SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente del salotto sede del Simposio
LA CULTURA
Oggi più che mai abbiamo bisogno che la Cultura ci aiuti, per affrontare problemi che ci sembrano sempre più complessi rispetto a ieri, rispetto a quel passato inciso nella memoria dei non più giovani. C'è bisogno di consapevolezza, soprattutto per comprendere la natura del nostro essere, nello spazio e nel tempo.
La parola “cultura” deriva da “culto”, quella "cura degli dei” che prevedeva le giuste conoscenze per comportarsi come doveva essere gradito agli dei e procurarsi, in tal modo, la loro benevolenza. La cultura ci forma sul piano pratico, intellettuale, morale e affettivo, inducendo un equilibrato rapporto con la società, la famiglia, gli amici e le Istituzioni. La cultura è la passione per quello che facciamo o per le nostre aspirazioni. È la curiosità, quell’irresistibile bisogno che ci spinge ad una continua ricerca, tramite lo studio e la conseguente analisi “critica” di quello che ci è stato tramandato da chi ci ha preceduto. Un sistema di saperi, opinioni, credenze, costumi e comportamenti, trasmessi di generazione in generazione.
Oggi una sovrabbondanza d’informazioni ci viene offerta ininterrottamente, provocando stimoli e curiosità irresistibili che ci allontanano sempre piu dal nostro tempo interiore. Servono pause, silenzi, attese che consentano di riflettere e di nutrire il nostro benessere intimo e spirituale, quello che il primo uomo cercava di fronte al mistero.
La cultura, foriera di indispensabili diversità che salvaguardano la nostra e l'altrui libertà di pensiero. Giuliana
FACCIAMO PACE/2
di Lello Agretti
È tempo di andare, di fare, senza attendere che sia l’altro a fare prima di noi, perché per qualche motivo, a causa di una stupida circostanza, di uno sciocco risentimento di cui nemmeno più ricordiamo il quando, insomma se siamo qui, se siamo a questo punto è anche nostra personalissima responsabilità.
Costruire.
Per capirla, la vita, ogni tanto necessita fermarsi, osservare, meditare.
Costruire. Come a dire: edificare secondo matematiche (concetto valido per i grandi) tenendo conto di tutta una serie di condizioni, implicazioni, interferenze di forze pur lontane ma che possono influire sulla costruzione...
Ma costruire è anche sinonimo di quel vocabolo che si usava da piccoli, quando si diceva: fare ed era, quello, un fare senza fasciarsi la testa, senza aggiunte, senza sovrastrutture, quanto basta, quanto necessita. Semplicemente: fare, facciamo. Allora, forse, si tratta non di costruire alveari per la morte, ma di fare come fanno i muratori al mio paese: pietra su pietra, al sole e alla pioggia, d’estate come d’inverno. Innalzare la pace.
Non basta scrivere, non basta dire.
Ci hanno provato le personalità più influenti del pianeta e, tuttavia, per l’aria va un odore forte, sempre più acre, che sempre più penetra e impregna. Dobbiamo ammetterlo: siamo inquinati di violenza e di morte.
Per capirla, questa vita, ogni tanto necessita fermarsi, osservare, meditare.
Addentrarsi nella questione “morte” significa scendere nelle profondità della vita e, se non sei preparato, rischi di smarrirti. Quindi meglio evitare il discorso anche se, più ci teniamo lontani e più spaventati ci ritroveremo al suo cospetto. Parlare, insomma, della violenza sembra più alla portata, non fosse altro perché ne abbiamo diretta esperienza, ne siamo venuti a contatto. Una domanda, però, s’impone: se il senso di morte ci rimbalza verso il suo opposto, facendoci aggrappare alla vita perché, di rimbalzo alla violenza non ci ritroviamo, al modo stesso, aggrappati al suo opposto, all’amore? Cos’è più forte dell’amore, tanto da lasciarsi preferire? È questo il fondo? Questo è l’altro capo del filo?
L’innocenza dell’anima è pace, è Amore.
A questo punto non so, davvero, dire. Tuttavia, se è vero che si può scrivere, parlare, fare la pace se la si porta dentro, è incontestabile che ad alimentarla è l’amore; l’origine della pace è l’amore, inteso come donazione di sé.
In definitiva: non spendere ma spendermi, non donare ma donarmi, non rinunciare a qualcosa, ma all’egoismo, alla pretesa onnipotenza.
