Manca la trasparenza per il rinnovo del servizio di raccolta rifiuti
Monnezza sotto il Covid
Ho avuto occasione, in passato, di seguire gli eventi ed i preparativi che hanno portato alcuni comuni del Lazio al passaggio dalla raccolta indifferenziata alla racconta dei rifiuti per frazioni divise; un passaggio essenziale ma ancora tutt’altro che completato in molti comuni italiani. Ormai comunque la strada è stata tracciata e differenziare è diventato un punto di partenza e non di arrivo per una gestione sostenibile della massa sempre crescenti di rifiuti. La raccolta differenziata però comporta tutto un diverso tipo di gestione dei rifiuti da parte degli utenti perché, al contrario della raccolta indifferenziata, necessita di una forte e consapevole partecipazione da parte della gente. Differenziare e differenziare bene non è sempre facile e per farlo gli utenti devono essere ben informati, supportati e monitorati. La raccolta differenziata ha successo solo se esiste una partecipazione attiva da parte della gente ed una flessibilità di sistema che ne adegui il percorso alle circostanze. Non ci sono attività di controllo e di coercizione che possano da sole trasformare una raccolta inefficiente in una servizio attivo ed efficace. Chi lo pensa non conosce i fatti. La collaborazione ha inizio molto prima che la gestione del servizio cominci: essa trova ragioni valide ed inderogabili sin dalla fase della definizione delle specifiche di raccolta. I cittadini che finanziano direttamente il servizio devono decidere che tipo di servizio vogliono, come il cliente che paga il conto al ristorante ha il diritto di scegliere il menu. Gli amministratori che non accettano questo elementare concetto sbagliano e gli errori che fanno si vedono nei risultati. Nel Comune di Anzio il contratto con la ditta Camassa è in scadenza; è stata una gestione che definire inefficiente equivale a fare un complimento al chi ne ha diretto il servizio. Le estati da incubo immerse nei rifiuti ammucchiati nelle strade reclamano vendetta ma la gente si accontenterebbe che da quel dramma si ricavasse almeno una lezione a ben fare nel futuro con un nuovo contratto meglio strutturato, con una ditta meglio organizzata e certamente con una Dirigenza adeguata. Se ne accennò qualche mese fa in Commissione Ambiente dove non fu nemmeno condiviso il capitolato di appalto proposto ma solo le linee guida che, sfido chiunque a spiegarmi che cosa significa. Dove sono gli incontri con i cittadini per definire le modalità del servizio che dovranno finanziare e che, cosa essenziale, dovranno concorrere a realizzare? Quello che non è chiaro è che: se l’aspetto fondamentale di ogni gara di appalto è la pubblicità degli atti, se un servizio di questo tipo potrà avere successo solo se condiviso, perché il Comune di Anzio non apre al confronto ed alla collaborazione dei cittadini? Ho posto questo quesito in un articolo precedente sul Litorale, con cui chiedevo anche di conoscere perché, se Uniti Per l’Ambiente è stato incluso come membro esterno della Commissione Ambiente, non era stato convocato nella riunione della Commissione. Devo ammettere che il suo Presidente ha chiarito le ragioni e che anche il Sindaco di Anzio si è premurato di invitare il sottoscritto a prendere visione del capitolato ed a fornire le osservazioni e i suggerimenti derivanti da anni i esperienza e dallo scambio di idee con molti utenti. Ripeto, che non comprendo la ragione per cui quel capitolato che, giova ricordare, è una proposta tecnica formulata dall’Ufficio responsabile e cioè è come un menu di prestazioni che devono essere fornite ai cittadini e che i cittadini devono poi utilizzare, non possa venire fatto conoscere alla gente e non possa essere aperto a critiche e suggerimenti. Per quanto riguarda Uniti Per l’Ambiente due persone hanno avuto il “privilegio” di sapere che tipo di servizi dovrebbero essere forniti col prossimo contratto, prendendo visione presso la sala riunioni della Giunta, senza riprodurre copie, dei termini di gestione previsti con prossimo contratto di raccolta. Con lo spirito di servizio, che distingue UPA e con lo spiccato senso di collaborazione, che ne ha sempre caratterizzato l’operato, alcune osservazioni sono state inviate all’attenzione del Sindaco e dell’Ufficio Ambiente per contribuire a modificare un documento troppo simile al precedente e troppo statico per una gestione a forte escursione demografica come deve essere quella relativa al nostro Comune. Il documento, che trasmetteva i commenti di UPA e le proposte, anticipava anche la disponibilità a collaborare alla sua attuazione. Poi di nuovo il Covid ed il silenzio. Non vorrei che nell’ombra del COVID si stiano prendendo decisioni definitive. Non si sa che cosa stia avvenendo delle segrete stanze del comune con “le pareti trasparenti”. Non si sa perché nessun dibattito sia stato aperto; perché, certamente, aver permesso ad UPA di sbirciare il capitolato non potrà certamente essere barattato per un “confronto con i cittadini”. Rivolgiamo di nuovo al Comune il suggerimento forte e fondato sulla volontà di produrre cose positive per la gente, di non procedere con atti formali, su una materia tutt’altro che condivisa, senza la collaborazione dei cittadini. Questo non è “sindacalismo becero” ma solo buon senso: I cittadini boicotteranno il ristorante se il menu non è condiviso. Se non si vuole fare un netto cambio di gestione fondato sull’efficienza e non si producono strumenti contrattuali adeguati si resterà nel caos che abbiamo vissuto negli anni passati. E questa volta saranno chiare le responsabilità politiche.
