SIMPOSIO
RINASCITA
Il 7 ottobre, all’Auditorium Santa Cecilia di Roma, si è finalmente riaperta al pubblico la Stagione 2021-2022 con la Sinfonia n. 2 “Resurrezione” di Gustav Mahler, diretta da Jakub Hrůša. Una scelta voluta come auspicio di rinascita per inaugurare la nuova Stagione Sinfonica, quasi a riconfermare lo stesso intento dell'Autore, che anelava a [ri]costruire un mondo “con ogni mezzo a disposizione”. “[...] sempre e in ogni caso soltanto il suono della natura”.
Domenica scorsa, molto più modestamente, anche il Simposio di Lavinio ha riaperto i battenti. Ovunque con le stesse cautele: pubblico limitato e rispetto delle norme. E anche per il Simposio di Lavinio
un'inaugurazione nel segno della musica e della speranza verso un futuro di rinascita.
Giuliana
RIAPRE IL SIMPOSIO
DI LAVINIO
Oggi 10 0ttobre 2021, con tutte le speranze e con tutti i buoni auspici sull’evoluzione del Covid, si è riaperto il Simposio di Lavinio in piena continuità con i sui onorevoli trascorsi. Programmi e propositi ovviamente ancora condizionati dallo stato delle cose, posti contingentati, mascherine, green pass e tutte quelle cose lì che sapete. Comunque sia si riparte con il sole dell’ottobrata romana che è saltato fuori ‘sta mattina in tutto il suo splendore per venirci ad augurare buona sorte. Tre oratori per tre prolusioni di sapore diverso in armonia con la polifonia degli interessi e delle curiosità culturali del gruppo.
Federico Cirulli alla chitarra
Se mai la novità è la presenza di più di un musicista che sembra anticipare un interesse allargato sui temi della musica nel prossimo futuro. Infatti ecco che tra una conversazione e l’altra si esibisce Federico con alcune delizie che escono dalla sua chitarra su musiche classiche che zittiscono l’uditorio per mezz’oretta. A lui e alla sua nascente carriera tutti gli auguri del cuore. Proprio domani mattina dovrà discutere la sua tesi di Laurea al Conservatorio. Cose da non credere questi giovani cosa riescono a fare!
Bonanni, tra Erodoto e Svetonio
Tra gli oratori comincia Bonanni: il tempo disponibile per ciascuno è quello che è, venti-venticinque minuti al massimo. Cosa mai si potrà dire in un tempo così limitato, tanto più che il tema del nostro professore è grosso come una casa dato che analizzerà l’importanza geo-politica del Mar Mediterraneo nella Storia del mondo? Ma il “nostro”, ormai definibile un misto tra Erodoto e Svetonio (l’uno per la cura dei particolari, l’altro per il gusto dell’aneddoto e del pettegolezzo storico che naturalmente non guastano mai), se la cava benissimo perché le sue osservazioni critiche, come al solito stimolanti e non convenzionali, catturano l’attenzione di tutti. Sfidando ogni ordine cronologico mette in mostra il vero protagonista, il Mar Mediterraneo appunto, come realtà determinante nelle vicende umane degli ultimi secoli. Alcuni temi delle sue passate conversazioni vengono spontaneamente ripresi, come la volontà di vederci chiaro nella figura di Garibaldi, definito addirittura “al soldo” degli Inglesi nelle sue imprese meridionali. E non solo.
Usque tandem, my P.C.!
C’è poi Bedeschi che si avventura sul tema da lui stesso annunciato dal titoletto Usque tandem, my PC. Si capisce che vuol dissertare sui più recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale e della temibile invadenza dei nostri sistemi digitali che ormai ci accompagnano per desiderio o per necessità. In particolare va a ficcare il naso in casa d’altri, per così dire, parlando proprio di musica e analizzando come il legame tra Matematica e Musica stia oggigiorno conducendo alla possibilità di creare melodie musicali col solo uso della tecnica. Come per dire che il computer sta invadendo la nostra sfera, forse anche quella della fantasia, dell’immaginazione e della creazione appunto che fino a ieri credevamo essere patrimonio esclusivo della macchina-uomo. Si spinge poi a osservare come la Matematica, anche nelle sue forme più astratte, sembra essa stessa già preda delle nuove tecnologie che, se fino a ieri erano ritenute capaci soltanto di calcoli sia pure estremamente complessi, ora appaiono dotarsi di qualità più alte sul tipo di capacità di astrazione, di auto accrescimento e di pensiero, quando non addirittura di coscienza.
E Marchesini per chiudere!
L’uditorio sembra non stancarsi, quindi avanti nonostante gli argomenti richiedano curiosità e attenzione. Tanto più con Marchesini che tratta, come di consueto, percorsi sul linguaggio. Ciò che incanta in Giancarlo è la sua capacità di calare le dotte teorie della Semantica e della Lingua in generale nella vita di tutti i giorni, rendendo viva Filologia, Etimologia, usi e disusi gergali in modo da farci sentire del tutto partecipi a una materia che, passando dai libri alla sua voce, invita l’ascoltatore a confrontare il proprio patrimonio linguistico con la scienza ufficiale. Bene così, davvero un buon ri-inizio per il Simposio! Due orette di riunione passate bene e concluse con un simpatico buffet nel giardino antistante per discorrere un po’ e salutarsi. Alla prossima!
