SIMPOSIO
RICORDI E PROGETTI
Ci attende una nuova stagione e la ripresa progressiva delle attività. Non senza fatica si cerca di ritrovare la normalità per poter ricominciare, con entusiasmo. Già la nostalgia di un’estate che sta per chiudersi, ma che ci ha infuso energia positiva verso un futuro da poter programmare.
Ci stiamo lasciando alle spalle un anno che ricorderemo come il più difficile degli ultimi tempi. L’angoscia stimolata da un’informazione battente e opprimente ci obbliga a non sottovalutare la pandemia ancora in corso, tuttora ci attanaglia il timore di vivere scenari drammatici e di poterci ammalare. Eppure, ci confrontiamo con una buona parte di mondo e ci sentiamo fortunati. Venti da lontano ci dicono che siamo persone privilegiate. Che, anche se a distanza, possiamo comunicare liberamente. Che il nostro pensiero non è sottomesso e che la nostra società, pur riconoscendone i limiti, è basata sulla libertà. Sta a noi riconoscerne il valore. Il nostro dovere e il nostro impegno devono essere costanti affinché la “città ideale” non rimanga solo un’utopia.
Giuliana
CURIOSITÀ NELLA POESIA/3
di Sergio Bedeschi
NON SOLO CALCIO
Nel tentativo di parlare del modo in cui lo sport sia capace di essere tema ispiratore di composizioni poetiche forse abbiamo esagerato un po’, lo riconosco. E sì, almeno nella puntata precedente.
Infatti abbiamo parlato quasi esclusivamente di Calcio. D’altronde l’aver scoperto il Leopardi quale appassionato e euforico ultrà di una squadra di calcio non è cosa di tutti i giorni (vedi Il Litorale N°42).
Peraltro è cosa nota che il Gioco del Calcio, nato in Albione sul finire dell’800, ha finito con l’affermarsi come una delle discipline sportive più amate e praticate nel mondo (nonostante le sue deprecabili degenerazioni).
D’ANNUNZIO “BOMBER”
Perfino D’Annunzio, che poetò su tutto ma che forse “si dimenticò” di poetare sullo Sport, ne fu un fanatico praticone destreggiandosi personalmente niente male come ala tornante (si direbbe oggi), se è vero come è vero che a Francavilla a Mare, dove sempre tornava per passare le sue brevi vacanze e dove non mancava mai di ritrovarsi a disputare qualche partitella sulla spiaggia, finì pure per rimediare la perdita di due denti durante uno scontro col terzino avversario. Né può essere dimenticato che, all’indomani dell’occupazione di Fiume, il 7 febbraio 1920, il Vate non trovò di meglio che organizzare una partita di calcio (divenuta celebre) tra i militari del suo seguito e un gruppetto di cittadini locali.
Per inciso in tale occasione istituì per la prima volta la maglia azzurra per i “nostri” e fece cucire uno scudetto bianco-rosso e verde (ovviamente senza lo stemma sabaudo), una novità anche questa.
Così allora nessuno si sorprenderà più di tanto se tra i vari calciofili scopriamo anche personaggi che con lo sport e, in particolare con il calcio, sembrerebbero non aver nulla a che fare.
ANCHE UMBERTO SABA
Come per esempio Umberto Saba. Non propriamente uomo di sport, finì per appassionarsene quando, da quel triestino che era, si trovò a seguire le vicende sportive della Triestina e a celebrarne, con davvero numerose poesie, le epiche gesta. Di lui riportiamo un breve passo in cui, a testimonianza della sua sensibilità di uomo e di artista, si indugia non già nell’esaltazione dell’impresa sportiva, ma nel “dolore” di un portiere che ha appena “beccato” un goal.
Il portiere caduto
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non vedere l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce,
con parole e con la mano, a sollevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
Parole accorate, non certo scomposte, capaci di cogliere le movenze del cuore anche nel corso di eventi che oggettivamente parrebbero fatti soltanto di fumo ed esteriorità. Qualcosa che ci permette di dire, forse, che si può fare poesia su tutto. O non disse proprio il Croce che, quale che sia il tema, poesia è quando si sappia trasfigurare in immagine quel che sta dentro noi stessi?