È impossibile tornare bambini. La nostra natura non lo consente, ma mi pare inevitabile che, per ritrovare l’Amore, dobbiamo riportare a noi quel senso di lealtà, autenticità, fiducia, solidarietà, tutta l’innocenza che seppure smarrita per strada, non è stata perduta, sconfitta, uccisa. Ritrovarla sia nostro intendimento.
27 settembre 2002
A poca distanza dalla linea di “confine”, quella linea che la Natura ignora, si combatte una guerra sanguinosa tra vicini di casa. Odio e rancore per un credo ideologico, per una fede religiosa. Differenti modi vivere che si scontrano.
CURIOSITÀ NELLA POESIA/30 di Sergio Bedeschi
BENEDETTO PC
È la nostra ultima puntata! Potevamo non dedicarla al “digitale? Daniele Bedeschi quasi trent’anni fa, studentello imberbe, all’alba della diffusione dei primi computer, scrisse questa fantasia. Allora i Personal Computer non avevano tutte le icòne sulle quali “cliccare”, come oggigiorno si fa ottenendo in un istante quello che si vuole.
IL CARO, VECCHIO DOS
Allora bisognava scrivere sullo schermo lunghi messaggi, dire al PC che cosa volevamo, dialogare a lungo con il DOS cioè il sistema centrale, capirsi, interpretare. Una faticaccia! E ovviamente era in uso una nomenclatura che oggi è già in parte obsoleta e dimenticata. Godetevela!
Computer
Creo memoria statica
ed in un universo di digitazioni
esprimo impulsi di informatica.
Install, Fdisk, Partizioni Fomattate,
nasce e conosco un individuo di metallo
che tra suoni e colori balbetta parole abbreviate.
Dal nulla si forma il pensiero
e su mia immagine, con gli schemi
della mia mente, io ti plasmo.
Tra Chips e Circuiti ti vedo crescere
in compatto organismo.
I Files si accumulano, e i Dati aumentano
i Byte della tua esistenza.
File Batch, Com, Exe ed ecco il Dos Operativo
su cui sviluppo e ti costruisco l’anima
in modo interattivo.
Veloce come il suono e con i segreti
della matematica, mi lanci la Dir
della mia esperienza in via pragmatica.
Call, Find, Help e mi dai la consapevolezza
che il tempo è passato, mentre il tuo
ogni volta è lo stesso ed in ogni attimo
può essere Resettato.
Ti guardo sicuro ed attento
mentre tu inconsapevole lavori e ti muovi
su comandi precisi senza conoscere
il tuo creatore.
Io, la mia coscienza
imprigionata nel corpo.
Tu, la tua,
in scatola di latta.
E insieme cogliamo frammenti
di eterno in un mondo Virtuale
che ci unisce e non appare.
E la mia anima si interroga
su quello che siamo, e forse anch’io,
trapassando, Resetterò la mia Memoria,
cancellando tutto, pronto a ricominciarea nuova vita.
CHI GOVERNA CHI?
Fruga oggi, fruga domani, in internet trovi di tutto, si sa. Io ho trovato una poetessa (la condizione di genere femminile si coglie in quell’aggettivo “maldestra”) che con brio e ironia racconta il suo rapportarsi con il computer:
Chi discusse…
Chi discusse di Socrate mortale
poteva immaginar lontanamente
che lo schema del suo ragionamento
servisse poi per te, strano strumento?
Per quanto sei perfetto ed efficiente
posso ordinarti e dirti “deficiente!”
invece tu mi fai sentire tale
quando ti faccio funzionare male
o, peggio, ti consento di umiliarmi
perché demando a te di controllarmi.
Per farti funzionare mi scervello,
ma quando arrivo sul più bello
all’improvviso apri una finestra
solo per dirmi quanto son maldestra:
e dentro a questa un punto esclamativo
sta ad indicare il mio pensar tardivo!
Tu parli pure! e certo non sei bello
come il David che fece Donatello.
Se un dì lesta sembrò la ferrovia
ben più veloce tu vai per la via
però se con te viaggio stando ferma
un po’ mi sembra d’essere un’inferma.
Tu non mi piaci affatto, lo confesso,
però ti voglio adoperar lo stesso,
ma per averti amico ed alleato
e serbar la salute che mi hai dato
non devo mai scordar, pena l’inferno,
che tra noi due son io che ti governo.