CURIOSITÀ NELLA POESIA/5
di Sergio Bedeschi
DALLE STELLE ALLE STALLE
Sport, scienza e tecnologia nel mondo della poesia: questa la nostra intenzione, questo il nostro annuncio quando ci prendemmo questo spazio sicuri di incuriosirvi e sorprendervi nel mettere in risalto come tali componenti dell’essere e del divenire umano, ritenute dai più (non sempre a torto) poco poetici, si possano ritrovare invece in mezzo al verseggiare dei poeti quando meno te l’aspetti. Ovvio che, nel cercare testimonianze, siamo andati a pescare nomi famosi, alcuni dei quali mai vi sareste aspettati di vederli calare dalle stelle alle stalle, cioè dai prati e dai cieli azzurri, naturale paesaggio della poesia, ai campetti da calcio o ai tavoli di laboratorio di scienza o, ancor meno, ai freddi macchinari di un’industria, così prosaici e poco promettenti. Naturalmente talvolta abbiamo approfittato per inserire (e inseriremo) qualche composizione più modesta prodotta dalla nostra penna e dal nostro entusiasmo di “poeti minori”, per così dire.
GIOVANNI ARPINO E IL TORINO DI SUPERGA
Restando al mondo dello sport non posso non ricordare assieme a voi Salvatore Bava che ha tentato di rendere giustizia tra le varie discipline sportive con il suo libretto-antologia Poesia e Sport (da procurarsi senz’altro) nel quale si spazia a destra e a manca: dall’immancabile Pindaro, che contempla tutte le specialità dell’atletica nell’antica Grecia, a Primo Levi che poetizza sul Decathlon, ad altri poeti che si dedicano al pugilato, al ciclismo, al rugby, all’ippica, al ping-pong: incontriamo perfino Montale, Sanguineti, Coelho. Ci troviamo pure Giovanni Arpino che scrive in vernacolo Me gran Turin, dove possiamo condividere la sua (e non solo sua) passione per il glorioso Torino di allora (quello di Superga 1949, per capirsi, quello di Bacigalupo, Gabetto, Mazzola). Pensate, c’è pure il motociclismo con le cavalcate di Valentino Rossi. Ovviamente non me la sento proprio di propinarvi qui Arpino in dialetto piemontese, decisamente non alla portata di tutti. In ogni caso, tanto per gustare un assaggio, sentite un po’ come sa cantare nei primi due versi peraltro comprensibilissimi:
Ross come ‘l sangh, fòrt come ‘l barbera
veuj ricordete adess, mè gran Turin…
PRIMO LEVI, IL DECATLETA
Più alla nostra portata linguistica Primo Levi (proprio lui!) nella celebrazione della più faticosa, fantastica e appassionante delle specialità che ci sia nei giochi olimpici, il Decathlon, appunto, dove l’atleta è chiamato ad affrontare dieci prove una diversissima dall’altra:
Il decatleta
Credetemi, la maratona non è niente,
Né il martello né il peso: nessuna gara singola
Può compararsi con la nostra fatica.
Ho vinto, sì: sono più famoso di ieri,
Ma sono molto più vecchio e più logoro.
Ho corso i quattrocento come uno sparviero,
Senza pietà per quello che mi stava a spalla.
[…]
Per l’asta, è stato meno facile,
Ma i giudici, per mia fortuna,
Non si sono avveduti del mio trucco
E i cinque metri me li hanno fatti buoni.
E il giavellotto, poi, è un mio segreto;
Non bisogna scagliarlo contro il cielo.
Il cielo è vuoto: perché vorreste trafiggerlo?
Basta che immaginiate, in fondo al prato,
L’uomo o la donna che vorreste morti
E il giavellotto diverrà una zagaglia.
Fiuterà il sangue, volerà più lontano.
Dei millecinque, non vi saprei dire;
Li ho corsi pieno di vertigine
E di crampi, testardo e disperato,
Terrificato
Dal tamburo convulso del mio cuore.
Li ho vinti, ma a caro prezzo:
Dopo, il disco pesava come di piombo
E mi sfuggiva dalla mano, viscido
Del mio sudore di veterano affranto.
Dagli spalti mi avete fischiato,
Ho sentito benissimo.
Ma che cosa pretendete da noi?
Che cosa ci richiedereste ancora?
Di levarci per l’aria in volo?
Di comporre un poema in sanscrito?
Di arrivare alla fine di pi greco?
Di consolare gli afflitti?
Di operare secondo pietà?
Versi di vera poesia pieni di afflato, di sentimento e di tutte quelle belle cose lì che vengono dalla fantasia e dal cuore. Altro che storie!
MONTALE E I SUOI SOGNI
Ce lo conferma anche Montale quando ebbe a dire:
Amo l’atletica perché è poesia. Se la notte sogno, sogno di essere un maratoneta