ALLEGORIA DELLA VITA
E allora ecco qua che (c’era da aspettarselo?) ci ho provato anch’io con questa breve composizione e, fatalità, ancora con un portiere di calcio nel pieno delle sue funzioni. Un tentativo come un altro per esprimere con linguaggio calcistico la rassegnazione di fronte alle occasioni perdute nella vita, non diversamente da quel goal che quel tale giorno abbiamo mancato di segnare.
Palle-goal
I goal che sono stati fatti
sono stati fatti
i goal che ci siamo mangiati
ce li siamo mangiati
magari lì davanti al portiere
con la porta sguarnita
abbiamo buttato il pallone
al vento delle illusioni perdute.
È inutile mangiarsi il fegato
per le occasioni mancate
farneticando nei sogni che
avremmo potuto fintare a destra
e tirare a sinistra
quando invece abbiamo mirato
diritto in faccia al destino
che ci ha beffato
con due guanti così grandi
da respingere anche l’anima.
La partita sta per finire
e quando il grande Arbitro
fischierà tre volte,
anche senza applausi,
sarà meglio sciogliere
sotto la doccia degli spogliatoi
il fango incrostato sulla pelle
e nel sudario delle panche di legno
spegnere tutti i clamori.
Piaciuta? Vi sembra che si sia osato un po’ troppo nell’affiancarci, senza riguardo, a nomi di tale statura? Probabile. A tanta presunzione può condurre l’entusiasmo di poetare! Ciao, alla prossima.
ROMA CAPITALE D’ITALIA
Fine del potere temporale papale
22ª parte
di Francesco Bonanni
Il mantenimento del principio del Potere Temporale fu alla base della posizione del Papato contro la completa Unificazione della Penisola sotto uno Stato Nazionale Laico. La difesa di tale principio indusse Pio IX a scomunicare sia Vittorio Emanuele II che Cavour nel 1870 dopo la “Presa di Roma”. Il riconoscimento ufficiale dello smantellamento dello Stato della Chiesa e conseguentemente dell’accettazione della fine del Potere Temporale avvenne solo nel 1900 ad opera di Papa Leone XIII. Invece quel che restava, praticamente allo stato simbolico, dell’Esercito Pontificio fu abolito nel 1970 da Papa Paolo VI il quale lasciò in vita solo il Reggimento della Guardia Svizzera, in quanto considerato un antico e fedele Corpo addetto alla difesa personale del Pontefice.
La Scomunica
I Pontefici si sono nel tempo avvalsi del potente strumento rappresentato dalla “Scomunica”. Essa consiste nella esclusione di un membro della Comunità dei Fedeli a causa di idee o comportamenti ritenuti dall’Autorità Ecclesiastica contrari alla Dottrina della Chiesa.
Secondo lo Storico Angelo Filipponi, autore di un Saggio per la conoscenza del Primo Cristianesimo:«la Scomunica è un Rito Antico, risale ai Profeti del VII e VI secolo a.C. che si rifanno a Mosè ed alla sua spietata legge,espressione di un Dio feroce ma paterno, proprio della Cultura Aramaica Mesopotamica».
Le Comunità Ecclesiali antiche, come quelle Cristiane, avevano Regole e Leggi proprie; in caso di presenza di un elemento difforme dal Pensiero e dalla Pratica Comune o che non obbediva alla Gerarchia, la soluzione era l’espulsione. La formula che indicava la Scomunica Anathemasit significava quindi: sia escluso dalla partecipazione alla vita comunitaria e dai Sacramenti. Nei secoli la Scomunica è stata usata dai Papi come strumento efficace per conservare il proprio Potere Temporale. Fino alle soglie dell’Età Moderna chi veniva colpito da ta