E poi c’è anche Pier Paolo Pasolini. Pasolini giocava ala destra su tutti i campetti di periferia in ogni momento in cui poteva distrarsi dai suoi impegni. Parlò e scrisse del calcio in modo estetizzante ed estatico. Realizzare un goal, pur su un campo di terra con le “porte” realizzate con qualche pietra o bastone trovati sul posto, lo sublimava come fosse il poeta più grande del mondo (così amava dire). E probabilmente in quel momento lo era davvero! A risentirci alla prossima puntata. Finalmente entreranno in campo anche Scienza e Tecnologia. Ne vedremo delle belle!
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Espressioni idiomatiche
Tutti i salmi finiscono in gloria
di Giancarlo Marchesini
Come dicono i toscani, Il troppo stroppia e sempre più ho l’impressione che la mia raccolta di espressioni idiomatiche stia diventando noiosa. Magari, i miei otto lettori (Manzoni ne aveva arrotondato il numero a venticinque, io, invece, i miei, li ho contati) preferirebbero che io parlassi di qualcosa di nuovo, invece di stare a discettare su modi di dire triti e ritriti. Comunque sia, le “idiomatiche” hanno monopolizzato questa rubrica per più mesi e mi sembra il momento di cambiare aria.
Per concludere scherzosamente la nostra rassegna ho scelto l’espressione “Tutti i salmi finiscono in gloria”. I salmi sono una raccolta di 150 inni che la Chiesa cattolica utilizza nella liturgia eucaristica e in quella delle ore (i salmi sono anche il fondamento della preghiera monastica delle ore canoniche). Non è assolutamente vero che tutti i salmi finiscano con la parola “gloria”, come si legge in alcune pagine internet per spiegare il proverbio. È vero piuttosto che a conclusione del salmo viene recitata la preghiera del Gloria. Si tratta della cosiddetta dossologia minore, un breve inno, che loda, esalta e glorifica il Signore. In barba a questo dotto distinguo, l’espressione Tutti i salmi finiscono in gloria viene usata spesso con un valore ironico: ammettiamo ad esempio che io stia facendo un resoconto piuttosto esagerato delle peripezie affrontate durante un viaggio: pioggia, neve, grandine, intasamenti, incidenti e quant’altro e che il mio interlocutore mi risponda con un “Ma va’ là, alla fine sei arrivato o no? Tutti i salmi finiscono in gloria”! Cito un’altra occorrenza: sto cercando di corroborare con parole alate una mia scelta, un mio progetto o semplicemente una mia idea. e la persona che si è dovuta sorbire il mio panegirico mi dice: “Stai solo cercando di portare acqua al tuo mulino, lo sappiamo che tutti i salmi finiscono in gloria”! Con una valutazione un po’ meno ostile questo modo di dire viene usato per indicare che era presumibile che una determinata iniziativa andasse a buon fine. “Ti stavi preoccupando per niente, sapevi perfettamente che avresti superato l’esame”. Ma tutti questi happy endings si applicano soltanto ai salmi che, purtroppo, non sono la materia con cui dobbiamo trattare ogni giorno. Le più cocenti sconfitte nella mia vita professionale sono state accompagnate da qualcuno che mi diceva “Non si preoccupi, tutto andrà per il meglio”. Ci sono poi quelli che indulgono nell’uso, e abuso, della parola “tranquillo”. Esempio: vado a comperare un antivirus per il computer e chiedo al venditore se questo soft, come spesso accade, finirà per rallentare il funzionamento del mio Macintosh. Se lui mi risponde “tranquillo”, beh, cari lettori, sentendo questa parola, penso proprio che sia giunto il momento di preoccuparmi. Se con le mie riflessioni sulle espressioni idiomatiche vi ho interessato potremo dire che questa breve rassegna finisce “in gloria”. Ma, mai dire mai! Se qualcuno dei miei lettori desiderasse discutere di una specifica espressione potrà chiedermelo in una delle prossime riunioni de Il Simposio (che, come tutti sappiamo, sta per riaprire i battenti).