Sergio Franchi
La Regione vuole vederci chiaro sulla biogas di via Spadellata
Nuova conferenza dei servizi
La centrale Biogas di via della Spadellata, gestita da Asja Ambiente, è ormai in funzione da circa un anno e gli abitanti della zona se ne sono accorti per il traffico di autocarri che trasportano il loro maleodorante combustibile ma ancora di più per i cattivi odori di paglia putrefatta che hanno accompagnata un’estate già difficile per la pandemia e per le limitazioni da essa imposte. Una spontanea e partecipata manifestazione davanti alla centrale ha stigmatizzato, l’estate passata, il rifiuto degli abitanti alla pericolosa e fastidiosa presenza di quel corpo estraneo che è stato approvato e realizzato senza nemmeno che la loro opinione fosse stata richiesta. Non esiste in Italia un altro caso in cui una centrale così impattante per il territorio sia stata realizzata in un’area urbana abitata, senza che si sia aperto un confronto con gli abitanti e senza che si siano convenute adeguate compensazioni economiche. Il danneggiamento degli abitanti della zona è doppio: la presenza di un potenziale pericolo con gli effetti ambientali del trattamento biologico ed un drammatico deprezzamento immobiliare in un mercato già di per se asfittico. Si stima che il valore degli immobili per civile abitazione che, nonostante l’area industriale, sono molteplici nella zona, siano deprezzati del 40% per la vicinanza della centrale biogas.
La domanda da farsi a chi, in rappresentanza del Comune di Anzio, approvò quella centrale è: “perché per la realizzazione di una centrale che non porta che danni al Comune di Anzio e che genera solo guadagni a chi la possiede, i cittadini devono anche subirne un forte danno economico?” E visto che ci siamo alla domanda se ne aggiunge un’altra agli stessi rappresentanti “perché quando la centrale fu proposta e fu discussa essi non negarono il consenso alla sua realizzazione perché la sua ubicazione non rispettava le distanze di sicurezza da obiettivi sensibili che non erano nemmeno indicati in planimetria, ma che il Comune non poteva ignorare visto che sono di sua proprietà?”.
Nessuna risposta finora se non quella fornita dal Sindaco De Angelis alla Regione Lazio e cioè di “ritirare l’autorizzazione in quanto la centrale è stata realizzata al di fuori delle distanze di sicurezza”. Negli ultimi anni questo concetto è stato ribadito e consacrato per ben due volte e cioè con la negazione dell’autorizzazione ad impianti di impatto simile e con le stesse condizioni planimetriche. In questo periodo di tempo diverse sono state le interlocuzioni da perte di Uniti Per l’Ambiente con la Regione Lazio nel merito dell’impianto di via della Spadellata e di quello di via Amedeo Nazzari che la Regione ha bloccato. Incontri e scambi formali al fine di rivedere l’autorizzazione concessa anche alla luce della richiesta del Sindaco di Anzio. Nell’ultimo incontro in video, la Ing Tosini, responsabile dell’Ufficio Regionale che si occupa di AIA, ha anticipato che avrebbe dato corso alla riapertura della Conferenza dei Servizi per le verifica delle “best practices” e cioè dell’adeguamento della centrale agli standard tecnologici più recenti. In quell’occasione la Ing Tosini mi disse che sarebbe stata l’occasione per far presente tutto ciò che fu ignorato durante la CDS iniziale in cui nessun rappresentante dei cittadini era presente in quanto il Comune non aveva reso pubblico l’importante avvenimento formale. Il 7 gennaio 2021 la Regione Lazio rende noto che ha iniziato la procedura per la riapertura della Conferenza di Servizi relativa all’Autorizzazione concessa alla Centrale Biogas di via della Spadellata. La conferenza avrà luogo il 1 febbraio. Uniti Per l’Ambiente sarà presente con una propria delegazione di cui farà anche parte il noto tecnico ambientale Giorgio Libralato, interprete di tante battaglie in difesa dell’ambiente sia a livello associativo ma anche a livello istituzionale. Giova ricordare che la realizzazione della Centrale Biogas di via della Spadellata è sotto la verifica da parte della Magistratura per ipotesi di reato commesso nel suo iter realizzativo. Chiunque ha un po’ di senso pratico sa bene che sarà molto difficile fermare un’iniziativa che ha comportato un forte impegno economico e che interessa a molti; ma il dilemma dovrà risolverlo chi lo ha creato: se la centrale è stata realizzata contro le norme che regolano la sicurezza degli abitanti, può la sicurezza degli abitanti essere barattata con il guadagno di alcuni?
Sergio Franchi