà a rendere fruibile tutta l’area archeologica”.
Storia degli scavi
Nel 1955 il prof. Ferdinando Castagnoli professore dell’Istituto di Topografia Antica dell’Università la Sapienza e il suo collega prof. Lucos Cozza iniziano a cercare a Pratica i resti dell’Antica Lavinium che secondo la leggenda fu fondata dall’eroe troiano Enea all’incirca nel 1183 a.C. Nel 1957 –1958 la grande scoperta dei tredici altari realizzati nel corso di circa 200 anni (dal VI al IV sec. a.C.).
Nel 1968 il prof. Paolo Sommella scopre l’Heron di Enea, del VII sec. a.C.e ristrutturato intorno al IV sec. a.C. Sempre tra il 1968-70 alla foce del fiume Numicus a Torvaianica vengono ritrovati i resti del santuario del “Sol Indiges”. Nel 1977 due giovani archeologhe, Maria Fenelli e Luisa Migliorati portarono alla luce centinaia di frammenti di statue, datati intorno al V secolo a.C. tra i quali quelli di una straordinaria Minerva Tritonia.
I reperti ritorvati nelle varie campagne di scavi sono ora visibili presso il Museo Lavinium di Pomezia altri sono nei depositi.
Nel 2006 durante i lavori per la costruzione di una rete fognaria è stata scoperta la villa romana di Torvaianica in via Siviglia la cui proprietà viene attribuita a due senatori, imparentati con la gens Flavia. La datazione del complesso residenziale copre un arco cronologico dal I sec. a.C., sino almeno al II-III d.C. Alla fine del 1700 furono effettuati scavi nell’area della villa, dall’archeologo inglese Robert Fargan con il principe Augusto Federico di Hannover duca di Sussex, figlio del re d’Inghilterra Giorgio III, che portarono alla luce alcune statue di pregevole valore che il principe porto in Inghilterra. Una di queste, una bellissima Venere, è esposta al British Museum di Londra. Gli scavi hanno portato alla luce solo una parte della antica Lavinium e così anche in via Siviglia, quindi consegniamo alle generazioni future il compito di altri straordinari ritrovamenti, sperando che li sappiano conservare e valorizzare meglio di noi.
A.S.