Facendo le debite proporzioni – tutte a mio svantaggio, ovviamente – oso proporvi l’esempio che segue. Nel 1985, all’apice della sua carriera, l’osannata cantante lirica Leontyne Price annunciò il suo ritiro dalle scene in occasione di una trionfale Aida rappresentata al Metropolitan di New York. A un giornalista che le chiedeva le ragioni della sua decisione rispose: “Lei ora mi chiede perché, fra qualche anno mi chiederebbe quando”!! Per concludere: se in futuro mi verrà in mente un’espressione idiomatica che sentirò un bisogno compulsivo di trattare, lo farò certamente. Ma visto che “il troppo stroppia”, come dicevo all’inizio, ho deciso di aprire un nuovo filone dedicato alle figure retoriche. Ve ne anticipo alcune che troverete nelle prossime edizioni del litorale: la metafora, l’ipotiposi e la metonimia.
Una domenica
di ottobre
di Ornella Ferrari Pavesi
È una domenica mattina di ottobre. Il sole fa capolino tra nubi ancora gonfie di acqua, ammassate sull’orizzonte dal vento di scirocco. I gabbiani gridano sorvolando i tetti delle case affacciate sul golfo, la luce dorata rinvigorisce le foglie del ficus succulento nell’angolo della sala.
Sprofondata nella mia poltrona preferita sfoglio il quaderno numero 16 del Simposio dedicato ai 18 anni dalla sua nascita che Marilù la Tamburina mi ha procurato.
Inizio a leggere l’introduzione alla cui fine compare il mio nome stampato in grassetto: sono emozionata!
Mi compiaccio di ciò che ho scritto, non v’è nulla di forzato o di artefatto, e mi domando come mi esprimerei ora, in questa pausa di sole minacciata da un nuovo temporale.
É strano come anche a distanza di una manciata di tempo le emozioni mutano nutrendosi di nuove parole per rivestire i ricordi, la nostalgia, la commozione. Esattamente lo stato d’animo del mio immediato presente!
Mi addentro nella lettura del quaderno sfiorando ogni pagina con delicatezza per non rovinare la perfezione della forma. La veste grafica é elegante, curata.
Conosco molti degli autori di poesie, saggi, pensieri; ne raccolgo lo stile, rivedo i volti, i gesti, immagino la voce. Altri mi sfuggono perché negli ultimi anni non ho frequentato fisicamente il salotto di Giuliana, ma l’ho seguito attraverso gli articoli apparsi sul Litorale.
Non mi sfuggono, però, l’attenzione e la competenza di ciascun intervento nel dare il proprio contributo culturale alla creatura di Ettore e Giuliana.
Creatura! Mi piace definirla tale nell’accezione di “bambino”, vitale, curioso, affamato di nuove esperienze con tanta voglia di crescere.
Ora il sole é potente, caldo, abbagliante, tanto da sfidare questo inizio d’autunno. I colori sono esaltati dalla sua luce, il mare è cangiante, il ricciolo delle onde sollevate dallo scirocco è bianco come panna montata. La similitudine mi ingolosisce al punto da sentirne in bocca il sapore delicato e soffice.
La dolcezza dei ricordi mi assale, la gioia per averli vissuti mi consola. Cosa meglio di una poesia potrebbe esprimerli? Ne scorro alcune e ne scelgo una.
Eccola per voi simposiasti di ieri, di oggi di domani in segno di buon augurio e di gioia.
Dolcezza
Com’è dolce
il ricordo d’infanzia
nelle ore piccine
di veglia.
Marachelle e innocenti
birbate
contornavano giochi e sapori.
Il segreto di luoghi
nascosti
disegnava fantasie d’avventure
dove i grandi non potevano
entrare.
Eran neri di mia madre
I capelli,
odoravano di un antico profumo
misto a viole
e bucato di sole.
Quante volte
nel vento d’estate
le lenzuola come bianchi fantasmi
spaventavano le farfalle
tra i fiori!
Assopiti nel mio cuore di donna
accarezzo
nelle notti d’insonnia
i ricordi di addii struggenti
e sorrisi imbiancati d’amore.
ROMA CAPITALE D’ITALIA
Fine del potere temporale papale 24ª parte
di Francesco Bonanni
Lo Scisma d’Occidente: crisi dell’Autorità Papale
Nel contesto di una profonda crisi dell’Antico Sistema Feudale, che ormai risultava obsoleto rispetto alle nuove realtà sia sociali che politiche, scoppiò quello che dagli storici è stato definito lo “Scisma d’Occidente”.
Scisma che segnò la crisi dell’Autorità Papale che per circa un quarantennio, dal 1378 al 1418, dilaniò la Chiesa Cattolica nell’ambito di un lacerante scontro per il controllo del Soglio Pontificio.
Papa francese o Papa italiano?
Fu uno scontro che andò al di là del puro ambito religioso in quanto assunse una precisa connotazione politica, dividendo in tal modo l’intera Europa Cristiana in due contrapposte Fazioni.
Lo Scisma ebbe origine dal rifiuto dei Cardinali francesi di accettare un Pontefice italiano che tra l’altro non intendeva ritornare ad Avignone e quindi subire l’inevitabile pesante influenza del Sovrano francese.
Potere laico o Potere religioso?
Verso la fine del XIV secolo il Papato non svolgeva più quel ruolo egemonico sia in campo culturale che sociale come era avvenuto nel passato.
L’indebolimento del Potere Papale fu già evidente all’epoca della cosiddetta Cattività Avignonese che segnò senz’altro l’inizio di un profondo processo di revisione dei rapporti di forza tra il Papato e il Potere Laico nell’Europa Occidentale. In tale clima di “debolezza” si manifestò la rivolta dei Cardinali francesi.
Due Papi sul soglio di Pietro
Quindi i Cardinali “Scismatici” si riunirono a Fondi, sotto la protezione del Conte Onorato I Caetani, e dichiararono illegittima l’elezione al Soglio Pontificio di Urbano VI, in quanto invalidata dalle minacciose pressioni esercitate dalla turbolenta Popolazione romana nei confronti dei membri del Sacro Collegio durante la loro permanenza in Conclave.
Conseguentemente il 20 settembre elessero Papa il Cardinale Roberto da Ginevra col nome di Clemente VII che poco tempo dopo decise di trasferirsi ad Avignone.
Le due obbedienze
Così la Chiesa Cattolica, con due Pontefici in carica, ma eletti in due diversi Conclavi, precipitò in una grave situazione di fronte ai Cristiani di tutta Europa.
Si trovò in una posizione “Bicefala” che ebbe conseguenze sulla stessa Comunità dei Fedeli i quali si divisero tra “Obbedienza Romana” e “Obbedienza Avignonese. Ma questa “scissione”, iniziata come un fatto puramente ed esclusivamente di natura religiosa, si estese in un più ampio ambito politico tale da condizionare Alleanze e scelte diplomatiche.
Infatti all’Obbedienza Romana rimasero fedeli i Regni di Portogallo, Danimarca, Norvegia, Svezia, Polonia, Ungheria, Irlanda e Inghilterra, oltre alcuni Stati italiani e Le Fiandre. Mentre all’Obbedienza Avignonese aderirono i Regni di Francia, Borgogna, Aragona, Castiglia, Scozia, Napoli, Sicilia, Cipro, ed il Ducato di Savoia.
Nello Scisma rimasero coinvolti persino grandi Personaggi religiosi, quali, per fare un solo esempio, Caterina da Siena, schierata a favore di Urbano VI.
Pertanto le rispettive Curie Pontificie, sia di Roma che di Avignone, continuarono ad operare per vari anni, rivendicando ciascuna la propria esclusiva legittimità.
Infine, dopo vari infruttuosi tentativi, finalmente fu possibile convocare un Concilio per porre fine alla divisione sorta all’interno della Chiesa Cattolica la quale altrimenti avrebbe potuto compromettere la propria immagine nei confronti degli stessi Fedeli.